Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  ottobre 15 Domenica calendario

L’amaca

I dubbi sul “politicamente corretto”, su quanto di censorio, di asettico, di insincero si porta dietro, sono tanti. Ma passano in un baleno ogni volta che qualcuno usa le parole per umiliare e ferire, per sottomettere chi alla sottomissione ha osato ribellarsi. Come chi grida “nigger” all’afroamericano per sventolargli in faccia la schiavitù dei suoi avi deportati. Quella parola non è solo uno sputo in faccia: è una rivendicazione di supremazia e di dominio. Uno spiccio “stai al tuo posto!”.
Quanto abbiamo letto e udito in questi giorni non solamente sui social, anche sui media tradizionali, a proposito delle attrici che hanno scelto di raccontare le pesanti molestie subite dal padrone della Miramax (non da un passante, dunque: ma da un maschio di potere dal quale dipendeva il loro futuro professionale), rassomiglia molto da vicino a quello “stai al tuo posto!”: basti per tutti il titolo “Prima la danno via, poi frignano e fingono di pentirsi” con il quale un giornale di destra ha accolto la denuncia di Asia Argento. La volontà di offendere è generica; specifica è invece la volontà di sottomettere le donne, per l’eternità, a un punto di vista che potrebbe definirsi “maschile” se il politicamente corretto non ci soccorresse, impedendoci di estendere ai maschi in genere l’archetipo del vecchio sudicione.