L’Economia, 16 ottobre 2017
Salvataggio annunciato, la banca franco tedesca
Perché comprare Commerzbank? La banca tedesca – seconda per dimensioni dopo
Deutsche Bank – è al centro di indiscrezioni, speranze e speculazioni sui mercati. È che il governo tedesco ne è il primo azionista, con il 15,6% delle azioni, in seguito al salvataggio effettuato nel 2008 e nel 2009, e dovrà liberarsi della quota: una vendita che potrebbe innescare, si pensa nel mondo della finanza, l’interesse di un concorrente europeo per una fusione. Un’operazione del genere, di per sé complicata, è però resa ancora più difficile dallo stato della banca stessa, da problemi di regolamentazione finanziaria, da considerazioni politiche. Nelle settimane scorse, si sono fatti i nomi di diversi istituti di credito che sarebbero o potrebbero essere interessati. Deutsche Bank pare avere studiato l’opportunità ma i primi timidi approcci sono evaporati. Una fusione tra i due gruppi comporterebbe sì risparmi considerevoli grazie all’eliminazione di doppioni ma – ritengono gli analisti – la situazione di Deutsche Bank è ancora troppo debole, dopo i problemi degli anni scorsi, per convincere il Ceo del primo gruppo tedesco, John Cryan, a intraprendere un’operazione così massiccia.
Corsa a Francoforte
Anche una fusione con UniCredit, della quale si è molto parlato, avrebbe una logica industriale. La banca italiana in Germania possiede HypoVereinsbank e un merger tra i due potrebbe portare a un taglio di costi attorno ai due miliardi l’anno, calcolano gli analisti di Deutsche Bank. La domanda, però, in questo caso è sempre la stessa: dopo avere superato le difficoltà degli anni scorsi, UniCredit ha l’appetito per lanciarsi in un’avventura del genere (del valore di una quindicina di miliardi)? Commerzbank non è redditizia. Nei primi sei mesi dell’anno ha registrato una perdita prima delle tasse di 292 milioni e negli ultimi dieci anni ha accumulato profitti di non molto superiori a 1,5 miliardi. È vero che, dopo la crisi del 2008-2009 ha ristrutturato: ha ridotto i crediti non esigibili al settore navale e all’immobiliare commerciale da 116 a 7 miliardi; rimane un prestatore formidabile alle Mittelstand, le imprese medie e piccole tedesche, a un terzo delle quali fornisce mezzi; e negli scorsi 12 mesi ha visto il prezzo del suo titolo raddoppiare. Resta il fatto che negli ultimi tre anni, il suo Return on Equity è stato di un modesto 2,2% e se si guarda lo scorso decennio dello 0,6% (a parità di perimetro di attività).
I nodi
Per migliorare la redditività, cosa che da sola Commerzbank fatica a fare, una fusione dovrebbe essere seguita da interventi di sinergia radicali, non sempre facili in Germania. In più, anche la fusione industrialmente più robusta dovrebbe affrontare almeno altri due ostacoli. Il primo è politico. Il compratore dovrebbe avere l’ok del governo di Berlino, dal momento che solo la sua decisione di vendere la quota del 15,6% darebbe il via all’operazione. E, in fatto di banche, i politici tedeschi sono scarsamente liberali, soprattutto se in gioco è un istituto così rilevante per il finanziamento ai loro elettori. Il secondo problema è di regolamentazione. Danièle Nouy, la responsabile del regolatore bancario europeo, ha segnalato che le fusioni devono evitare che un istituto si indebolisca, nel fare l’acquisizione. E le autorità di supervisione europee hanno recentemente scritto in un rapporto che è importante «identificare e affrontare potenziali impedimenti strutturali al consolidamento del settore bancario». Inoltre, una fusione tra due grandi gruppi del credito europeo potrebbe richiedere aumenti di capitale per rafforzare il patrimonio obbligatorio.
Nonostante punti deboli e difficoltà, sui mercati si continua comunque a parlare del futuro di Commerzbank. Il Ceo Martin Zielke non si esprime. Oltre ai nomi di Deutsche Bank e Unicredit, i contendenti di cui si parla, ma che non hanno dato segnali di interesse, sono lo spagnolo Santander e la francese BnpParibas. Il Ceo del Crédit Agricole, Philippe Brassac, invece, si è rivelato: ha detto al quotidiano Handesblatt che «se un grande prestatore come Commerzbank fosse davvero messo in vendita, certamente lo dovremmo analizzare».
Dal punto di vista politico, un gruppo francese avrebbe probabilmente un vantaggio sugli altri. Angela Merkel e Emmanuel Macron vogliono rafforzare l’asse franco-tedesco non solo su accordi politici generali. Vogliono più integrazione tra i due Paesi: nella tassazione delle imprese, ad esempio, e possibilmente nella finanza, dove un gruppo bancario transnazionale sarebbe un forte elemento non solo simbolico. Ultimo problema: quasi certamente niente succederà fino a quando, non prima di Natale, non ci sarà un nuovo governo a Berlino e un nuovo ministro delle Finanze al posto di Wolfgang Schäuble.