Corriere della Sera, 16 ottobre 2017
L’arte di Dovi, l’acrobata del sogno. «Visto? Marquez non è imbattibile»
Non stupiamoci di ciò che abbiamo visto in questa domenica giapponese: di Andrea Dovizioso che stronca nel corpo a corpo Marc Marquez con una manovra finale già immortale cult, e lo fa per la seconda volta in due mesi dopo il capolavoro in Austria; di Andrea Dovizioso che risale a meno 11 da Marquez e, con tre gare rimaste, è sempre più in lotta per il Mondiale MotoGp; di Andrea Dovizioso che, come un chimico, mischia sapiente gli elementi della propria natura, il cavallo bianco della razionalità e quello nero dell’irrazionalità che ha dipinti sul casco («Ma stavolta ha prevalso quello nero!»), e corre come mai ha fatto in vita sua; di Andrea Dovizioso che raccoglie senza ansie e senza spocchia il testimone di Valentino Rossi come uomo spettacolo e idolo italiano contro il potere spagnolo. Non stupiamoci perché ormai Andrea Dovizioso – al 5° centro stagionale e al 6° nelle ultime 17 gare dopo averne fatto appena uno nelle prime 158 in MotoGp – è un campione maturo e questa gara epica lo ha dimostrato, comunque vada la corsa al titolo.
In un contesto complicatissimo – pioggia forte, aderenza limitata, visibilità da fondo del mare senza occhialini – Dovizioso ha apparecchiato la sua opera più bella partendo dal principio che «nello sport nessuno è imbattibile, dunque nemmeno Marquez». E nemmeno quando, dopo un magnifico scambio di colpi iniziato a 6 giri dalla fine, a metà dell’ultimo giro MM aveva ancora mezzo secondo di vantaggio. Lì il Joker, che non si risparmia mai, rischia di cadere come il cowboy al rodeo e Dovi capta il vento che cambia: «Senza il suo errore non ce l’avrei fatta». Problemi di Marc. Alla quartultima curva, la 10, Dovi cambia traiettoria (ha studiato a lungo Marquez da dietro e ora lo imita, allargandola) e alla 11 arriva veloce, bello, inarrestabile: «Ho fatto una staccatona, l’ho passato facile, la Ducati era stabilissima, tutto era sotto controllo». A Marquez non resta che il gesto circense, come in Austria. Ma, come allora, all’ultima curva ha la fisica contro, l’italiano protegge sé e il primato e bye bye Marquez.
«Ho fatto la mia strada, è andata bene», racconterà alla fine Andrea. Sembra facile, invece è una manovra kolossal che magari cambierà il campionato: «Per Marc non credo, per me sì perché batterlo più di una volta nel suo punto forte mi fa bene...». È la garanzia che Dovi sarà lì a mordere fino all’ultimo giro dell’ultima gara. Marquez lo sa e ne è pure felice: «Bello giocarsi il titolo con Andrea: è un bravo ragazzo e un gran lavoratore, e il lavoro paga». E dopo questo capolavoro a Motegi sarebbe bello e giusto se il premio più grande lo pagasse a Dovizioso, l’eroe ducatista che ragionando ha imparato a sognare.