Gazzetta dello Sport, 15 ottobre 2017
Festa amara per il Pd. Ma perché la sinistra non riesce a trovare un’anima comune?

Il Partito Democratico ha compiuto dieci anni.
• Solo dieci? Avrei detto di più.
Un’impressione che deriva dalla tendenza connaturata nella sinistra nel litigare, dividersi, accusarsi e poi riavvicinarsi. Una sana tendenza autocritica che spesso, però, è degenerata. La storia del Pd in questi primi dieci anni è stata densa e travagliata. Forse per questo le sembra che esista da più tempo. Il 14 ottobre 2007, la data a cui è attribuito il compleanno, è quella dell’elezione dell’assemblea costituente. Qualche mese prima si erano svolti gli ultimi congressi di Ds e Margherita. Ma era stato Romano Prodi, nel corso del 2006, a lanciare la proposta di un manifesto per il Partito democratico redatto da personalità del mondo della cultura e della politica.
• E qual è lo stato di salute del partito dopo questi dieci anni?
La scissione da Bersani, D’Alema & Co. dello scorso febbraio ha lasciato più di una ferita ancora non rimarginata. Ieri alla festa per il decennale, al teatro Eliseo di Roma, si respirava un clima di amarezza. Erano assenti tutti i padri nobili del partito, su tutti Romano Prodi, nemmeno invitato, così come Arturo Parisi, che ha liquidato l’evento così: «Più che un giorno di festa sarà un giorno di lutto». Non c’erano nemmeno Francesco Rutelli e Giorgio Napolitano, che si prepara a parlare in Senato per criticare la legge elettorale imposta dal Pd. Insomma, lo stato di salute non sembra dei migliori. Detto ciò, nonostante tutti i problemi, rimane un partito con una sua solidità e una sua base, nei sondaggi è dato ancora in testa insieme al M5S ed è al governo ormai da sei anni, con un suo rappresentante come premier da oltre quattro anni. Tornando alla cronaca, alle celebrazioni all’Eliseo ieri il primo a salire sul palco è stato Walter Veltroni, che del Pd è stato il primo segretario. Com’è nel suo stile, Veltroni ha cercato di essere conciliante, omaggiando il grande assente Prodi: «Il Pd nacque con 10 anni di ritardo, doveva essere la naturale prosecuzione della storia dell’Ulivo. Con l’Ulivo tutta la sinistra governava l’Italia. Quel governo è stato il migliore della storia repubblicana, prima di tutto per l’autorevolezza di chi lo guidava, Romano Prodi. Quella esperienza però dopo due anni finì, abbattuta dai due mali storici della sinistra, il massimalismo e le divisioni». Dopo di lui hanno preso la parola il premier Paolo Gentiloni e Matteo Renzi.
• E che cosa ha detto Renzi?
Niente di nuovo, ha attaccato Bersani e i fuoriusciti. «A chi ha anteposto il destino personale al destino del Pd minacciando di andarsene e poi andandosene voglio dire che il Pd appartiene al suo popolo e chi se ne va tradisce se stesso. Basta con i rancori, sentiamoci tutti a casa nostra», ha detto il segretario del Pd. E ancora: «L’avversario è il centrodestra. Se passa come spero il Rosatellum abbiamo di fronte a noi un corpo a corpo in tutti i collegi con un centrodestra populista».
• È un fatto che Renzi è stato il segretario del Pd per quattro anni su dieci, più di chiunque altro. Un giudizio sul suo operato mi pare obbligatorio.
Non siamo qui per dare le pagelle ma vale forse la pena evidenziare i due fallimenti che hanno portato all’attuale situazione del Pd. Il difetto congenito del segretario del Pd è stata l’incapacità di creare una nuova classe dirigente all’altezza. Non me ne voglia nessuno, ma a parte Renzi nel Pd al momento non vedo altri possibili leader. E, in questo, mi sembrano naturali i parallelismi con Berlusconi. L’altro grande fallimento di Renzi è stato l’abbandono del progetto di un partito che superasse gli steccati ideologici e le più misere divisioni interne. Un progetto che durante la sua ascesa l’ex sindaco di Firenze aveva fatto apparire possibile. Come ha fatto notare sul Post Luca Sofri (uno che in Renzi ha creduto parecchio) oggi il Pd è di nuovo un partito che chiama «gufi» gli avversari, che cerca una legge elettorale con la fiducia, che dice a sinistra «si arrangino, se la sono cercata».
• Quindi dobbiamo aspettarci una sinistra ancora divisa alle prossime elezioni?
La situazione a sinistra del Pd è parecchio caotica. Pisapia sognava di creare una forza allargata, con Mdp e Sinistra Italiana, che appoggiasse Renzi, ma il progetto è già naufragato fra veleni e accuse a mezzo stampa. In casa dem sia Veltroni sia Renzi ieri hanno ribadito che il Pd è nato con uno spirito maggioritario e che quello spirito è ancora vivo. D’altra parte, la vocazione maggioritaria era possibile in un sistema politico con due grandi partiti o raggruppamenti (Pd e Forza Italia-Pdl) che si sfidavano per alternarsi alla guida del governo. Ora però sulla scena politica c’è un terzo polo, quello costituito dal M5S e dai suoi numerosi elettori. L’unica strada per permettere un ritorno all’alternanza classica tra centrodestra e centrosinistra era quella del referendum costituzionale e dell’Italicum, che prevedeva il ballottaggio nazionale tra le prime due liste, quindi un vincitore certo. Abbiamo visto com’è andata.