la Repubblica, 14 ottobre 2017
L’addio al Boeing 747
È DIFFICILE, quasi imbarazzante per me, pilota di Boeing 747, spiegare quanto ami questo aereo, un’icona dei jet, ma ora che si avvicina la data in cui smetterà di volare sono certo di non essere l’unico appassionato a percorrere la rotta dei ricordi. Per darvi un’idea delle dimensioni della mia ossessione per il 747 potrei descrivervi la mia torta di nozze (un indizio: aveva ali di marzapane e quattro motori di cioccolata), oppure citare il mio nickname di Twitter, @markv747 o andare indietro nel tempo al giorno in cui, quattordicenne goffo in compagnia di mamma e papà, dall’alto del terminal della Pan Am all’aeroporto John F. Kennedy International, fissavo incantato le pinne di coda dei 747 che svettavano tutt’attorno superbe e lusinghiere, come gli alberi delle imbarcazioni in un porto. Potrei raccontarvi nei dettagli la mia prima esperienza da passeggero su un 747, un volo KLM diretto ad Amsterdam, il 25 giugno 1988 (posto 33A, finestrino, ovviamente). E certo vi descriverei la meravigliosa notte del 12 dicembre 2007, la mia prima volta ai comandi di un 747 della British Airways, la compagnia per cui volo ancora oggi, da Londra a Hong Kong. Quella sera grazie alla maestosità del 747 rivissi l’esperienza del decollo con lo stesso entusiasmo della mia prima lezione di volo ormai lontana. È cronaca che gli ultimi 747 in servizio passeggeri delle compagnie aeree statunitensi verranno ritirati quest’anno. Non conta che altri aerei di questo tipo – ammodernati, di nuovo modello o in versione cargo – continueranno a volare ancora per anni. I nuovi 747 passeggeri sono entrati in servizio non più tardi di quest’estate e i modelli cargo continuano ad essere in produzione, ma nel momento in cui molti piloti di 747 cominciano a valutare su quale aereo proseguire la carriera (personalmente sono attratto dalla linee eleganti e avveniristiche della cabina di pilotaggio del 787) è il momento giusto per riflettere sulla straordinaria importanza della “regina dei cieli” – un aeromobile caro non solo ai piloti, i più appassionati dei suoi fan, ma a milioni di passeggeri, che ha contribuito a cambiare il mondo. Per chi è cresciuto sotto cieli solcati dai 747 può essere difficile capire quanto fossero rivoluzionarie le dimensioni del jet ai tempi del suo primo (e a giudizio di alcuni improbabile) decollo, nel 1969. Il modello iniziale, il 747-100, era il primo aereo al mondo a fusoliera larga, pesava centinaia di tonnellate più dei suoi predecessori (il Boeing 707, ad esempio) e trasportava più del doppio dei passeggeri. Nacque in uno stabilimento talmente grande che al suo interno una volta si formarono nuvole ed era lungo quasi il doppio della distanza coperta dai fratelli Wright nel loro primo volo. Aveva innanzitutto scopi commerciali, mirava a sfruttare le economie di scala e tutta una serie di nuove tecnologie per tagliare i costi dei viaggi aerei per passeggero trasportato del trenta per cento. Ma su un pianeta che in precedenza solo i più ricchi potevano attraversare a piacimento forse il 747 ha esercitato l’impatto più duraturo sulle distanze e sulle differenze a livello quotidiano. «Avendo inaugurato l’“era dei viaggi intercontinentali di massa” – ha scritto l’esperto Vaclav Smil – il 747 ha assunto carattere di potente simbolo della civiltà globale». L’autore J.G. Ballard ha paragonato il jet al Partenone, in quanto incarna «una visione geopolitica del mondo». Juan Trippe, leggendario fondatore di Pan Am, definì il 747 «una grande arma di pace, in concorrenza con i missili intercontinentali per il destino dell’umanità». In realtà i maggiori estimatori del jet sono forse quelli che hanno avuto la fortuna di pilotarlo. Il primo in assoluto, il collaudatore Jack Waddell, lo definì «il sogno di ogni pilota» e «aeroplano a due dita» – nel senso che bastano l’indice e il pollice per guidarlo. Personalmente lo trovo di facile manovra, piacevole in fase di volo e di atterraggio. Come tutti i piloti di 747 da allora anche Waddell era molto interessato all’aspetto del velivolo, fin da quel primo volo di collaudo. «Che effetto fa visto da lì, Paul?», chiese via radio a Paul Bennett, il pilota dell’aereo che “inseguiva” il neonato 747 nei cieli della costa di nordovest. La risposta di Bennet è rimasta nella storia dell’aviazione: «È bellissimo, Jack. Fantastico!». Oggi il 747 è esposto nel Museo del volo di Seattle. L’ultima volta che ci sono stato non potevo restare a lungo (avevo un aereo da prendere, come sempre), ma se mi vedrete una prossima volta, magari tra qualche decina d’anni, quando sarò in pensione, spero, venite a salutarmi. Vi racconterò di quanto ho amato questo aereo e del dispiacere che i miei genitori non siano vissuti abbastanza a lungo da accompagnarmi in uno dei miei voli. © 2017 New York Times News Service ( Traduzione di Emilia Benghi)