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 2017  ottobre 14 Sabato calendario

Il tallio che uccide

NOVA MILANESE (MONZA-BRIANZA). Con un filo di voce ha detto: «Abbiamo mangiato molto purè». Poi si è sentita di nuovo male, ma intanto i carabinieri sono partiti alla ricerca delle patate, subito sequestrate e campionate, che siano quelle le responsabili di ben tre morti? È una storia strana, questa degli avvelenati dal tallio, misterioso metallo un tempo usato per disinfestare da topi e formiche, poi messo al bando, vent’anni fa: troppo pericoloso, anzi, mortale. Di quello si contano ormai tre vittime, in Brianza. Una coppia di anziani, lei morta giusto ieri, e la figlia. Altre tre persone sono in ospedale, non più in pericolo di vita, ma sempre avvelenate, seppure con percentuali più basse. Una è la badante Serafina, quella che si è ricordata del purè. Fanno parte della stessa famiglia, i Del Zotto, originari di Santa Marizza, una frazione di Varmo in provincia di Udine, e questo posto ha una sua importanza nella storia tragica che stanno vivendo i superstiti. Che si fanno mille domande, «cosa abbiamo mangiato, o bevuto? Chi c’era quel giorno a pranzo? E a cena? Chi ha mangiato cosa?». I Del Zotto, che abitano a Nova Milanese, hanno trascorso le vacanze di agosto al paese, e lì è successo qualcosa che sì, i maligni pensano possa essere stato un tentativo volontario di sterminio, ma chi indaga no, pensa piuttosto ad un incidente, una contaminazione di un cibo, ma che ci sia stato un killer, questo no. Ma comunque, per fare chiarezza totale, indagano sulla faccenda i carabinieri di Desio e quelli di Latisana, e la procura di Monza, il cui dirigente Luisa Zanetti dice che questa «è un’inchiesta che ha bisogno di tempo. Anzi, le analisi scientifiche richiedono tempo». Si va per esclusione. Non è stata l’acqua. Le analisi sul pozzo artesiano della casa di campagna hanno accertato che lì il tallio non c’è. E allora. Bisogna tornare indietro al 4 agosto, quando da Nova partono due persone: Patrizia del Zotto, 62 anni, e il marito Enrico Ronchi, appena più vecchio. Arrivano nella casa, e per due giorni la puliscono da capo a fondo, perché per due anni nessuno ci aveva abitato, e quindi ragnatele, polvere, topi. Lei, in particolare, pulisce la soffitta. Il 6 agosto arrivano da Desio altri componenti della famiglia: i genitori di Patrizia, Giovanni Battista, 94 anni, e Gioia Maria, 87 anni. Molto fragili, molto malati, tanto che il viaggio lo fanno su un’ambulanza privata. Li segue un’auto con l’altra figlia Laura, e la badante Serafina Pogliani, 49 anni. Arrivano al paese, comincia la vacanza. Un cugino regala i prodotti dell’orto, pomodori e altre verdure, e pure un bel po’ di patate, le famose patate poi cucinate sotto forma di purè, che a tutti piaceva molto. Il terzo figlio Domenico, che non partecipa alla vacanza se non alla fine, e per soli due giorni, ricorda di aver mangiato anche patate, ma sta benissimo, e le analisi sul suo sangue confermano che non è stato contaminato. Quando tutti rientrano a Nova, cominciano i primi malori. Nessuno capisce cosa sta succedendo, ma in quella famiglia tutti prima o poi hanno problemi intestinali, mal di testa, nausee forti, tachicardie. Patrizia arriva in ospedale già in coma, e morirà poche ore dopo il padre, il 2 ottobre. Patrizia è un caso nel caso. Nel suo sangue la percentuale di veleno è altissima: 44 millilitri per litro. Il padre un decimo, 3,4. Gli altri, a scendere. E quindi, cosa può aver ingerito, o inalato, Patrizia? I carabinieri di Latisana hanno trovato poco, nella casa di campagna. Il frigo era vuoto e pulito, tutto era in ordine, ma in soffitta sono state trovate alcune bustine di topicida. C’è la possibilità che siano state maneggiate da Patrizia, ma è anche possibile che non contengano tallio, se comprate in anni recenti. Forse gli escrementi dei piccioni che vivono in un vecchio fienile vicino alla casa? Il guano può contenere tallio, ma sembra strano che Patrizia sia andata a pulire anche quel locale, che è apparso normalmente sporco, niente di più. Le patate del cugino? Magari conservate in un qualche deposito, in precedenza disinfestato con un vecchio prodotto, purtroppo ancora efficace? La badante ricorda la storia del purè, ma niente altro. Patrizia ne ha mangiato dieci volte più degli altri? O forse ha mangiato quelle più contaminate, e quindi, bisogna per forza aspettare le analisi di laboratorio. Nella casa di Nova i tecnici dell’Ast hanno prelevato campioni di cibo e bevande, i carabinieri non hanno trovato topicidi, tre persone sono ancora in ospedale, e l’unico non contaminato, il figlio Domenico, aspetta qualche risposta: «Nella mia famiglia non si pranzava mai insieme, perché i miei mangiavano presto, con la badante e mia sorella Laura. Patrizia poi era vegana, cucinava a parte per non avere contaminazioni con cibi di origine animale». E povera Patrizia, che fine ha fatto.