Corriere della Sera, 14 ottobre 2017
I boschi a rischio del Perù
Un vecchio cappello, una valigia ammaccata e un panino con marmellata d’arance. Seduto a un binario della stazione londinese di Paddington, era tutto quello che un orsetto clandestino poteva dirci sul suo passato. Eppure in quel primo episodio di A bear called Paddington, debuttato a Londra il 13 ottobre 1958, la penna di Michael Bond svela un indizio fondamentale sull’origine dell’orso più famoso d’Inghilterra: il piccolo incontra la famiglia Brown, alla quale confida di essere arrivato dal «profondo Perù», inviato dalla sua zia Lucy per cercar fortuna in Inghilterra. Ed ecco che un personaggio letterario per bambini, amabile e avventuroso, svela la sua natura meno fiabesca e più tristemente reale: Paddington – ribattezzato così perché il suo nome era impronunciabile – è un vero Tremarctos ornatus, giunto Oltreoceano dopo la morte dello zio e la distruzione della casa in cui viveva. È l’unico orso a vivere in Sudamerica e sul suo musetto mantiene perfino la caratteristica che offre a questa specie il nome comune di «orso dagli occhiali».
L’orsetto Paddington in questo 2017 compie 59 anni di successi, tradotto in 40 lingue e venduto in 35 milioni di copie. Eppure, mentre si celebra una storia editoriale lunga più di mezzo secolo, in pochi si accorgono che nel Perù di Paddington, tra le foreste pluviali ai piedi delle Ande, si sta consumando la tragedia. Nei 25 anni che vanno dal 1990 al 2015, a casa dell’orsetto si è abbattuto e riconvertito in piantagioni produttive il 28,9% degli ecosistemi forestali originari. Avanti a un ritmo di più di 94.300 ettari all’anno, quel Paese tra i più ricchi di biodiversità del globo ha visto avanzare verso l’estinzione 224 delle 2.937 specie animali originarie dei propri habitat. Nel 2012 il Perù ha superato la Colombia in quanto a ettari dedicati alle piantagioni di coca, che si fanno seguire a stretto giro da quelle di olio di palma, cacao e caffè. La riconversione di migliaia di ettari di foresta amazzonica in coltivazioni industriali sta frammentando le aree naturali, isolando le popolazioni di ogni specie e costringendo la fauna selvatica a entrare sempre più in contatto con le attività umane.
La disponibilità di cibo per l’orso dagli occhiali è sempre minore e in queste condizioni un campo di mais diventa un banchetto prezioso. Per un contadino molto povero, però, le perdite economiche diventano una buona ragione per imbracciare il fucile.
Del nostro orsetto Paddington, che ha suscitato l’empatia di almeno tre generazioni di bambini, non si conoscono ancora i dati esatti dello stato di conservazione. L’Andean Bear Foundation, che si occupa di accogliere gli orsi recuperati in foresta dopo atti di bracconaggio, stima un numero di 20 mila esemplari tra Ecuador, Colombia, Venezuela, Peru e Bolivia. Già classificato come «vulnerabile» di estinzione da parte dell’Unione internazionale della conservazione della natura, si sa con certezza che è specie endemica del Sudamerica ed è in declino.
Questo significa che l’orsetto Paddington, quello vero, non avrà mai la possibilità di andare a cercare fortuna in un altro Continente. Nessuno troverà mai un gentile esemplare seduto sulla propria valigia, in attesa paziente di un treno. Gli orsi dagli occhiali possono vivere solo in foresta, la stessa che stiamo distruggendo da molti anni.