la Repubblica, 13 ottobre 2017
Weinstein, il satiro di Hollywood ora inguaia anche i Democratici
NEW YORK Un anno fa a quest’epoca i democratici bersagliavano un predatore sessuale, le cui molestie erano un’arma da usare in campagna elettorale: Donald Trump, quello che si vantava di afferrare le Miss Universo dalle parti intime. Oggi la destra si prende la sua rivincita, il mostro che incarna una cultura sessista è l’uomo che finanziò Hillary Clinton e Barack Obama, impiegando perfino la figlia di quest’ultimo in uno stage. L’altra faccia dell’“affaire Harvey Weinstein” è politica: per i repubblicani è un dono inaspettato. La loro tv di riferimento, la Fox News di Rupert Murdoch (macchiata anch’essa dalle accuse di molestie che costrinsero l’ex chief executive Roger Ailes a dimettersi), da cinque giorni mette lo scandalo di Hollywood in apertura dei suoi tg. Le domande scomode alla sinistra sono queste: perché il “predatore liberal” ha avuto per tanto tempo indulgenza e protezione? Ieri su Weinstein hanno riaperto vecchie indagini sia il New York Police Department sia Scotland Yard. Ma le denunce si riferiscono a fatti avvenuti molti anni fa, in certi casi l’accusa è di stupro. A New York una denuncia simile fu archiviata dal procuratore Cyrus Vance, anche lui una celebrity: sia perché figlio dell’ex segretario di Stato di Jimmy Carter, sia perché implacabile castigatore di Dominique Strauss-Kahn in un altro scandalo sessuale. Se con Weinstein ha preferito insabbiare tutto, è forse per gratitudine? Vance è un procuratore eletto, democratico, e la sua campagna fu finanziata per 10.000 dollari dal produttore cinematografico.
L’elenco delle donazioni di Weinstein crea un imbarazzo enorme a sinistra. Obama ricevette da lui 600.000 dollari, raccolti anche in occasione di cene fundraising a casa del tycoon hollywoodiano dove il presidente fu ospite durante la campagna per la rielezione nel 2012. Hillary è stata gratificata con 1,4 milioni di donazioni nel 2016. Abbondano le gallerie di foto e di video in cui i coniugi Clinton e Obama fraternizzano con l’uomo dello scandalo. Michelle lo chiamò «una persona meravigliosa». La 19enne Malia Obama ha finito di recente uno stage presso la sede newyorchese della Weinstein Company. Tra gli altri politici di sinistra che hanno ricevuto donazioni da lui, figurano tutti i notabili del partito: dal capogruppo dei senatori democratici Chuck Schumer al governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo. Oltre ai singoli, il partito democratico in quanto tale ha incassato dal magnate di Hollywood 300.000 dollari.
Non è solo Fox News a bombardare la sinistra con l’accusa di usare due pesi e due misure, ignorando per anni le nefandezze di un uomo molto discusso, che però stava dalla sua parte. Una grande firma del giornalismo liberal, Frank Rich del New York magazine, si chiede «com’è possibile che dei genitori modello come gli Obama abbiano lasciato la figlia lavorare in quel posto, quando certe storie erano già note da tempo». Il sito (liberal) Politico descrive i democratici «perseguitati dal cash di Weinstein» e prevede che la destra «non mollerà la presa». Anche il New York Times sottolinea che «per anni il produttore ha colmato di denaro e di attenzioni i democratici, i loro leader, le loro cause politiche». Incluso il femminismo visto che «Gloria Steinem si è vista finanziare una cattedra universitaria coi suoi soldi». Una delle campagne più care alla sinistra radicale, «la denuncia degli stupri nei campus universitari, è stata anch’essa sovvenzionata dal mogul del cinema».
L’imbarazzo dei progressisti è stato colto da Trump, che si è infilato nella polemica. «Conosco bene Weinstein e non mi stupisco di nulla», è stata la sua prima uscita. Poi questo tweet: «Ci sono voluti ben 5 giorni di rivelazioni e il licenziamento di Weinstein, perché Hillary si dicesse indignata». Ora i media della destra tengono un conto minuzioso su quali politici democratici restituiranno le donazioni del produttore, o le verseranno in beneficienza per “ripulirsi”. La Cnn si distingue dal coro perché osserva che «i reati sessuali possono costare a un uomo il suo posto di lavoro, ma non la Casa Bianca». Però Trump di denunce vere dalle donne ne ha incassate poche.
Federico Rampini
«Quei giochi di potere spaventano le attrici. Io sto con Asia Argento». Intervista a Lina Wertmüller
ROMA «Cosa penso della vicenda Weinstein? Penso il peggio», dice battagliera e sorridente Lina Wertmüller.
Novant’anni il prossimo agosto, nella sua carriera lunga cinquantun anni e trentadue film, la regista e sceneggiatrice è stata apprezzata anche a Hollywood, dove è riuscita a entrare nella storia: la prima donna ad essere stata candidata all’Oscar come regista con il film Pasqualino Settebellezze, nel 1977. Anche Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto raggiunse una grande popolarità, tanto da diventare oggetto di un recente quanto infelice remake con protagonista Madonna.
La regista ci riceve in vestaglia da camera rosso fuoco, sdraiata sul divano della sua bella casa a un passo da piazza del Popolo.
Signora Wertmüller, si spieghi.
«Penso che sia semplicemente tremendo il fatto che un produttore approfitti della sua posizione di potere per sopraffare un’attrice. Trovo che sia altrettanto sgradevole se ad esercitare la pressione sia una donna, ma di donne di potere a Hollywood ce ne sono decisamente meno».
Qualcuno pensa che se una donna accetta di andare in un albergo e qualcuno le chiede un massaggio poi si può immaginare quel che succederà.
«Non è vero, non è assolutamente vero. Spesso non è così semplice e diretto, ma molto più complesso. Poi certo si arriva a un punto in cui la richiesta o l’avance è diretta. E allora bisogna reagire».
In molti si chiedono perché le attrici stiano parlando soltanto ora.
«Ogni situazione è diversa dalle altre, è difficile dare un giudizio sereno. È comprensibile che abbiano avuto paura, e che abbiano trovato la forza soltanto ora. Solidarizzo con Asia Argento per quello che le è capitato. Certamente fa parte della tradizione che il cinema si porta sempre dietro, la presenza di quei giochi di potere che possono spaventare una giovane attrice, che pensa: “Se parlo, poi non lavoro più”. Questo è il problema».
A lei è mai capitato di ricevere attenzioni indesiderate o richieste di qualche tipo?
«Con il carattere che mi ritrovo? Certo che no».
È anche una questione di carattere?
«Sì. Gli uomini di potere tendono ad approfittarsene, ma dipende anche dalla forza delle donne. Dire no, non è facile, ma da lì si vede anche chi sei: voglio dire che ognuno di noi è anche vittima del proprio carattere. E così capisco, certo, chi si spaventa. Ma dico anche che bisogna avere la forza di denunciare. Per due motivi. Per spaventare il molestatore e perché non succeda ancora ad altre donne».
Hollywood è un sistema che si fonda sul potere maschile.
«Sì, ma sono tanti i sistemi ancora in mano ai maschi, perché sono loro che tengono ancora le fila nei luoghi di potere. Però le donne stanno crescendo molto anche a Hollywood, mi pare. E mi fa piacere questa grande solidarietà che tante donne, famose e non, stanno dimostrando pubblicamente nei confronti di chi ha avuto la forza di parlare ed esporsi in prima persona in questa vicenda. Penso che ne vedremo delle belle».
Arianna Finos