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 2017  ottobre 12 Giovedì calendario

Dna, sappiamo leggerlo da 40 anni. «Ora la vera sfida è riscriverlo»

La vita, intuì Frederick Sanger nel 1977, è questione di ordine. L’ordine con cui le “lettere” si succedono lungo la doppia elica del Dna, ad esempio, ci avrebbe permesso di interpretare la funzione della vita. Il biologo inglese si industriò per spiegarlo il giorno in cui ricevette il Nobel per la chimica, nel 1980. Le cose, rispetto a quella prima intuizione, si sarebbero rivelate un po’ più complicate. Ma l’otti-mismo di allora è servito da propulsore per la più tumultuosa, forse, fra le rivoluzioni scientifiche: quella della genetica. Una rivoluzione che ci permetterà presto di scovare, con un semplice prelievo, le prime impronte che una cellula di cancro rilascia nel sangue. Di individuare, nella cellula malata, i punti deboli del tumore per cercare di aggredirli con un farmaco specifico. E che ci sta portando, oltre a leggere la molecola della vita, anche a correggerla e scriverci sopra.
Il tema è delicato. Spiega Giuseppe Novelli, genetista e rettore dell’università di Tor Vergata a Roma: «Per ora sappiamo usare sul Dna una sorta di scrittura a penna, che è indelebile e può essere trasmessa alle generazioni successive. Dobbiamo invece imparare a scrivere con una matita e a usare eventualmente la gomma, se le circostanze lo richiedono. Il Dna infatti cambia con il cambiare dell’ambiente. La sfida per il futuro è imparare ad adattare i nostri interventi a questi cambiamenti». In soli 40 anni – rispetto a quell’ottobre 1977 in cui Sanger spedì il suo metodo per sequenziare il Dna di un virus alla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences – la nostra capacità di decifrare il codice della vita è passata da poche migliaia di lettere al mese a diversi miliardi in un giorno. Quel che una generazione fa gli scienziati consideravano impossibile oggi è routine. La souplesse con cui la genetica ha superato difficoltà tecniche enormi ha trasmesso ottimismo anche ad altre branche della scienza alle prese con missioni impossibili. “Oggi abbiamo letto il Dna di milioni di uomini e una miriade di altre creature” scrive Nature in un articolo sull’anniversario, firmato dalla crema dei genetisti americani.
Nel 1977 dunque l’uomo imparò a leggere: a leggere se stesso e gli altri organismi. Il primo virus sequenziato da Sanger si chiamava “batteriofago phi X174”. Ci vollero quasi vent’anni (nel ’95) per arrivare a un batterio. Da allora, però, la palla di neve è diventata valanga. Gli organismi studiati attraverso la loro catena di G, A, C e T (le quattro lettere che, messe in ordine, scrivono il codice della vita) si accumularono sempre più rapidamente: nel ’98 un verme, nel 2000 un moscerino, nel 2001 l’uomo, nel 2010 il Neanderthal, vissuto 35mila anni fa.
Quella che prima era un’operazione interminabile e artigianale, oggi è diventata un affare da computer. Gli studenti di 40 anni fa trascorrevano ore sui campioni. C’era chi leggeva i risultati, una lettera alla volta, e chi li digitava alla tastiera. Oggi il materiale da analizzare viene spedito alle cosiddette “sequencing factories” che restituiscono i risultati in ore o giorni. Siamo passati dal leggere il profilo genetico dell’uomo a quello di ciascun uomo. In un organismo, cominciamo a osservare i geni attivi di una singola cellula. Sappiamo già, ci ricorda Nature, estrarre dal sangue di una mamma il Dna del bimbo che ha in grembo. Da un campione lasciato sulla scena del delitto possiamo risalire a caratteristiche dell’assassino. Un po’ di saliva su un cotton fioc spedito a un’azienda biotech ci informerà sulla nostra propensione ad ammalarci (e su altri dettagli assai meno utili). Le difficoltà tecniche non mancano, ma la rivoluzione giovane di Sanger ci insegna che l’ottimismo (e tanti investimenti) possono sbriciolarle.