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 2017  ottobre 06 Venerdì calendario

La fine dei contanti

L’uomo che cerca di salvare i contanti dei tedeschi ha la mano ferma. Frank Herzog, un tipo robusto con i jeans strappati e i capelli grigi tagliati corti, è chino sul microscopio. Nella mano destra tiene un coltellino, nella sinistra quelle che un tempo erano banconote da cinquecento euro. Sono appiccicate l’una all’altra: Herzog le separa premurosamente, con piccole incisioni. Formano un blocco dalla superficie ondulata, come se fossero rimaste a lungo nell’acqua, e hanno i bordi marroni e strappati. Alle spalle di Herzog, in una cassetta di legno, c’è un mucchietto di banconote da cinquecento ridotte in questo stato. Accanto c’è un’altra cassetta piena di frammenti rossastri: sono banconote da 50 euro ridotte a pezzettini.
Herzog è un restauratore di banconote. Insieme a una decina di colleghi lavora a Magonza nel centro nazionale d’analisi del denaro danneggiato della Bundesbank, la banca centrale tedesca. Lui si occupa dei casi più difficili: arrivano sul suo tavolo i biglietti bruciati sui fornelli, finiti in acqua 0 nella spazzatura, strappati o triturati. Herzog li ricostruisce. Il possessore può riavere indietro le banconote a patto che per almeno la metà siano rimaste intere e che non le abbia distrutte volontariamente. La Bundesbank offre questo servizio con l’obiettivo di rafforzare la fiducia delle persone nel denaro contante.
I tedeschi amano monete e banconote, al punto che molti le tengono nascoste in casa. Le banconote da 500 euro che Herzog sta riparando, per un totale di ventimila euro, erano state sotterrate in giardino dal proprietario. “È pericoloso fare queste cose”, commenta Herzog. A volte le persone mettono i soldi in contenitori per il cibo e li infilano in buste di plastica, ma c’è sempre il rischio che si crei dell’umidità. Così arrivano batteri e funghi e a quel punto non c’è più niente da fare.
La sezione salva-contanti della Bundesbank affronta più di trentamila casi all’anno. Ora, però, c’è una minaccia contro cui Herzog e i suoi colleghi sono del tutto impotenti. Questa volta non deriva dalla muffa e dal fuoco, ma dai banchieri e dagli economisti. Non si tratta di soldi sepolti in giardino, ma dell’esistenza stessa delle banconote. In Germania prelevare in contanti tutti i soldi del proprio conto bancario è ancora possibile. Ma questa libertà ormai è in pericolo. I politici, gli economisti e i banchieri si sono alleati per rendere inutili monete e banconote. Al loro posto in futuro useremo carte di credito e app. In alcuni paesi ci sono già tetti massimi per i pagamenti in contanti e saranno tolte dalla circolazione le banconote di grosso taglio, per esempio quelle da 500 euro in Europa, o le monetine da 1 e 2 centesimi, come vorrebbe fare l’Italia.
Tassi negativi
Dietro ci sono grandi interessi. Le banche vogliono sbarazzarsi di monete e banconote perché farle circolare è costoso. I politici le vogliono eliminare perché i criminali preferiscono usare per i loro affari gli anonimi contanti. I banchieri centrali sognano da sempre un mondo senza contanti: se le persone non potessero più nascondere i soldi sotto il materasso, sarebbe più facile tenere l’economia sotto controllo variando il costo del denaro. Oggi è possibile sfuggire agli effetti della politica monetaria prelevando i contanti. Senza di questi, invece, le banche centrali potrebbero decidere a loro discrezione di rendere i tassi d’interesse negativi e la gente non potrebbe fare altro che pagarli o decidere di investire i soldi in immobili, oro, azioni, materie prime, tutti beni, ai loro occhi, più rischiosi dei contanti. Ma se tutti decidessero di investire in quei beni i loro soldi, i prezzi aumenterebbero. I più entusiasti sostenitori di questa rivoluzione sono gli economisti e i banchieri. Per esempio il capo della Deutsche Bank, John Cryan, che nel 2016 al Forum economico globale di Davos ha dichiarato: “Probabilmente tra dieci anni i contanti non esisteranno più. Sono semplicemente inefficienti”. Uno dei più convinti sostenitori della scomparsa dei contanti è Kenneth RogofF, economista statunitense dell’università di Harvard. Se fosse per lui, le banche centrali dovrebbero ritirare le banconote dalla circolazione un po’ alla volta, cominciando da quelle di taglio più grande per poi passare a quelle di minor valore, fino alla sparizione completa. Rogoff ha esposto la sua idea nel saggio La fine dei soldi. Una proposta per limitare i danni del denaro contante (Il Saggiatore 2017). Prima di parlare del libro, però, l’autore si lamenta a lungo dell’odio che si è attirato addosso con questa pubblicazione. Precisa che non vorrebbe far sparire i contanti dall’oggi al domani, ma gradualmente. Inoltre assicura che anche lui ama le monete e le banconote, che tra l’altro ha appena usato per pagare un caffè prima del nostro incontro.
Rogoff resta comunque convinto che chi possiede molti contanti ha sicuramente qualche attività illegale. Quando chiede a I quelli che lo criticano perché hanno tanto bisogno dei contanti, in genere non sanno cosa rispondere. E questo è sospetto, spiega: “Per i criminali non ce niente di meglio”. Secondo lui, senza le banconote il riciclaggio di denaro, l’evasione fiscale, la corruzione e la criminalità organizzata sarebbero arginate.
Anche Rogoff è convinto che un mondo, senza contante renderebbe le cose più facili per le banche centrali, che su questo tema restano piuttosto evasive. I banchieri centrali sanno bene quanto sia fragile la fiducia delle persone nella cartamoneta ed evitano di turbarla con parole avventate. Ma da tempo studiano metodi che potrebbero sostituire, almeno in parte, i contanti. Molti istituti stanno facendo esperimenti con il denaro elettronico, che non ha niente a che vedere con il contante ma è comunque garantito dalla banca che lo emette. Finora nessun paese l’ha introdotto, ma è un argomento molto discusso.
I sostenitori del denaro digitale lo considerano una forma di progresso, un passo verso una società più moderna. La musica, le foto e i libri sono già diventati digitali, e ora toccherebbe al denaro. Ma c’è un problema: il contante non è un prodotto qualunque. E le persone che ne possiedono tanto non sempre sono criminali. Basta una visita all’ufficio di Frank Herzog per capirlo. Il restauratore di banconote è un grande esperto di una specie umana schiva ma diffusa: quella delle persone che nascondono i soldi. Sulla sua scrivania arrivano solo i casi di soldi nascosti finiti male, ma bastano a dimostrare quanto sia diffusa l’esigenza di avere liquidità. Inoltre, indicano quanto sia importante per le persone disporre liberamente di monete c banconote.
È decisiva soprattutto la libertà di prelevare soldi dal conto per nasconderli alla propria banca, di cui magari non ci si fida più, al partner o agli eredi, oppure per paura di un fallimento. Durante la crisi finanziaria del 2008, per esempio, i tedeschi hanno prelevato enormi somme in contanti. Nel corso della crisi di Cipro, nel 2013, i prelievi sono stati così alti che la Banca centrale europea ha dovuto spedire sull’isola un container pieno di soldi: cinque miliardi di euro in contanti. Due anni più tardi sono stati i greci a mettersi in fila davanti ai bancomat.
I casi che finiscono nelle mani di Herzog aprono uno spiraglio su un segreto ben custodito: dove si trova la maggior parte dei contanti. Solo il 10 per cento delle banconote stampate dalla Bundesbank viene usato per i pagamenti. Nessuno sa esattamente dove si trovi tutto il resto. La banca centrale tedesca stima che il 20 per cento, circa 120 miliardi di euro, sia imboscato in Germania. Un altro 20 per cento si troverebbe in altri paesi dell’eurozona e il restante 50 per cento in giro per il mondo.
Infatti molti dei casi trattati nel centro di Magonza arrivano dall’estero. Per esempio dall’ex Jugoslavia o dalla Turchia. Nei paesi dove c’è stata la guerra o dove ci.sono dittatori al potere, grandi quantità di euro in contanti aumentano le possibilità di sfuggire ai regimi o ai nemici. Perché i soldi in contanti non lasciano tracce, si possono nascondere e, se necessario, possono essere usati subito per i pagamenti.
Ma c’è anche un altro aspetto, forse meno intuitivo: i contanti garantiscono la libertà di distruggere i propri soldi. Dietro a Herzog c’è un sacco di plastica pieno di terra, un caso tragico. A quanto pare un uomo avrebbe prelevato tutti i suoi averi, poi avrebbe stracciato le banconote, gli avrebbe dato fuoco e infine le avrebbe gettate nel contenitore per il compostaggio. In seguito avrebbe cercato di uccidersi. Il motivo? Non voleva che qualcuno ereditasse il suo patrimonio. Ma l’uomo è sopravvissuto al tentativo di suicidio c ha spedito il compost a Magonza per cercare di riavere indietro il suo denaro. “Purtroppo non c’è più niente da fare”, dice Herzog.
È una storia strana, ma del tutto legale. Certo, anche i criminali usano il denaro contante, ma la visita a Frank Herzog chiarisce che non sono i soli. Inoltre il dibattito sull’abolizione dei contanti non dovrebbe concentrarsi troppo su questo punto: in fondo non è neanche certo che senza monete c banconote le attività criminali diminuirebbero. Ne è convinto Jochen Metzger. Nella sede centrale della Bundesbank, a Francoforte sul Meno, Metzger si occupa delle operazioni di pagamento, cioè di tutto quello che in Germania non circola in contanti. “I più grandi patrimoni nascosti nei paradisi fiscali circolano in formato elettronico”, dice. Questo denaro è stato nascosto tante volte che non è più possibile rintracciarne la provenienza. “Eliminando i contanti non si risolve niente”, afferma Metzger. “Si danneggia solo la piccola criminalità, ma anche quella troverebbe presto nuove strade”.
In una casa di riposo
Eppure esistono già posti dove i contanti spariscono. Perché? Come succede esattamente? Per scoprirlo vale la pena di andare fino in Svezia per incontrare Ingrid Ahi. Questa signora di 75 anni sa nascondere il rancore bene quanto i contanti. Vive in una casa di riposo nei dintorni di Stoccolma. Ha un appartamento di cinquanta metri quadrati molto ordinato. Alle pareti ci sono dei quadri con fiori. Sul tavolo c’è un centrino. Nessuno potrebbe immaginare che qui sono nascoste mazzette di corone svedesi fino a quando Ingrid Ahi estrae da uno scaffale due contenitori di plastica. Ognuno contiene una pila di banconote e una montagna di monete. Insieme ai soldi esce allo scoperto anche la sua rabbia: “La colpa è delle banche e della politica”, dice. “È colpa loro se tengo i soldi in casa”.
Nei contenitori di plastica dell’anziana svedese ci sono le quote d’iscrizione del suo circolo del bridge e gli incassi dell’organizzazione locale dei pensionati. Ahl amministra entrambe le casse e porterebbe volentieri il denaro in banca, ma non può. La filiale più vicina, che è solo a duecento metri dalla casa di riposo, non accetta più contanti. Per depositare isoidi Ingrid dovrebbe prendere un autobus e per ogni versamento pagare 50 corone, circa 5 euro. Non vale più la pena di andare in banca a depositare i contanti dopo ogni serata di bridge.
Già oggi uno svedese su dieci deve percorrere più di dieci chilometri per poter prelevare contanti. Nel nord del paese i chilometri salgono addirittura a più di quaranta. Secondo la Riksbank, la banca centrale svedese, forse già nel 2025 non si stamperanno più banconote. Erik Hallin e Hossein Tajik, 36 anni entrambi, si sono avvantaggiati: da tempo le hanno già eliminate. Dicono addirittura di “odiarle”. Li incontro un pomeriggio nel Boule bardi Stoccolma. Qui non hanno bisogno di banconote e monete per pagare le loro birre: il locale è “libero dal contante”. Anche un caffè si paga con la carta. Sempre più negozi in Svezia si adeguano a questa tendenza. Secondo Hallin, che porta con sé solo lo smartphone e due carte bancomat nella custodia del telefono, è meglio così. Non ha più un portafogli e non ricorda neanche quand’è stata Stoccolma, Svezia. Un caffè dove non si accettano contanti l’ultima volta che ha pagato in un bar con le monete. Se in un posto non accettano la carta, può tranquillamente “swishare”. Swish è uno dei motivi per cui i contanti in Svezia stanno sparendo più velocemente che altrove. È un’app per smartphone molto semplice da usare: basta digitare il numero di telefono del destinatario e la cifra da pagare, e il denaro è già inviato. A Stoccolma anche le donazioni alla parrocchia si possono fare con Swish. Perfino la rivista dei senzatetto può essere pagata in questo modo, come il caffè venduto dai boy scout durante la festa della città. Ormai uno svedese su due, c addirittura il 90 per cento di quelli tra i diciotto e i ventiquattro anni, usa Swish.
Secondo gli ideatori dell’app, il segreto del suo successo è semplicemente la praticità. Più persone la scaricano, più si diffonde. Ma l’idea di un movimento che nasce dal basso è poco credibile, visto che Swish è stata lanciata contemporaneamente da tutte le grandi banche svedesi. A differenza della Germania, dove ogni istituto ha sviluppato il suo software, le banche svedesi hanno creato così una sorta di monopolio. Finora il nuovo mondo promesso da Swish non ha costi. Niente però garantisce che in futuro le cose non cambino e che, per esempio, le banche comincino a prendersi una commissione per ogni pagamento.
Gli istituti di credito svedesi stanno dando un forte impulso all’abolizione del contante in tutto il paese. Da un lato hanno inventato nuove possibilità per pagare senza banconote e monete, dall’altro riducono l’offerta di contante. I bancomat spariscono, le filiali hanno sempre meno banconote e cominciano a non accettarne più.
Così le banche risparmiano sui costi legati al contante, come quelli dei veicoli portavalori e della gestione dei bancomat, che è onerosa in tutto il mondo, ma particolarmente qui, un territorio molto esteso ma poco popolato. In Svezia, inoltre, le banche sostengono la maggior parte dei costi per la fornitura del denaro. In molti altri paesi sono a carico delle banche centrali, invece da una decina di anni la Riksbank ha deciso di addossare i costi della fornitura di denaro agli istituti privati.
Dietro la politica contro i contanti degli istituti di credito svedesi c’è anche la banca centrale del paese. Senza l’aiuto della Riksbank, un’app come Swish non esisterebbe. È stata la banca centrale a fare in modo che gli altri istituti potessero accreditare o addebitare i pagamenti fatti attraverso Swish nel giro di pochi istanti invece che nell’arco di qualche giorno, come succede normalmente con i bonifici in Germania.
Ora la banca centrale sta progettando un’altra mossa inedita: l’introduzione di una e-corona, una moneta digitale. Entrando nella sede centrale della Riksbank a Stoccolma si è accolti da un chiosco informativo con un tablet, dove si possono ammirare le banconote, intonse e ordinate: sembra proprio che qui la digitalizzazione del denaro sia inarrestabile. L’impressione si rafforza incontrando Cecilia Skingsley. Mentre parliamo, la vicegovernatrice della banca centrale svedese si affretta a estrarre un foglio di carta su cui è tracciata una curva: indica la quantità di contanti in circolazione in Svezia. Dagli anni cinquanta in poi la curva sale ogni decennio, intorno al 2000 fa una gobba e infine, più o meno a partire dal 2010, precipita. Skingsley prosegue la linea a matita con una ripida discesa, in accordo con le sue tesi. “Supponiamo che nel 2025 ci venga restituita l’ultima banconota perché nessuno vuole più i contanti”, dice Skingsley. “Allora le banche avrebbero il monopolio dei pagamenti. E i monopoli non mi piacciono”.
Per capire il suo ragionamento bisogna sapere che le banconote e le monete appartengono alla banca centrale, che le emette e le garantisce. 11 denaro che si trova in un normale conto bancario è invece moneta bancaria o scritturale (quest’ultima comprende gli strumenti gestiti dalle banche e dagli altri intermediari abilitati a prestare servizi di pagamento, come gli assegni, i bonifici o le carte di pagamento). Si può chiedere che la moneta scritturale sia convertita in contanti, cioè che sia trasformata in moneta della banca centrale. Nel peggiore dei casi, tuttavia, potrebbe non essere più possibile, per esempio quando una banca fallisce e il suo fondo di garanzia non è sufficiente a ripagare i correntisti. Se quindi i contanti sparissero del tutto, i cittadini avrebbero solo moneta scritturale e non più moneta della banca centrale.
Per questo Skingsley ha pensato alla moneta elettronica. Il progetto è in fase di studio. Bisogna capire come dovrebbe funzionare la e-corona, e le questioni ancora aperte sono molte. Per esempio, bisogna capire se ogni svedese debba avere un conto presso la banca centrale o se possa decidere come gli pare quanti soldi cambiare in ecorona. Entro la fine del 2017 Skingsley vuole presentare il progetto, che l’anno prossimo dovrà essere testato: alla fine del 2018 si deciderà se introdurre la e-corona. In tempi più o meno brevi la banca centrale potrebbe abolire il contante.
Per questo la Svezia è considerata dai banchieri centrali di tutto il mondo un esperimento. Se nel paese scandinavo la moneta digitale dovesse funzionare, presto l’idea verrebbe sicuramente copiata. Kenneth Rogoff considera la Svezia una specie di paese pilota e ritiene che gli Stati Uniti seguiranno la sua scia nel giro di cinque o dieci anni. Sempre che sulla strada della Svezia non si presentino degli ostacoli.
All’ora di pranzo, nella brasseric Vau de Ville in piazza Norrmalmstorg, a Stoccolma, è seduto Bjòrn Eriksson, ex capo della polizia svedese, poi presidente dell’Interpol per due anni c in seguito governatore della regione di Òstcrgòtland. Oggi Eriksson guida il Riksidrottsfòrbundet, un’organizzazione che raggruppa tutte le federazioni sportive svedesi, ma è noto soprattutto come portavoce del movimento Kontantupprorct, un nome che si potrebbe tradurre con “rivolta per il contante”.
Eriksson espone i suoi argomenti a favore del contante quasi come se sparasse dei colpi di pistola: le persone anziane sono abituate ai contanti e non sanno farne a meno, come gli svedesi che abitano in quelle regioni dove il collegamento a internet è poco diffuso.
“È giusto”, chiede Eriksson, “perderli per strada?”.
Inoltre l’ex capo della polizia svedese, che ha avuto molto a che fare con i criminali, è convinto che l’abolizione dei contanti non serva ad arginare la malavita organizzata. Da un lato i criminali troverebbero sempre il modo per pagare, dice. Dall’altro, le truffe con le carte di credito consentono di rubare soldi proprio come le rapine. I numeri in possesso del ministero della giustizia svedese lo dimostrano: negli ultimi dieci anni in Svezia sono nettamente diminuite le rapine alle banche e ai furgoni portavalori, che sono passate da più di duecento nel 2008 a meno di quaranta nel 2015. Allo stesso tempo, però, le truffe realizzate con le carte di credito sono aumentate da ventimila a quasi settantamila all’anno.
Eriksson inoltre è convinto che senza contanti le operazioni bancarie diventerebbero più onerose per i correntisti. Le banche potrebbero introdurre provvigioni leggermente più alte e, in caso di necessità, tassi d’interesse negativi. E potrebbero ricostruire il percorso dei soldi e controllare dove, come e per cosa le persone li spendono. “Viviamo in un’epoca in cui gli attacchi informatici sono all’ordine del giorno”, dice Eriksson. “Per paralizzare il nostro paese, in futuro potrebbe bastare bloccare l’accesso a internet o la fornitura di elettricità”. La protezione dei dati è un argomento importante in questo dibattito.
Posti lontani
Eriksson ha trovato degli alleati, ma potrebbe essere troppo tardi. Nella vita di ogni giorno gli svedesi si sono già adeguati alle nuove pressioni esercitate dalle banche. E, una volta che la fornitura di monete e banconote sarà stata smantellata, sarà difficile ripristinarla.
Per avere un’anticipazione di un possibile mondo senza contanti bisogna rivolgere lo sguardo anche a posti lontani da Stoccolma, dove l’economia è meno stabile. In un paese europeo in crisi come la Grecia il contante è molto amato, sia perché permette di proteggersi dalla recessione sia perché è lo strumento migliore per evadere le tasse. Il governo greco, però, non è più disposto a tollerare l’evasione fiscale, e per questo nel 2016 ha fatto approvare una nuova legge: gli importi superiori a 500 euro non possono più essere pagati in contanti. E chi nella dichiarazione dei redditi non dimostra di aver effettuato una parte delle sue spese con la carta di credito o un bonifico viene multato.
Dimitrios Kampanaros, che gestisce una casa di riposo ad Atene, è furibondo: due anni fa il contante l’ha salvato dalla bancarotta. All’epoca, al culmine della crisi, la Grecia aveva introdotto il controllo dei capitali: per un po’ era stato impossibile prelevare, e anche fare un bonifico era diventato complicato. “Ogni mese dovevo pagare conti da Somila euro”, racconta Kampanaros. Ma aveva fiutato l’aria e così aveva messo da parte dei contanti in una cassetta di sicurezza. Con quei soldi ha potuto pagare gli stipendi dei dipendenti e comprarsi da mangiare. E alla fine c riuscito a superare quel momento difficile. I contanti sono anche un modo per preservare il proprio patrimonio quando le cose non vanno bene. Questo aspetto non emerge quasi mai nelle argomentazioni di chi li vuole abolire. Forse il fronte anti-contante è ottimista e pensa che tutto andrà bene. Kampanaros comunque ha riempito di nuovo la sua cassetta di sicurezza. Se dovesse arrivare un’altra crisi, è preparato.