Internazionale, 6 ottobre 2017
Sei mesi per l’indipendenza
Il copione si sta svolgendo come previsto. Lo “stato maggiore” degli indipendentisti, costituito dal presidente catalano Carles Puigdemont, dal suo vice Oriol Junqueras e dalle due principali associazioni separatiste, Anc e Òmnium, ha pronto da mesi un piano per mettere all’angolo il premier Mariano Rajoy. Il primo passo era forzare lo svolgimento del referendum. Si sperava in una reazione sproporzionata del governo spagnolo, che avrebbe provocato la protesta dei cittadini. Grazie alle cariche della polizia, questa fase ha superato persino le previsioni degli indipendentisti, quindi lo sciopero generale – che era considerato una misura di riserva -si è imposto senza discussioni. L’obicttivo è prolungare la mobilitazione, mentre la spirale di azione e reazione fra i due governi c i loro sostenitori si autoalimenta.
Anche se il copione in piazza era pianificato fino al 1 ottobre c ai giorni successivi, il piano politico sta incontrando qualche difficoltà a svolgersi nel modo in cui lo avevano concepito i leader indipendentisti. Il progetto prevedeva di applicare la legge sul referendum approvata il 6 settembre dal parlamento catalano, secondo cui entro 48 ore dalla proclamazione dei risultati dev’essere votata la dichiarazione unilaterale di indipendenza. Secondo una deputata indipendentista la dichiarazione dovrebbe arrivare il 9 ottobre. Ma le cose non saranno così semplici.
Nel blocco indipendentista non tutti sono d’accordo sul contenuto della dichiarazione. Queste discrepanze sono più accentuate all’interno del Partito democratico europeo catalano (Pdecat) di Puigdemont. Nel partito erede di Convergència i uniò alcuni vorrebbero convocare elezioni anticipate, ma nessuno esce allo scoperto per timore di essere accusato di indecisione. In ogni caso quest’opzione sembra esclusa. Puigdemont è contrario perché teme che il governo spagnolo metterebbe fuori legge i partiti indipendentisti, che prometterebbero di proclamare la secessione se ottenessero la maggioranza. E così si toma alla casella iniziale della dichiarazione unilaterale. Tuttavia i leader separatisti sanno che la Catalogna non diventerà uno stato indipendente solo perché il suo parlamento lo proclama tale. Alcuni vorrebbero che l’indipendenza fosse dichiarata subito, ma la maggioranza è consapevole che non riceverebbe il riconoscimento intemazionale. Sanno che le violenze del 1 ottobre hanno permesso di conquistare un vasto consenso popolare che va oltre il nucleo dell’indipendentismo, ma sanno anche di non poter deludere le migliaia di sostenitori dell’indipendenza. L’equilibrio tra queste due necessità sta provocando un aspro dibattito interno. Ognuno tira la corda dalla sua parte, compresi quelli che sono d’accordo sulla necessità di mantenere questo equilibrio. Il testo che sarà sottoposto al parlamento catalano sarà una somma di tutte queste tensioni. E quale può essere il suo contenuto?
Processo in tre fasi
Probabilmente la dichiarazione affermerà che i risultati del referendum sono vincolanti e dimostrano la volontà del popolo catalano di costituirsi in stato. Potrebbe anche inaugurare il processo costituente previsto dalla legge sulla transizione approvata l’8 settembre. La legge prevede tre fasi: una prima fase partecipativa, “politicamente vincolante”, sarebbe portata avanti da rappresentanti della società civile. La seconda fase sarebbe la formazione dell’assemblea costituente, che dovrebbe redigere una proposta di costituzione. La terza fase sarebbe la ratifica mediante referendum. Tutto il processo potrebbe durare sei mesi. Secondo una fonte del governo catalano la dichiarazione “entrerebbe in vigore a rate”.
La dichiarazione potrebbe contenere un riferimento alla mediazione internazionale già invocata da Puigdemont. In ogni caso l’obiettivo non è aprire una trattativa per avere maggiore autonomia. Puigde1 mont fermerà la tabella di marcia solo se Rajoy accetterà il dialogo su un referendum concordato. Come che sia, gli indipendentisti sono consapevoli che la bozza di dichiarazione, per quanto potrà essere sfumata, rischia di provocare una reazione decisa da parte del governo Rajoy.
Lola Garcia è la vicedirettrice del quotidiano La Vanguardia, di Barcellona.