Libero, 9 ottobre 2017
«Sono il re del divertimento. E da 40 anni seduco la notte». Intervista Gherardo Guidi
«Lo chiami nel pomeriggio perché al mattino lui dorme». Mi dicono così quando chiedo di intervistare Gherardo Guidi, uno dei più importanti imprenditori del divertimento nel nostro Paese, e non potrebbe essere altrimenti. Perché, in oltre mezzo secolo di carriera, la notte per lui è stata il tempo del lavoro oltreché l’oggetto di un amore sconfinato. Da 40 anni quest’uomo nato a Castelfranco di Sotto in provincia di Pisa, destinato a essere prima un chimico poi un musicista infine uno straordinario talent scout, ha preso in gestione “La Capannina” di Forte dei Marmi, rinomatissimo locale della costa versiliana, «il più antico club di musica al mondo» ci tiene a sottolineare lui (venne infatti creato nel lontano 1929 da Achille Franceschi). Qua è transitata l’intera storia della canzone e del costume italiani del Novecento, dal rock’n’roll alla musica leggera al jazz fino al pop di oggi, e qua sono venuti fuori alcuni nomi dello spettacolo, poi consacrati a livello nazionale, che a Gherardo Guidi devono molto. Da Patty Pravo a Ivana Spagna, da Pieraccioni a Belen (che a “La Capannina” ha mosso i primi passi da showgirl). Ma soprattutto qua è maturato un concetto di divertimento estivo all’italiana, che solo più tardi sarebbe stato riprodotto in altre località come la Riviera Romagnola, la Costa Smeralda o, più di recente, il Salento. In origine fu “La Capannina”.
A quella straordinaria storia Guidi ora ha dedicato un libro, abitato da aneddoti, entusiasmo e un filo di nostalgia, Così ho sedotto la notte (Polistampa, pp. 248, euro 18), nel quale le parole si sommano a una carrellata di foto, da quelle in bianconero degli anni ’60 fino a quelle a colori di oggi. Quaranta e oltre sfumature di divertimento, connotate da una tinta di fondo, che è il blu intenso del mare e del cielo della Versilia, dove Guidi si specchia da tempo, ubriacandosi di vita, nel suo viaggio entusiasmante al termine della notte.
Guidi, come ha festeggiato gli otto lustri della sua gestione a “La Capannina”?
«Scorrendo nella mente in un minuto tutto quello che ho vissuto in 40 anni. Spesso penso a quello che mi disse Pietro Mennea, quando venne a trovarmi nel locale all’indomani delle Olimpiadi di Mosca del 1980. “La mia carriera si è sempre giocata in 10-12 secondi, nonostante la preparazione per la corsa richiedesse anni”, mi raccontò. Allo stesso modo, gli risposi, la mia carriera da imprenditore del divertimento si è sempre giocata nei due-tre mesi estivi, dopo una preparazione lunga un anno. Il punto è farsi trovare pronti quando ti tocca “correre”».
E lei come ha fatto a essere sempre pronto?
«Seguendo attentamente le mode. Negli anni Sessanta, quando ho iniziato gestendo un locale a Castelfranco di Sotto, “La Sirenetta”, la musica cambiava molto lentamente, era ancora il tempo di Claudio Villa, di Luciano Tajoli, di Natalino Otto. Poi l’evoluzione musicale ha subito un’accelerata ed era sempre più difficile intercettare le novità. Io mi sono attrezzato studiando, ascoltando le nuove tendenze, respirando che aria tirava a Londra o New York, fucine di cambiamento. Così “La Capannina” non è mai invecchiata, pur mantenendo il suo fascino vintage».
In questo hanno contato anche alcune sue intuizioni rischiose, come portare il jazzista Romano Mussolini, figlio di Benito, a suonare nel locale, o sdoganare voci apparentemente trasgressive come Renato Zero o Amanda Lear negli anni dei cantautori impegnati...
«Ho sempre cercato di coinvolgere i migliori, e Romano Mussolini con la sua orchestra lo era. Così come ho intuito il talento di alcune star, dalla voce inconfondibile: penso ad Amanda Lear, col suo timbro mascolino, o a Patty Pravo, anche lei con una voce sospesa tra il maschile e femminile. Ma credo di averci visto lungo anche nell’aver tirato fuori l’animo canzoniero di Jerry Calà. Dopo il successo del film Sapore di Mare, girato proprio a “La Capannina”, in cui lui era tra i protagonisti, gli proposi alcune serate di musica con lui nel ruolo di mattatore. Quell’intuizione va avanti da oltre 20 anni».
Un’altra sua felice intuizione è stata portare nei suoi locali la figura del dj...
«Io sono sempre stato affezionato al ruolo delle orchestre e alla musica dal vivo. Di solito questi complessi si esibivano a inizio e fine serata. Per riempire il vuoto nel mezzo pensai di arruolare qualche disc-jokey, che in principio altri non era che qualcuno che metteva il giradischi. Nacque così, a fine anni ’60, in locali come “La Sirenetta”, una delle prime discoteche moderne».
“La Capannina” e la Versilia in genere sono stati anche teatro di grandi amori nascenti o di tresche...
«Di solito non mi sbottono sugli amori vip nati nei miei locali. Ma posso confermarle che, all’inizio degli anni Sessanta, alla “Bussola” di Focette avvenne il primo incontro tra Gino Paoli e una quindicenne Stefania Sandrelli. Appena la vide, lui se ne innamorò follemente...».
Qualche aneddoto su Grillo e Briatore che hanno frequentato “La Capannina”?
«Beppe ha fatto numerose ospitate nel locale, era un genio dell’improvvisazione. Il nuovo millennio l’ho iniziato con lui, con un suo spettacolo alla mezzanotte del 31 dicembre 1999. Da allora non si è più esibito da me, ma preferisco ricordarlo così. Briatore invece venne nel mio locale e iniziò a ballare sui tavoli. Gli mandai uno dei miei dipendenti per fargli presente che a “La Capannina” nessuno poteva permettersi quell’atteggiamento. E lui: “Se vuole, io La Capannina gliela compro”. Non la comprò, ma aprì lì vicino il Twiga, un locale molto diverso dal mio. Però devo ammettere che Briatore mi ha tenuto sveglio, era un diretto concorrente che mi ha fatto capire che dovevo stare attento se volevo sopravvivere nel mercato».
E poi la consacrazione del suo locale con il film Sapore di mare dei Vanzina.
«All’inizio non volevo che si girasse da me. Ma quando mi dissero che del cast faceva parte anche Virna Lisi, accettai. E non sbagliai. Durante la proiezione al cinema del film, che fu un successo enorme, ogni venti minuti le gente in sala applaudiva. E “La Capannina” diventò meta di culto. Un altro momento importante fu quando, a metà dagli anni ’90, a “Bussoladomani”, altro mio locale, lanciammo il trio ContiPieraccioni-Panariello, mandandoli per la prima volta in onda su una tv nazionale, Telemontecarlo. Dopo quel successo, dovevo anche diventare il produttore del film di Pieraccioni Il ciclone. Rinunciai. E forse sbagliai...”.
Oggi il timoniere Guidi come si confronta con i giovani imprenditori del divertimento?
«Vedo parecchia improvvisazione. Quando ho cominciato, non avevo fatto una scuola per gestire un locale, ma venivo da una formazione musicale, per due anni avevo fatto il batterista, sapevo qualcosa di quel mondo. Adesso il mercato è egemonizzato dai “pr” e da gestori spesso privi di talento e competenza. Vanno avanti per quattro-cinque anni, poi tramontano, come i loro locali. Per durare oltre cinquant’anni ci vuole qualcosa di più. Forse la capacità di sedurre la notte...».