la Repubblica, 10 ottobre 2017
L’amaca
«Sarebbe davvero un peccato se nell’universo grillino non splendesse la sesta stella, quella dello Ius soli», dice il senatore a vita Renzo Piano nella sua bella intervista di ieri. Già, sarebbe un peccato. Ma i margini di speranza, in quella direzione, sono quasi nulli. Sulla base dei suoi presupposti post-ideologici, quel movimento aveva promesso, ai suoi esordi, oggettività e pragmatismo nelle scelte politiche: voteremo ciò che è utile al paese chiunque lo proponga; voteremo contro ciò che è dannoso per il paese chiunque lo proponga. Non è stato così. Le leggi “degli altri” sono “degli altri”, per definizione sbagliate o indegne di appoggio: come ampiamente dimostrato, un caso per tutti, con l’astensione sulle unioni civili. Il grillismo appoggia solo se stesso, approva solo se stesso, riconosce solo se stesso. Potremmo dire, ricorrendo a una metafora non politica, che è accecato dalla vanità. Qualcuno dirà che, in materia di Ius soli, quei deputati e quei senatori faranno un calcolo elettorale, per compiacere gli italiani più ostili alla cosiddetta “invasione straniera”. Non credo sia così. Se non voteranno a favore dello Ius soli, è banalmente perché vedono “una legge del Pd” e non vedono il principio che la muove. Può vederlo, quel principio, un senatore a vita ottantenne, lui sì al di sopra delle parti.