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 2017  ottobre 10 Martedì calendario

L’addio del ministro europeista di ferro

Wolfgang Schäuble ha partecipato ieri a Lussemburgo al suo ultimo Eurogruppo, la riunione dei ministri finanziari dell’area euro. Ne è stato lo zar per gli scorsi otto anni. Mancherà. Ce ne renderemo conto, con ogni probabilità, anche in Italia, dove in tutto questo tempo è stato percepito in modo parziale, spesso distorto. Non perché il ministro delle Finanze che prenderà il suo posto a Berlino, e di conseguenza avrà un ruolo rilevante in Europa, sarà più «falco» di lui quando si viene a fare rispettare le regole del Patto di Stabilità e a misurare i passi per una maggiore integrazione dell’eurozona e della Ue. No: un timore del genere è la continuazione di una lettura limitata di quello che succede nel Vecchio Continente, la continuazione di una guerra di pregiudizi con la quale si è scambiata per crudeltà o ottusità la ricerca della stabilità, non solo finanziaria ma anche politica, perseguita dal ministro tedesco.
È che con Schäuble, che il 24 ottobre sarà eletto presidente del parlamento tedesco, l’Europa perde uno dei politici più esperti, intelligenti, preparati e soprattutto solidi degli ultimi decenni. Non un economista, come egli stesso rivendica di non essere, ma un europeista che dalla metà degli Anni Settanta del secolo scorso ha attraversato la politica del continente da protagonista. E che negli ultimi tempi, quelli della crisi finanziaria, non ha accettato le ricette cosiddette anti-austerità avanzate dalla maggioranza degli economisti ma ha ancorato – appunto da solido politico – le scelte alla loro realizzabilità in alcuni dei momenti più complicati della storia europea postbellica. Ieri, in una sorta di intervista d’addio data al Financial Times, ha rivendicato il successo di una «politica finanziaria prevedibile e credibile che ha creato fiducia e generato crescita. Ed io sosterrei davanti a chiunque – ancora più decisamente oggi dopo 8 anni – che questa politica ha generato più crescita di qualsiasi altra».
Nel momento dell’addio Schäuble rivendica la giustezza, pur tra errori, di politiche che (assieme a quelle della Bce) hanno tenuto unita l’eurozona e la Ue e ora hanno riportato tutti i Paesi del continente a una crescita robusta. In più, lascia un paio di messaggi. In continuità con le posizioni classiche tedesche, dice che in questo momento nel mondo ci sono troppa liquidità e troppi debiti. La prima porta a squilibri negli investimenti e alla creazione di bolle, i secondi tolgono solidità al sistema economico. Entrambe preparano la prossima crisi finanziaria e rischiano di renderla peggiore di quello che potrebbe essere. L’altro messaggio riguarda una maggiore integrazione dell’Europa. «È possibile – ha detto al Financial Times —. Ma devi portare con te le popolazioni degli Stati membri. Sono loro il sovrano». All’Eurogruppo, omaggi, ricordi e saluti. Il presidente della riunione, Jeroen Dijsselbloem, ha sostenuto che Schäuble ha avuto un «ruolo cruciale» e mancherà: «Un grande collega che ha sempre dato consigli, a volte richiesti, a volte no». Pier Carlo Padoan ha sostenuto che «è stato un grande ministro delle Finanze». Il commissario agli Affari economici della Ue, Pierre Moscovici, che spesso ha avuto idee diverse: «Ora distingueremo tra un Eurogruppo prima di Schäuble, uno durante e uno dopo di lui, perché sarà qualcosa di diverso». Per Bruxelles è la fine di un’era, quella della Grande Crisi dominata dallo zar tedesco. L’uomo ha deliziato e irritato molti. Di certo, il vuoto di solidità che lascia sarà difficile da colmare.