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 2017  settembre 30 Sabato calendario

A Gigi Riva nessuno arriva

Nessuno come lui. Nessuno come Riva, Gigi per tutti, Giggirriva per i sardi, “Rombo di tuono” per Gianni Brera, semplicemente Luigi per le sorelle Fausta e Lucia, solide radici di una bella famiglia sempre più rosa, grazie alla quinta nipotina del nonno più amato di Cagliari.

Nessuno come lui, per i gol segnati, per come li ha segnati e per il suo record in Nazionale. Come La Settimana Enigmistica, anche Riva resiste a ogni tentativo di imitazione. Da 44 anni e un giorno. Risale infatti al 29 settembre 1973 la rete (la seconda degli azzurri nel 2-0 dell’amichevole con la Svezia) con cui supera Giuseppe Meazza, 34 a 33, nella classifica dei bomber azzurri. La 35esima e ultima tarderà meno di un mese: arriva in un altro 2-0, stavolta alla Svizzera (per le qualificazioni mondiali) nel corso della sua partita in azzurro numero 39. Diventeranno 42 in totale, dopo l’ultima presenza contro l’Argentina, proprio alla successiva Coppa del mondo in Germania. Da allora soltanto Del Piero e Baggio si sono illusi di raggiungerlo, fermandosi però a quota 27. Per comprendere ancora di più la dimensione di questo record, oggi lontano anche per Andrea Belotti e Ciro Immobile, è giusto sottolineare non soltanto che a quei tempi si giocavano meno partite, ma soprattutto che Riva – nato il 7 novembre 1944 a Leggiuno, Varese - ha lasciato la Nazionale subito dopo quel Mondiale, quando non aveva ancora compiuto 30 anni! Colpa un po’ della rivoluzione tecnica avviata da Fulvio Bernardini che chiuse definitivamente le porte anche a Sandro Mazzola e Gianni Rivera, e un po’ degli infortuni che gli avevano già tolto cinque partite per due gravi fratture. Nessuno come lui anche in questo senso, perché Gigi Riva ricorda di essere stato l’unico ad aver sacrificato due gambe per la maglia azzurra: la sinistra nel 1967, a Roma, in uno scontro con il portiere portoghese Americo e la destra, tre anni dopo a Vienna, con doppia rottura di tibia e perone, per un’entrata dell’austriaco Hof.

Eppure, malgrado una carriera così breve con due gravi infortuni, Riva rimarrà per sempre nella storia del calcio, al di là dei grandi numeri che lo accompagnano. Numeri dei gol e numero di maglia, perché quando pensi a lui lo rivedi con FU, che lui volle fin dall’esordio nel Cagliari per emulare il suo primo idolo: lo svedese dell’Inter, Naka Skoglund. Numero 11 anche nei due Mondiali giocati, ma non al debutto in azzurro a vent’anni, nel corso di un’amichevole, a Budapest, il 27 giugno 1965. Mondino Fabbri lo manda in campo al posto dell’infortunato Pascutti e il telecronista Nicolò Carosio lo chiama a lungo Simoni, perché Riva, accomodatosi in panchina con una maglia senza numero, la chiede in fretta al suo compagno vicino che ha il 22 e gioca con quella.

Presente soltanto in viaggio-premio al Mondiale 1966 in Inghilterra, per trovare il suo primo gol bisogna aspettare il 27 marzo 1967, quando, alla terza partita da titolare, si scatena con una tripletta contro Cipro, per la gioia di Ferruccio Valcareggi che stravede per lui. E con il quale Gigi Riva vive i suoi meravigliosi anni azzurri, segnando in ogni modo, di testa, e soprattutto con il suo straordinario sinistro, in corsa o su punizione, con potenza e precisione, in area e da fuori, con tiri rasoterra o a mezz’altezza. È lui, nella finale bis del 1968 all’Olimpico di Roma, a firmare – naturalmente di sinistro – l’l-0 contro la Jugoslavia che spiana la strada al successo che vale l’unico Europeo vinto dall’Italia. Ed è ancora lui a segnare una doppietta contro i padroni di casa nei quarti del Mondiale messicano del 1970, ripetendosi poi con un gol nei supplementari contro la Germania Ovest, prima di arrendersi al Brasile di Pelé.

Fermarlo, quando scattava dalla sinistra e convergeva verso il centro, era quasi impossibile ed è fin troppo facile pensare che oggi Riva segnerebbe molto di più, in generale perché i tiri deviati non sono più considerati autogol, in particolare perché gli attaccanti sono più tutelati e meno esposti ai colpi proibiti dei difensori. Per capire fino in fondo la grandezza di Riva basti però pensare che, a oltre quarant’anni dal suo addio al calcio (in Cagliari-Milan 1-3 dell’1 febbraio 1976), si continua a cercare invano il suo erede. E così, più passa il tempo, più anche chi lo scopre soltanto su YouTube si convincerà. Perché nessuno è come Riva.