Il Sole 24 Ore, 10 ottobre 2017
Cesareo (Confindustria): molte imprese sono in attesa di conoscere il loro destino. A Taranto timori anche per l’indotto
Lo stop del Governo alla trattativa con l’Ilva rasserena un po’ gli animi a Taranto ma non fa diminuire lo stato di allerta. La partita, per la città, rimane infatti delicata perchè gli aspetti in gioco sono tanti: 3.331 esuberi sui 4mila totali prospettati da Am Investco, la riduzione economica a seguito del nuovo inquadramento dei lavoratori (a Taranto i sindacati hanno calcolato una riduzione media del 20% del totale retributivo). Eppoi, il futuro del personale delle imprese appaltatrici (dalle manutenzioni alle mense: 7.346 addetti che fanno capo a 346 aziende) e quello delle stesse imprese, «scottate» dai 150 milioni di vecchi crediti finiti nella massa passiva dell’amministrazione straordinaria e ora dall’incerto ritorno. Ed è per tutti questi motivi che ieri l’adesione allo sciopero nel siderurgico è stata alta, quasi totale dicono i sindacati. L’Ilva già dalle 21 di domenica ha fermato un primo altoforno, a cui è seguito un secondo alle 3 della notte, e l’acciaieria 2 alle 6,30 di ieri, in modo da tenere in attività al minimo solo un impianto e avere così un flusso controllato da parte delle squadre «comandate» (3-400 persone). Non c’è stato un corteo in città, nè sono state bloccate le strade, ma già dalle 6 gli operai hanno cominciato a radunarsi a gruppi davanti alle portinerie. A uno dei presidii, davanti all’ingresso dei tubifici, è andato il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci: «Ringrazio il ministro Calenda per aver aperto un costruttivo canale di dialogo con l’amministrazione in giorni così delicati. La città e i sindacati d’ora in poi devono essere ascoltati. Abbiamo messo in moto una rete unita che porta avanti istanze comuni. Taranto, se ascoltata, può essere un’opportunità».
«Calenda ha fatto bene a fermare la trattativa – sostiene il presidente di Confindustria Taranto, Vincenzo Cesareo –. L’impatto della proposta di Am Investco non sarebbe stato sostenibile ed è opportuno che adesso si faccia una discussione più approfondita. Oltre agli esuberi, qui ci sono anche tante imprese che non sanno cosa le attende e se per loro ci sarà o meno un futuro. E sono imprese già segnate dalla mancata restituzione dei vecchi crediti». Per Cesareo, «la questione Ilva non è solo la forza lavoro diretta o la bonifica ambientale, ma un insieme di temi su cui bisogna confrontarsi e chiarirsi coinvolgendo anche le istituzioni locali. Ci sono gli spazi per ripartire».
«Il fatto che la trattativa con Am Investco sia stata fermata dal Governo è stato valutato positivamente dai lavoratori – commenta Biagio Prisciano della Fim Cisl Taranto –. È stato utile alzare subito i toni della protesta con lo sciopero e mandare un segnale inequivocabile al Mise». Rincara Antonio Talò della Uilm Taranto: «È solo un primo, importante passo. Sicuramente dobbiamo proseguire nella nostra battaglia. In questi decenni si è sofferto e si è pagato tanto in termini di salute, ambiente, salario e occupazione». E per la Cgil di Taranto non basta dire ad Am Investco che deve tornare alla proposta iniziale (50mila euro come media retributiva). Bisogna anche «anticipare i lavori di applicazione delle prescrizioni dell’Aia, salvaguardando i livelli occupazionali e ambientalizzando la fabbrica» e «tutelare i lavoratori dell’indotto».