Libero, 8 ottobre 2017
La figlia ribelle di Padoan espulsa dalla Calabria
Espulsa da San Ferdinando, provincia di Reggio Calabria, per tre anni. È successo a Veronica Padoan, figlia del ministro dell’Economia Pier Carlo: ha ricevuto un foglio di via dal questore del capoluogo, Raffaele Grassi, dopo l’ennesima manifestazione del gruppo «Campagne in lotta». Veronica è da anni in prima linea. Nella Cgil. E per difendere i migranti. In particolare quelli che lavorano nei campi del Sud e sono vittime del caporalato.
Insieme alla figlia del ministro, hanno subìto il provvedimento altre due persone. Il tutto è avvenuto dopo un approfondimento del commissariato di Gioia Tauro, scattato dopo il trasferimento degli extracomunitari avvenuto lo scorso agosto dalla tendopoli di San Ferdinando che ospita parecchi stranieri impegnati nelle campagne della zona alla nuova struttura allestita dalla prefettura.
Secondo le forze dell’ordine, la figlia del ministro è responsabile di «attività di disturbo e interferenza», perché ha animato delle manifestazioni nell’agosto scorso. Più volte. A San Ferdinando e in altri centri della zona. Tecnicamente, s’è resa responsabile di «associazione semplice finalizzata all’istigazione alla violazione delle leggi», e ora la procura di Palmi dovrà valutare il da farsi. Padoan jr e compagni hanno infatti guadagnato pure una denuncia. Non è la prima occasione in cui «Veronica la ribelle» mette in imbarazzo papà. Passino le battaglie in seno al sindacato rosso, dove è specializzata nei diritti degli extracomunitari tanto da aver sfornato relazioni sulle condizioni di sfruttamento (lavora all’Ires, l’istituto di ricerche economico-sociali della Cgil).
Mesi fa, era balzata agli onori delle cronache per un’altra manifestazione a favore dei migranti. Sempre in Calabria. Cercò di intercettare il ministro Andrea Orlando, arrivato sul posto per un incontro istituzionale. Lei era lì. Scatenata. «Ministro Orlando, ci vediamo a Roma, perché se non ci ascoltate dobbiamo andare da un’altra parte» urlò al megafono.
Domanda dei giornalisti: scusi, ma lei è figlia di un collega del Guardasigilli! «Se permettete, non dovrebbe essere importante chi sono ma quello che dico» rispose secca. Poi tornò a strillare contro la prefettura, indicando l’edificio e intonando il coro: «Questo palazzo non serve a un ca...».
Veronica, raccontano alcuni siti, «ha collaborato con numerosi istituti di ricerca e istituzioni», tra cui l’Anci, l’ufficio statistico del Comune di Roma, l’Iprs (Istituto psicoanalitico per le ricerche sociali). Sua sorella Eleonora ha altri interessi: di lei si parlò perché, nel 2015, fu assunta a tempo indeterminato da Cassa depositi e prestiti. Il tutto suscitò qualche interrogativo, visto che ottenne il contratto senza concorso, ma l’ente non rientra nella pubblica amministrazione fu la spiegazione ufficiale e quindi la scelta arrivò dopo un’accurata selezione cominciata quasi un anno prima.
La grana calabrese piomba nel salotto di casa Padoan poche settimane dopo il litigio tra il ministro e la leader della Cgil Susanna Camusso, a proposito della manovra. La sindacalista non ha gradito alcuni passaggi dell’esponente del governo, voluto da Matteo Renzi e poi confermato da Paolo Gentiloni.
Evidentemente, avere il timone dell’Economia non permette di risolvere facilmente i problemi, tanto meno quello dei migranti, e infatti Veronica non ha mai abbandonato i toni bellicosi. A febbraio, il segretario regionale del Coisp Calabria Giuseppe Brugnano sbottò: «È dannosissimo cavalcare l’emergenza immigrazione con il populismo di piazza. La figlia del ministro dovrebbe saperlo bene», e chiese al responsabile di via XX Settembre di prendere le distanze. «Sarebbe bello vedere una donna così vicina al mondo istituzionale e partitico fare un corteo pro forze dell’ordine» continuò Brugnaro «soprattutto in una regione come la Calabria, dove lo Stato è in guerra contro l’anti stato».
Ma Padoan padre non disse nulla. E Veronica la ribelle non ha smesso di gridare al megafono.