Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  ottobre 07 Sabato calendario

Tutti contro la Catalogna. Le grandi aziende scappano

La Guardia Civil ha chiesto scusa per le botte elettorali, ma è sembrato più che altro un convenevole di facciata. Anche perché, ha puntualmente precisato il prefetto spagnolo in Catalogna Enric Millo, colui che si è fatto latore dell’ammenda, «la responsabilità finale delle violenze ricade sulla Generalitat, che si è rifiutata di rispettare l’ordinanza del Tribunale di annullare il referendum». E anche sui Mossos d’Esquadra, che non hanno fatto nulla per evitare che la consultazione si svolgesse. E i cui vertici sono stati giusto convocati ieri dal Tribunale di Madrid per rispondere di un’altra accusa specifica, che riguarda i fatti successi una decina di giorni prima, quando gli stessi Mossos si sono rifiutati di intervenire contro i manifestanti che assediavano per protesta il ministero dell’Economia mentre all’interno la Guardia Civil eseguiva delle perquisizioni ordinate dalla magistratura. 
Josep Lluis Trapero, il capo dei Mossos ma anche già il simbolo della resistenza catalana, e la sua intendente Teresa Laplana (datasi per malata ma presente in teleconferenza), rischiano fino a 15 anni di galera. I giudici hanno anche ascoltato le deposizioni di Jordi Sanchez dell’Assemblea nazionale catalana e Jordi Cuixart di Omnium Cultural, ritenuti invece responsabili della stessa manifestazione che ha bloccato gli agenti nel palazzo dell’Economia. 
Contro di loro la magistratura non ha ritenuto necessario ordinare alcuna misura cautelare e Trapero ha potuto così ritornare nella sua Catalogna, non prima però di essersi preso la sua dose di insulti dai madrileni che lo attendevano in Calle de Genova fuori dal Tribunale. Saranno probabilmente gli stessi che oggi affolleranno le strade della capitale per la manifestazione indetta dalla Fundación para la Defensa de la Nación Española in «difesa della nazione, della Costituzione e dello Stato di Diritto». Una manifestazione anti-indipendentista è prevista anche domani a Barcellona, convocata dalla Sociedad Civil Catalana al grido di «Prou! Recuperem el seny» («Basta, recuperiamo il senno»), proprio nel giorno in cui si sarebbe dovuta tenere un altro corteo secessionista. 
Quest’ultimo sarà probabilmente rimandato a martedì quando il presidente della Generalitat Carles Puigdemont dovrebbe tenere un discorso al Parlament per fare il punto «sull’attuale situazione politica». 
Un bel passo indietro, dopo che la Corte costituzionale ha impedito la plenaria di lunedì durante la quale lo stesso Puigdemont avrebbe voluto formulare ben altro discorso contenente la dichiarazione di indipendenza della Catalogna. Secondo i giornali dell’establishment (El Pais ed El Mundo) il numero uno della Generalitat starebbe in questo modo prendendo tempo per trovare una soluzione negoziata con il premier Mariano Rajoy, la stessa auspicata anche ieri dall’Unione Europea che ha comunque ribadito con il portavoce capo della Commissione Europea Alexander Winterstein che si tratta di affari interni della Spagna, «fermo restando che una Catalogna indipendente sarebbe automaticamente fuori dall’Europa».

Da Madrid prosegue anche l’offensiva economico-finanziaria, con il varo di un decreto ad hoc, ufficializzato dal ministro Luis de Guindos, per facilitare la fuga delle banche catalane annunciata nei giorni scorsi. Agli istituti di credito si sarebbe poi unita anche una lista di aziende pronte a dire addio a Barcellona in caso di indipendenza. Tra queste Abertis, multinazionale del settore infrastrutture di trasporto, Gas Natural Fenosa, la società di tlc Cellnex e la farmaceutica Grifols. Al coro delle prefiche economico-finanziarie si è aggiunto il Fondo Monetario Internazionale che avverte come una «prolungata incertezza» in Catalogna «potrebbe pesare sulla fiducia e gli investimenti» in Spagna nonostante le buone prospettive economiche del Paese. 
Da Madrid però non arrivano solo fulmini e minacce, ma anche proposte sensate, tipo un invito al governo catalano al ritorno alle urne, stavolta per delle elezioni regionali. «Sarebbero un bene, affinché si sani questa frattura», ha chiosato il portavoce dell’esecutivo di Madrid, Ignacio Mendez de Vigo. E forse sarà questa la soluzione che alla fine metterà d’accordo tutti.