la Repubblica, 8 ottobre 2017
«Non ho ancora finito voglio l’oro olimpico». Intervista a Vincenzo Nibali
COMO Il nuovo Nibali è nato ieri. È un corridore che ha scoperto qualcosa che forse ha sempre saputo: le Classiche possono essere, dopo mille battaglie nelle grandi corse a tappe, il suo futuro. Così il 2018 sarà il primo anno di una nuova vita in bici, che a 33 anni quasi compiuti il siciliano immagina ancora molto lunga.
Cosa le è rimasto da sognare, dopo cinquanta vittorie, dieci podi tra Giro, Tour e Vuelta, due Lombardia e tanto altro?
«Un Mondiale e un’Olimpiade, voglio vincere un Mondiale e un’Olimpiade».
Innsbruck 2018, Tokyo 2020. Quando gli anni saranno quasi 36.«Ora sono quasi 33 ma ne sento assai meno. Mi diverto, le vittorie mi danno stimoli nuovi, e anche in questa stagione, dove tutto è stato nuovo, dalla squadra ai materiali all’ambiente, ne sono arrivate tre di grande qualità: la tappa di Bormio al Giro, quella di Andorra alla Vuelta, e questo grande Lombardia, al termine di una giornata perfetta».Le corse in linea, le Classiche, saranno dunque il suo nuovo terreno di caccia?«Mi piacerebbe fare bene alla Liegi, davvero. La Sanremo, senza le Mànie, è una corsa troppo semplice, la Liegi-Bastogne-Liegi è molto adatta a me, è una corsa che mi affascina moltissimo».Correre la Liegi per vincerla vuol dire niente Giro, in genere.«L’ho corsa bene solo nel 2012, e allora stavo preparando il Tour, il Giro certo è troppo vicino. Ma è presto per fare programmi, vedrò i percorsi delle corse a tappe e sceglierò. Il Mondiale di Innsbruck, così duro, è molto adatto a me. Può essere l’ultima occasione per una maglia iridata».La vittoria al Lombardia per due volte è arrivata in discesa. Lei ha vinto molte corse in questo modo, ma ha anche perso un Mondiale (2013) e l’Olimpiade di Rio cadendo proprio in discesa. Un corridore riesce a buttarsi senza pensare ai brutti ricordi, alle corse perse, al dolore provato?«Ho sempre saputo, me lo disse il mio ds alla Liquigas Stefano Zanatta, che la discesa è un terreno favorevole a me. Capita a volte di pensarci, ma dopo, quando sei concentrato su un obiettivo non tiri i freni, provi ad andare a tutta, e il vuoto fatto ti gasa, ti spinge oltre. Le cadute poi fanno parte dell’esperienza, anche da quelle si impara».Questa vittoria quando è nata?«Alla Vuelta, chiusa in crescendo, con un bel 2° posto. Sono uscito con un’ottima condizione, e l’ho mantenuta nelle corse di avvicinamento, in cui ho centrato molti piazzamenti. E poi nel momento dell’attacco di Pinot, mi sono sfilato e sono partito da dietro nel punto più duro del Civiglio. Mi marcavano, mi sono detto “inventati qualcosa”, e l’ho fatto. Squadra esemplare, tutti, mio fratello compreso. La gente mi ha aiutato moltissimo».Più bello questo o il suo primo Lombardia, quello del 2015?«Questo è stato più difficile perché ero marcatissimo. Qui spesso mi alleno, conosco meglio queste strade rispetto a due anni fa. È una corsa bellissima ed è anche bello che sia in questa parte della stagione, per dare a molti corridori un motivo per restare in forma e andare forte anche dopo i Mondali».Peccato finisca ora, la stagione.«Riposiamoci e ripartiamo. Sarà un’annata intensissima, la prossima».©RIPRODUZIONE RISERVATA