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 2017  ottobre 09 Lunedì calendario

I fratelli che vogliono salvare la barca perduta di Jacques Brel

Jacques Brel sceglie di fuggire dal successo imbarcandosi su un veliero da sogno. Il suo viaggio finisce purtroppo in anticipo, alle isole Marchesi; lo affonda un cancro ai polmoni. Ma la barca prosegue la rotta, passando di mano, vivendo altri sogni, altre avventure, persino un sequestro per traffico di droga, fino al naufragio. E, adesso, a una possibile rinascita.
È il 1974 quando il cantautore (autore di N
e me quitte pas), poeta, attore belga acquista Askoy II. È una barca a vela di circa 20 metri per 40 tonnellate, costruita nel 1960 dal cantiere Vandevoorde di Anversa per l’architetto Hugo Van Kuyck, che naviga tra il Baltico e la Scozia. Un veliero importante, perché è uno dei più grandi mai varati in Belgio. L’artista lo paga l’equivalente di 100 mila euro e si affida alla veleria Wittevrongel per armarlo.
Non sapeva molto di mare, Brel (era però pilota di volo “a vista” e aveva girato l’Europa). Impara, frequenta corsi, divora glossari e manuali. «Si preparò con molta attenzione per il suo viaggio. Ne aveva abbastanza di tutto e voleva abbandonare la società con quella barca» raccontano oggi i fratelli Piet e Staf Wittevrongel, 69 e 76 anni, famiglia di velai, il secondo titolare della veleria cui si rivolse l’artista.
Nato a Bruxelles da una famiglia di industriali, Jacques volta pagina e naviga. Salpa con il suo veliero per le Antille, prosegue per il Pacifico. Nel ’74, la tempesta: la diagnosi del tumore, un intervento chirurgico a Bruxelles, il tentativo del giro del mondo. Alla fine si ferma alle Isole Marchesi. Approda a Hiva-Oa, con la nuova compagna Maddly Barny (si era sposato giovanissimo, aveva due figlie)., dove acquista un aeroplano per assicurare il servizio postale con l’isola di Ua-Pou. C’è ancora tempo per un clamoroso ritorno alla canzone, poi il peggioramento e la morte, a Parigi, nel 1978, a soli 49 anni. Sarà sepolto a Hiva-Oa, dove riposa anche Paul Gauguin.
Prima della tempesta finale, nel 1976, vende la sua barca a una coppia di americani, Lee Adamsson e Cathy Cleveland. La storia la racconta un navigatore italiano, Fabio Mucchi. Sembra che Brel volesse mezzo milione di dollari, Lee gliene offre 20 mila, Jacques rilancia a 25 mila e l’affare è fatto. I due nuovi proprietari prendono il largo, ma non durano a lungo: si separano e Askoy II passa al padre di lei, che ne aveva finanziato l’acquisto.
Il veliero è successivamente ceduto a Harlow Jones, che mette su un’impresa di pesca sostenibile nel Pacifico e che a sua volta vende la barca. Finisce a un tedesco, che incappa nel contrabbando di 10 tonnellate di “erba”. L’Askoy II è sequestrato alle isole Fiji e messo all’incanto. Lo acquista un giornalista kiwi, Lindsay Wright, il quale durante il viaggio di ritorno in Nuova Zelanda naufraga sotto una tempesta. È il 1994, la barca di Brel è perduta, diventa un relitto dimenticato su una spiaggia della costa nord-occidentale.
Ecco che tornano nella storia i fratelli Wittevrongel. «Siamo entrambi fan di Brel. Per me, negli Anni Sessanta, è stato addirittura un padre spirituale. Ero e sono ancora un ribelle» dice Piet. Che racconta di aver cercato il relitto di quella vela che portava nel cuore e di averlo localizzato con l’aiuto del museo marittimo di Dargaville a Baylys Beach. Nel 2008, il recupero e il trasporto dello scafo del veliero via nave dalla Nuova Zelanda al Belgio.
Il sogno è di rimetterlo in mare. «Non è stato semplice. Abbiamo costituito una fondazione, cercato fondi. Adesso l’Askoy II è in un cantiere a Zeebrugge, dove l’autorità portuale ci ha concesso gratuitamente lo spazio per tre anni. Il restauro è in corso, puntiamo a varo per il prossimo anno». I due fratelli capeggiano una mobilitazione. «Lavorano con noi tante persone, come un vecchio carpentiere di 80 anni che si occupa del legno. E poi ci sono aziende amiche». Nessun contatto, invece, con la famiglia Brel. «Siamo in pessimi rapporti. Se si parla dell’Askoy II bisogna ricordare l’ultima compagna di Jacques, che la famiglia ha respinto». Ma perché salvare il veliero? «Perchè siamo pazzi. No, dài. Per salvare anzitutto un patrimonio navale e poi perchè vogliamo che lo spirito di Brel viva anche per le future generazioni».