Corriere della Sera, 8 ottobre 2017
Come funziona la riforma del voto
Concluso l’iter in commissione Affari costituzionali della Camera, da martedì alle 15 il Rosatellum 2.0 approda nell’emiciclo di Montecitorio. Entro lunedì alle 14 è fissato invece il termine ultimo per presentare e depositare gli emendamenti, che dovranno passare il vaglio di ammissibilità della presidenza della Camera. Poi il fischio di inizio. Da regolamento i tempi risultano essere contingentati. Il motivo? «Si riprendono i lavori parlamentari sospesi nel mese di giugno quando il Tedeschellum venne affossato dai voti segreti», spiegano dagli uffici di Montecitorio. A meno di colpi di scena, che nessuno oggi esclude, si prevede il via libera definitivo di Montecitorio entro giovedì o al massimo venerdì. Da qui il testo passerà a Palazzo Madama, dove prima sarà esaminato dalla Commissione affari costituzionali. Il tutto si intreccerà con l’inizio della sessione di bilancio, il che farebbe slittare al mese di dicembre il voto finale al Senato, dove l’iter sarà meno tortuoso perché il regolamento interno non prevede la possibilità di voti segreti. Una volta approvato il testo anche al Senato non sarà però possibile tornare alle urne con la nuova legge elettorale. Entro 30 giorni dall’entrata in vigore della nuova legge il governo dovrà infatti disegnare i collegi uninominali e plurinonimali della Camera e del Senato, previo parere delle Commissioni parlamentari.
Scheda unica Vietata la scelta disgiuntaA differenza del Mattarellum, il Rosatellum prevede una scheda unica. In essa il nome del candidato nel collegio è affiancato dai simboli dei partiti che lo sostengono. Il voto si esprime tracciando un segno sul contrassegno della lista prescelta ed è così valido sia per la lista sia per il candidato dell’uninominale. Qualora si tracci un segno solo sul candidato del collegio uninominale il voto è valido anche per la lista, e nel caso di più liste sarà ripartito tra tutte quelle presenti in proporzione ai voti ottenuti nel collegio. Il voto è unico e non è consentito il voto disgiunto. Non sarà possibile – per fare un esempio – scegliere un candidato del collegio uninominale del M5S e un candidato del Pd in quello plurinominale.
Si può correre in 5 collegi Ruolo decisivo dei leader
Rispetto al testo base le pluricandidature salgono da 3 a 5. Ci si potrà dunque candidare in un collegio uninominale e in cinque plurinonimali (listino proporzionale). Il che comporta che il voto sarà trascinato dai leader e a cascata, quando questi opteranno per un collegio, saranno eletti i candidati nelle posizioni subito successive. Un meccanismo che, spiegano alcuni funzionari dell’ufficio legislativo della Camera, «aiuterà i piccoli partiti a blindare la truppa parlamentare e impedirà agli elettori di conoscere chi verrà eletto». La norma ha fatto discutere. Alfredo D’Attore l’ha definita «sconfortante». Ma il relatore Fiano smussa: «È un dimezzamento rispetto all’Italicum, ricordo che all’epoca erano 10 le pluricandidature».
Sbarramento ovunque al 3% Meno «utili» le liste civetta
La soglia di sbarramento è al 3% per le singole liste e al 10% per le coalizioni a livello nazionale sia alla Camera che al Senato. Ap, il partito di Angelino Alfano, ha rinunciato all’emendamento con il quale si chiedeva che la soglia a Palazzo Madama fosse il 3% in tre regioni e non in tutto il Paese. Una norma caldeggiata dai centristi che avrebbe però impedito il primo obiettivo della riforma del sistema del voto: l’armonizzazione delle maggioranze parlamentari. Nel calcolo della soglia per le coalizioni non vengono comunque computati i voti dei partiti che non hanno superato la soglia dell’1 per cento. Sono le cosidette «liste civetta», che un emendamento di Forza Italia voleva «resuscitare»: è stato ritirato dallo stesso partito.
Tagliando antifrode per garantire regolarità
È stato approvato un emendamento che introduce una novità nella scheda elettorale. I cittadini che si recheranno alle urne alle prossime politiche si troveranno fra le mani una scheda dotata di un tagliando antifrode. «Un’idea innovativa – spiega Emanuele Fiano – per evitare lo scambio delle schede ballerine». Ogni scheda infatti avrà un tagliando rimovibile, dotato di codice alfanumerico progressivo che sarà rimosso e conservato dall’ufficio elettorale prima dell’inserimento della scheda nell’urna. Il meccanismo sarà il seguente: si stacca il tagliando dalla scheda, si controlla che il numero sia stato lo stesso annotato prima della consegna, e successivamente si pone la scheda nell’urna.
Niente firme per i gruppi già presenti in Parlamento
Sono state introdotte due norme sulla raccolta firme. La prima, già ribattezzata «Salva Mdp», estende l’esenzione della raccolta firme ai partiti che hanno un gruppo parlamentare e che si sono formati prima del 15 aprile 2017 (il testo base fissava la data al primo gennaio, tenendo così fuori Mdp). Un’altra modifica, che vale solo per le prossime elezioni servirà ad aiutare ad esempio Direzione Italia di Raffaele Fitto. In sostanza si dimezza a 750 il numero delle firme in ogni collegio per i partiti di nuova formazione o per chi non ha un gruppo in Parlamento. Sarà inoltre possibile, pure in questo caso solo per le prossime elezioni, l’autentica delle firme per la presentazione delle liste da parte di avvocati abilitati al patrocinio in Cassazione.