Gazzetta dello Sport, 7 ottobre 2017
Il Nobel per la Pace agli “anti-atomica”. Ma è così reale il rischio bomba?

Sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo oggi c’è una svedese bionda, occhi azzurri e bel sorriso.
• Una nuova modella?
No, si chiama Beatrice Fihn, ha 37 anni ed è la direttrice esecutiva dell’Ican, una sigla che, tradotta in italiano, significa “Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari”. Si tratta dell’organizzazione no profit a cui ieri è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace. Nella sua motivazione, il comitato di Oslo ha spiegato che la scelta è caduta sull’Ican per «il suo ruolo nel fare luce sulle catastrofiche conseguenze di un qualunque utilizzo di armi nucleari e per i suoi sforzi innovativi per arrivare a un trattato di proibizioni di queste armi». Data la crisi nordcoreana in corso e il braccio di ferro fra Stati Uniti e Iran sul trattato sul nucleare, mi pare chiaro che questo premio ha una chiara valenza politica.
• Aspetti, prima di iniziare a pontificare su Trump, Kim e geopolitica, mi dica qualcosa in più su questa Beatrice e sulla sua no profit.
L’Ican è stata fondata nel 2007, ha sede a Ginevra e raccoglie 468 organizzazioni attive in 101 Paesi. La sua direttrice ha studiato relazioni internazionali a Stoccolma e legge a Londra. Solo tre giorni fa aveva scritto su Twitter: «Trump è un imbecille». Una frase che ieri, nella conferenza stampa dopo l’annuncio del Nobel, ha cercato di giustificare così: «Voleva essere una battuta. Stavo citando il segretario di Stato Rex Tillerson. Anche se ora un po’ me ne pento». Al di là delle battute infelici, l’organizzazione guidata dalla Fihn è stata determinante per l’approvazione da parte dell’Onu del Trattato sul divieto delle armi nucleari, il primo accordo internazionale legalmente vincolante per la completa proibizione delle armi atomiche, approvato lo scorso luglio da 122 Paesi, dopo due settimane di discussioni.
• Mi sembra un gran successo.
Insomma. Ai negoziati non hanno partecipato né le nove nazioni che possiedono armi nucleari né i Paesi che fanno parte della Nato, compresa l’Italia. Senza la ratifica di chi ha le bombe, è difficile parlare di un accordo riuscito. In realtà, Russia e Stati Uniti avevano già firmato nel 2011 un’intesa per il disarmo, chiamata New Start. Ma da allora hanno fatto poco o nulla per renderla realmente operativa. Anzi, Mosca e Washington hanno in corso costosissimi programmi per la costruzione di bombe più potenti e di nuovi missili, bombardieri e sottomarini per il lancio di testate nucleari. Anche Obama aveva lanciato un programma da 400 miliardi di dollari da investire tra il 2017 e il 2026 in questo settore. Non parliamo poi di Trump: già nel suo discorso di debutto al Congresso annunciò un aumento delle spese militari, sostenendo: «Immaginiamo che qualche terrorista ci attacchi: non dovremmo rispondere con armi nucleari?».
• Ma quante testate nucleari ci sono al momento nel mondo?
Sarebbero oltre 15 mila, di cui circa un terzo schierate, cioè pronte all’uso (ma i dati disponibili non sono univoci). Di queste, gli arsenali americani e russi ne hanno una quantità quasi equivalente: 7 mila in Russia (1.790 operative) e 6.800 negli Stati Uniti (1.800 schierate). Le due potenze nucleari europee, Francia e Gran Bretagna, detengono rispettivamente 300 testate (quasi tutte schierate) e 215 testate (più della metà schierate). La Cina ha 260 bombe ma non si sa quante siano quelle operative, mentre gli eterni nemici India e Pakistan ne hanno circa 130 ciascuno. Anche le 80 atomiche di Israele sono pronte all’uso. Infine la Corea del Nord, che sembra averne meno di una ventina, il triplo secondo Washington...
• Con tutte queste bombe in giro per il mondo c’è il rischio reale di una guerra nucleare?
Dalla Guerra Fredda abbiamo imparato che avere gli arsenali colmi di testate nucleari non significa necessariamente che una guerra di distruzione di massa sia imminente. Certo, il vento sembra spingere in quella direzione. I lanci di testate nucleari da parte di Pyongyang si sono fatti sempre più frequenti. Il regime nordcoreano ha condotto negli ultimi mesi una serie di test con missili balistici Hwasong che gli consentono di minacciare con armi nucleari non soltanto il Giappone e la base americana di Guam nel Pacifico, ma addirittura la costa ovest degli Stati Uniti e l’Europa. E ora che il Presidente americano ha fatto sapere di non credere alla via diplomatica la situazione si fa più complicata. A questo si aggiunge l’acuirsi delle tensioni con l’Iran, proprio mentre l’amministrazione Trump si prepara a smontare l’accordo sul nucleare iraniano fortemente voluto da Barack Obama. Un accordo che prevedeva che Teheran rinunciasse al suo programma atomico in cambio della revoca delle sanzioni. La prossima settimana, il 15 ottobre, si consumerà il primo passo di questo smantellamento, quando, davanti al Congresso riunito, Trump dichiarerà l’Iran inadempiente, almeno stando alle anticipazioni del Washington Post. Una posizione che metterebbe gli Stati Uniti in netto contrasto con Vladimir Putin, grande alleato dell’Iran.