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 2017  ottobre 08 Domenica calendario

Pavese-Salgari: amore indiano di un cowboy per la sua Olga

La vita e l’opera di Cesare Pavese (1908-1950) sono state scandagliate in decine di saggi. E dello scrittore di Stefano Belbo è stato indagato quasi tutto ciò che si poteva indagare. Mancava, però, una riflessione sui suoi rapporti con un altro romanziere, il veronese Emilio Salgari, che si uccise a Torino come lui, e che Pavese, da ragazzo, aveva molto amato. Due versi dei Mari del Sud, una delle poesie più famose, testimoniano la passione salgariana: “Oh da quando ho giocato ai pirati malesi, /quanto tempo è trascorso”. Ma c’è di più. Nota Felice Pozzo, uno dei maggiori biografi e conoscitori di Capitan Emilio, che ad accostare i due c’è una “tragica coincidenza biografica”. Salgari “si tolse la vita a 48 anni lasciando scritto ‘Vi saluto spezzando la penna’, e Pavese a 42, con un messaggio analogo: ‘Non parole. Un gesto. Non scriverò più’”.
Ora, proprio grazie a Pozzo e a Mariarosa Masoero, che dirige il Centro studi Gozzano-Pavese delle Università di Torino e del Piemonte Orientale, si scopre che l’autore del romanzo La luna e falò, intorno ai quindici anni, all’epoca del ginnasio, compose addirittura un poemetto in terzine dantesche ispirato da Salgari.
È intitolato Amore indiano, ha un valore letterario ovviamente assai modesto, ma è indicativo per cogliere qualche tratto della personalità del Pavese giovane, lettore appassionato del grande narratore veronese di avventure e altrettanto appassionato, e timidissimo, innamorato. Tra i protagonisti compare una certa Olga: è certamente Olga Casati, una compagna di scuola della quale si era invaghito. Pur non avendo mai osato dichiararle il suo amore. È menzionata da Dominique Fernandez ne L’Échec de Pavese, dove scrive come il suo nome appaia, al pari di quello di Pavese, nell’elenco degli allievi di Augusto Monti per l’anno 1923-24. Rimasto tra le carte pavesiane e mai reso noto fino a oggi, sebbene ne avesse accennato il critico Lorenzo Mondo, esce a fine ottobre nel volume Inediti di Pavese. Curato dalla Masoero e da Pozzo, che mette in luce nel suo scritto assonanze e citazioni salgariane, il libro contiene anche Dodici giorni al mare, un diario del 1922. A pubblicarlo è la casa editrice genovese Galata, che aveva già stampato il diario citato qualche anno fa con una introduzione della stessa Masoero, studiosa autorevole di Pavese.
Ricorda Mondo in Quell’antico ragazzo. Vita di Cesare Pavese che al “periodo ginnasiale appartiene un poemetto in terzine dantesche (ne rimangono tre canti e un frammento) ispirato ancora una volta a Salgari. Il cowboy Arnoldo e la sua ragazza Olga vengono catturati dai guerrieri Pawnees. Li attende la tortura e la morte, ma un giovane capo, preso d’amore per la bella prigioniera, pratica un’apertura nella tenda e, con la disperazione nel cuore, li lascia fuggire”. Pavese, afferma Mondo, “si è travestito da indiano per confessarsi perdente, lei infatti si chiama Olga come la compagna di scuola della quale è segretamente invaghito”.
Tutto, nel poemetto, è in stile salgariano. Pozzo scrive nel suo testo: “Non solo vi ho ritrovato il papà di Sandokan: c’è anche l’eco di quel vasto mondo di carta e di avventura che, per così dire, ha costituto il nutrimento dei ragazzi al tempo del giovane Pavese e persino ai tempi del giovane Salgari”.
Tutto “ciò si evidenzia già nell’incipit del poemetto, con l’apparizione della prateria, del ‘prato immenso in ogni lato’, descritto a lungo, con la sua flora variopinta, i suoi profumi, le sue seduzioni, il suo apparire come il vasto mare”. E il ritratto di Olga, prosegue Pozzo, “i capelli fini, la pelle altrettanto fine, le labbra coralline, le manine affusolate, la sottile e flessuosa ‘vitina’ e via dicendo, trovano infatti preciso riscontro nelle pagine di Salgari”. Pagine, peraltro, che Pavese continuava a leggere diverso tempo dopo la stesura del poemetto. “Libri – rammenta Pozzo – che lo accompagneranno ancora qualche anno”, visto che nell’agosto 1929 scrisse a un amico di avere “passato l’inverno rileggendo Salgari e il ciclo dei moschettieri”.