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 2017  ottobre 07 Sabato calendario

Gaetano Cappelli. La crema antirughe per essere cool è la pomata contro le emorroidi

Se uno ci si mette, scavando nella memoria o esplorando gli scaffali della propria libreria, di libri «così» ne trova un discreto numero: per esempio, l’ormai leggendario Bon Ton di Lina Sotis, oppure L’elogio della cravatta dello squisito Giovanni Nuvoletti, o il più recente La parigina – Guida allo chic di Ines De La Fressange. In più, a ben pensarci, con libri «così» confinano anche ironiche ricognizioni sociologiche come, da una parte, il celeberrimo Dizionario dei luoghi comuni di Gustave Flaubert (o magari il più esoterico e novecentesco, ma similare, Deposito cartacce di Alberto Arbasino), e dall’altra ricognizioni letterarie nello stile del delizioso Dizionario del dandy di Giuseppe Scaraffia. Ma cosa sono questi libri «così»? Sono testi, di solito a voci, come nei dizionari o nelle enciclopedie, in cui si tenta di mettere ordine in ciò che viene ritenuto elegante, accettabile in società, di moda, insomma in ciò che una volta si diceva chic e oggi cool, contrario di ciò che è dozzinale, volgare, e in fin dei conti da evitare. Gaetano Cappelli è un romanziere colto, sofisticato, spiritoso, spesso irriverente, qualche volta persino piccante (per esempio nel recente Scambi, equivoci, eppiù torbidi inganni, Marsilio 2015), ed è uno scrittore che nei suoi libri si diverte anche a dire ciò che è brutto e ciò che è bello, d’abitudine col piglio del dandy, adottando un punto di vista ricercato e personale ma usando i tic dei suoi personaggi o gli snodi di trama. In questo Ma quanto sei cool – Piccola guida ai capricci del gusto, che non è un romanzo, Cappelli si infila nella scia dei vari Elogi, Guide e Dizionari, mettendosi sì in cattedra e dicendo fuori dal tessuto narrativo ciò che per lui (cioè non per i suoi personaggi!) è bello o brutto, ciò che è chic e ciò che è di cattivo gusto, ma lo fa da par suo, e cioè prendendosi sul serio ma non troppo, scherzandoci su, sfottendo prima di tutto sé stesso e poi, molto, il mondo intero. D’altronde come si fa? Ciò che è in è out», diceva il giovane modello supercool Victor Ward nel romanzo Glamorama di Bret Easton Ellis, ambientato nel mondo della moda, per aggiungere subito dopo che «ciò che è out è in», in una circolarità che non ammette assoluti, da cui non si esce, perché una base scientifica del cool, dell’in, dell’out, ovviamente non c’è. Dunque Gaetano Cappelli, che ne è perfettamente consapevole, senza pretendere di dare alcuna verità definitiva compila questo spassoso catalogo, spesso utilizzando «spin off» della sua produzione narrativa (leggi articoli per riviste e quotidiani), divertendosi un mondo a dar voce alle sue personali idiosincrasie e ossessioni. C’è un capitolo, per esempio, sulla cura del corpo, dove tra le cose cool (e sì, certo che si fa perno sull’evidente gioco di parole...) troviamo la preparazione H, ma usata come crema antirughe e non per il suo impiego convenzionale, e anche i bigodini, che riaccendono oggi le passioni del maturo Gaetano ricordando quelle del Gaetano prepuberale per la bigodinatissima cognata del compagno di banco, mentre tra quelle uncool finisce la Ferro China Bisleri, vecchio digestivo quasi farmaceutico a base di citrato di ferro, protagonista di una disavventura di Cappelli in compagnia del critico letterario Antonio D’Orrico. E ci sono altri capitoli, per esempio ancora, dove la distinzione tra cool e uncool viene lasciata sullo sfondo, con un piede nella porta del libro grazie alla scheda che chiude ogni pezzo, come nel caso di «Viaggi e tempo vacante», capitolo in cui la narrazione si mescola col ricordo, con la nostalgia, finendo per consegnarci un libro che forse non ci chiarirà cosa dobbiamo fare o indossare per essere alla moda, ma ci regalerà però un’infornata di dolcissime madeleine, capaci di farci piacevolmente viaggiare (nel tempo) stando ben comodi in poltrona.