Il Sole 24 Ore, 7 ottobre 2017
Padoan: crisi superata, ora sfruttare al meglio le tecnologie in Italia
«Bisogna sfruttare al meglio questa congiuntura tecnologica favorevole mettendo insieme Industria e Impresa 4.0», ma anche la «Pa 4.0, perché lì molto è stato fatto, ma molto deve essere tradotto in implementazione giornaliera perché se ne sentano i benefici». Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan interviene così, in collegamento video, alla giornata conclusiva dell’EY Capri Digital Summit. E il suo è un messaggio tale da far pendere l’ago della più verso gli aspetti positivi ora che «siamo alla fine della crisi più profonda del dopoguerra» che comincia «a essere veramente dietro le spalle e adesso dobbiamo guardare avanti». In questo quadro il ministro si dice «fermamente convinto che i benefici dell’azione di governo di questi ultimi 4 anni si vedranno in modo più efficace ed evidente nei trimestri a venire».
Padoan parla a una platea in cui, come ha riassunto il ceo EY Italia Donato Iacovone, rappresentanti del mondo dell’industria, delle banche, del venture capital, dei servizi, in questa tre giorni hanno affrontato la “questione digitale” in una maniera tutto sommato insolita, senza rivolgersi a governo e istituzioni per chiedere misure e migliorie, ma soprattutto facendo i conti con ciò che proattivamente può essere nelle possibilità di ciascuno per poter far fare al Paese e al tessuto imprenditoriale nel suo insieme il salto di qualità «4.0».
Il tutto mettendo in evidenza anche i rischi che si annidano, come quello di veder affrontare discussioni partendo da impostazioni sbagliate. L’intervento di Antonio Marcegalia, presidente e ad del Gruppo Marcegaglia, leader nella trasformazione dell’acciaio, è in questo senso esplicativo quando spiega che «nel settore metalsiderurgico è stato calcolato che la digitalizzazione dovrebbe portare nel mondo in 10 anni alla perdita di 330mila posti di lavoro, il 5%. Non si tiene conto però, dall’altra parte, l’emergere di nuove competenze e la necessità del mercato di queste nuove competenze. Non credo affatto che il digitale possa portare a un saldo negativo sul versante occupazione per il nostro settore. Anzi, siamo sicuri che riusciremo a trovare il personale necessario con le competenze adeguate?». Il punto di vista di Marcegaglia sembra così evidenziare che considerare l’impatto e non le prospettive può essere fuorviante quando si parla di un digitale che impone «anche ai leader d’azienda un salto culturale nella consapevolezza di ciò che oggi l’uso dei dati può comportare nell’evoluzione positiva della propria attività» arrivando per esempio anche a «un legame più stretto con clienti e fornitori». Punto infine imprescindibile: «La formazione».
Lo è per i singoli come per le aziende. Sul palco sono saliti non a caso nello stesso panel il direttore della Luiss Business School Paolo Boccardelli, il coordinatore nazionale Digital Innovation Hub Confindustria Fabrizio Gea con Maximo Ibarra, coordinatore master in Management and technology della Luiss, in videointervista. Il colpo di pedale decisivo origina da questa interazione, ma anche dal collegamento fra le aziende – grandi, piccole e startup – in quel circolo virtuoso che passa sotto il nome di open innovation. Per il presidente dei Giovani di Confindustria, Alessio Rossi «l’open innovation è un metodo di lavoro innanzitutto. E non per guardare al futuro, ma per guardare al presente, da applicare ora». Una consapevolezza che «deve farci fare un ragionamento. Le startup affiancate a piccole e medie aziende sono un motore per l’innpovazione, per quegli impegni in ricerca e sviluppo che altrimenti potrebbero non essere alla portata di tutti, magari per mancanza di risorse. Ma questo non è più possibile: la digitalizzazione è l’unica strada possibile».