6 ottobre 2017
APPUNTI SU CESARE BATTISTI -
LA STAMPA.IT 7/10 -
Nuovo colpo di scena nella vicenda di Cesare Battisti. Il giudice federale José Marco Lunardelli di San Paolo ha accolto la richiesta di habeas corpus presentata dai suoi difensori e ha ordinato la sua scarcerazione. Battisti ha lasciato nella notte il carcere di Morumbà, nel Mato Grosso do Sul, e si è diretto a casa sua nel litorale dello stato di San Paolo. La causa per esportazione di valuta rimane aperta, l’ex terrorista non potrà allontanarsi senza permesso della magistratura.
Prima di imbarcarsi sul volo per San Paolo, Battisti si è fermato al bar dell’aeroporto internazionale di Campo Grande. I presenti raccontano che l’ex terrorista - vestito con una maglietta rossa sotto una giacca nera - era di buon umore, ha sorriso varie volte, ha letto il giornale e bevuto diversi bicchieri di birra. Poi, con gesto ironico, ha fatto un brindisi in direzione dei fotografi.
La decisione non interrompe il processo di estradizione verso l’Italia, che resta aperto. E si riduce il pericolo di fuga, visti i pedinamenti e la sorveglianza cui è sottoposto Battisti, che dovrà garantire una «presenza periodica per informare e giustificare le proprie attività» insieme con il «divieto di andarsene» dalla regione di residenza, Sao Paulo. D’altra parte Battisti era finito in cella per essere stato sorpreso mentre stava per sconfinare in Bolivia.
Intanto continua il pressing dell’Italia per ottenere l’estradizione. Il ministro della giustizia brasiliana Torcuato Jardim ha detto che il presidente Michel Temer sta studiando il caso assieme ai suoi assessori giuridici e che una decisione verrà presa nei prossimi giorni, anche se ha ammesso che si sta lavorando «senza premura». Si attende anche la risposta del giudice della Corte suprema brasiliana Luis Fux, che deve rispondere alla richiesta di protezione di Battisti presentata dai suoi legali. Secondo fonti brasiliane, Fux potrebbe pronunciarsi da qui a una settimana. Giorni preziosi per capire se l’accordo diplomatico fra Roma e Brasilia potrà finalmente andare in porto.
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LA STAMPA 7/10 - Emiliano Guanella e Grazia Longo -
La latitanza di Cesare Battisti è ormai agli sgoccioli e l’estradizione è dietro l’angolo. Il Brasile ha deciso di rimandarlo in Italia e il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha già spedito tutta la documentazione necessaria a garanzia della comminazione della pena. In base ai trattati di estradizione, infatti, occorre assicurare all’imputato lo stesso regime di detenzione previsto dalle leggi brasiliane.
In sostanza l’ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo (Pac) dovrà scontare nel nostro Paese 30 anni, come accadrebbe in Brasile, e non l’ergastolo come stabilito dalla giustizia italiana per i 4 omicidi a lui imputati.
Il presidente del Brasile Michel Temer è pronto a sostenere la strada maestra dell’estradizione, ma se questa dovesse risultare troppo complicata si procederebbe con l’espulsione. Due le incognite: una riguarda le indiscrezioni su una corrente antagonista a Temer che alimenterebbe le voci di un’estradizione imminente solo per mettere in difficoltà la sua volontà a rimpatriare l’ex terrorista. L’altra ruota intorno alla Corte suprema a cui gli avvocati di Battisti hanno fatto ricorso ben quattro volte.
Nel frattempo Battisti rimane in carcere. Il giudice federale Odilon de Oliveira, nella convalida del fermo dopo il tentativo di fuga in Bolivia, ribadisce che l’ex terrorista non solo ha «trasgredito» le norme sullo status di rifugiato politico, ma ha anche «offeso l’ordine pubblico» brasiliano. Accusato d’evasione fiscale e riciclaggio, aveva con sé un’ingente somma di denaro (6.000 dollari e 3.000 euro) che non aveva denunciato.
Ma il difensore di Battisti non si arrende, anzi. L’avvocato Igor Sant’Anna, ha sollecitato per ben quattro volte in due giorni (due mercoledì, una volta giovedì e una ieri) la risposta del ministro del Supremo Tribunale Federale Luis Fux alla richiesta di Habeas Corpus 148406 presentata lo scorso 27 settembre, nella quale si chiedeva la protezione dell’ex terrorista in vista di una possibile estradizione in Italia. Il giudice Fux ha tutto il tempo che vuole per rispondere ma potrebbe farlo anche tra oggi e domani. La sua decisione può comunque essere contestata dai suoi colleghi e portata al voto collegiale, ma potrebbe anche rifugiarsi in una sorte di limbo silenzio-assenso, attendendo le mosse del presidente Temer. La Corte Suprema brasiliana, composta da 11 giudici, si è parzialmente rinnovata rispetta a quella che decise alla fine del 2010 di autorizzare l’estradizione di Battisti, salvo poi lasciare l’ultima parola a Lula da Silva, che la negò. Cinque giudici sono cambiati, dei superstiti solo due, Marco Aurelio e Carmen Lucia, si opposero alla decisione. Fra i nuovi giudici della Corte c’è anche Luis Roberto Barroso, il cui studio legale fra il 2007 e il 2009 difese proprio Cesare Battisti e per questo, potrebbe essere impedito a votare. Nel frattempo, si sono mobilitati anche i circoli politici vicini da sempre a Battisti. L’ex senatore Eduardo Suplicy ha contattato la figlia del presidente, Luciana Temer, sua ex alleata di partito a San Paolo, per chiederle di intercedere con il padre in difesa di chi considera un «perseguitato politico, condannato ingiustamente per delitti che non ha mai commesso».
Ma oggi il Partito dei Lavoratori non è al governo e questi argomenti non fanno più eco a Brasilia. Temer, impegnato ad affrontare la seconda denuncia di corruzione contro di lui arrivata in Parlamento, avrebbe già deciso di liberarsi del peso di un dossier che mina le relazioni con un partner economico importante come l’Italia. E non gli dispiacerebbe sconfessare la decisione presa a suo tempo da Lula da Silva, che ancora oggi, nonostante i suoi guai giudiziari, continua ad essere un leader virtuale dell’opposizione. Per Battisti sembra che tutte le strade, ormai, portino a Roma.
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LA REPUBBLICA.IT 7/10 -
Cesare Battisti è di nuovo libero. Fermato tre giorni fa mentre cercava di fuggire in Bolivia, è stato rimesso in libertà nella serata di venerdì per decisione del giudice José Marcos Lunardelli, al quale avevano presentato ricorso i suoi legali. Secondo quanto riportato dal sito brasiliano G1, ripreso dall’agenzia Ansa, l’ex terrorista è già tornato nella sua casa, sul litorale di San Paolo. Prima di imbarcarsi sul volo per San Paolo, Battisti si sarebbe anche fermato al bar dell’aeroporto internazionale di Campo Grande. Secondo quanto testimoniato dai giornalisti presenti, l’ex terrorista - maglietta rossa sotto una giacca nera - era di buon umore, ha sorriso varie volte, letto il giornale e bevuto diversi bicchieri di birra. Poi, con gesto ironico, ha fatto un brindisi in direzione dei fotografi. Il giudice del ricorso ha smontato la tesi che aveva trasformato il fermo iniziale in arresto, cioè «trasgressione» alle norme che regolano la sua presenza come residente in Brasile e «offesa all’ordine pubblico». Opinioni del giudice di primo grado, dopo che il reato del fermo iniziale (esportazione illegale di valuta) non consentiva di tenere Battisti in custodia, in quanto di tipo amministrativo.
Il piano per rimandarlo in Italia
Nelle prossime ore sapremo se resterà in piedi il piano del presidente Michel Temer di rimandare al più presto Battisti in Italia, rispondendo alle richieste del nostro governo. Tutto sembrava correre in questa direzione nella giornata di ieri. Un aereo militare è fermo sulla pista di Corumbà, si infittiscono le trattative con Roma, tramite la nostra ambasciata a Brasilia. Temer starebbe aspettando soltanto il via libera definitivo dei suoi consiglieri giuridici, per firmare la consegna di Battisti all’Interpol. Per far ciò ha bisogno di sapere se è legittimo ribaltare la decisione del suo predecessore Lula, il quale nel 2010 si rifiutò di eseguire l’estradizione stabilita dal Supremo tribunale e garantì all’ex terrorista un visto di residente fisso in Brasile. La procedura sarebbe stata più semplice con un Battisti dietro le sbarre, naturalmente.
I retroscena sulla cattura
Intanto emergono retroscena sulla cattura e lo strano tentativo di fuga in Bolivia. Potrebbe essere stata una operazione preparata con cura, puntando sulle debolezze psicologiche di un uomo in fuga da 40 anni, in eterna paranoia. Le domande sono molte: perché la sua automobile è stata fermata due volte sulla strada verso la Bolivia; come mai un aereo della Fab, l’aviazione militare brasiliana, è su quella pista da giorni pronto a portarlo verso l’Italia? E infine: come mai la convalida del suo arresto è finita sulla scrivania di un giudice che ha pescato nel passato di Battisti piuttosto che giudicarlo sui fatti per cui è stato fermato?
L’ipotesi di una trappola organizzata dalle autorità brasiliane per agevolare la soluzione finale, qualcosa che assomiglia ad una deportazione blitz, si poggia sulla sequenza degli avvenimenti nelle ultime settimane. A partire dalle notizie pubblicate dal quotidiano O Globo, lo scorso 24 settembre, indicando che il governo italiano aveva nuovamente posto a quello brasiliano la questione dell’estradizione di Battisti, e che in quest’ultimo, a differenza del passato, tirasse un’aria favorevole. Poiché la richiesta italiana è di parecchi mesi prima, è legittimo pensare che la diffusione della notizia adesso sia stata un messaggio indirizzato proprio a Battisti. Unita all’esito sfavorevole del primo habeas corpus presentato dai suo avvocati, e a vari problemi di ordine personale, la paura di essere spedito in Italia avrebbe scatenato nell’ex terrorista la decisione di mettersi in viaggio verso la Bolivia. Una mossa quasi disperata.
I soldi che gli sono stati trovati in tasca (il corrispettivo di 8.000 euro) non sono certo sufficienti a garantirgli un nuovo capitolo dell’eterna latitanza, gli amici che lo hanno accompagnato in auto sono apparsi ancora più sprovveduti di lui, come risibili le motivazioni del viaggio (pesca, shopping). Non è quindi da escludere che Battisti fosse seguito da giorni e sia stato lasciato arrivare tranquillamente fino alla frontiera con la Bolivia, dove a quel punto è stato facile trovare un capo di imputazione per fermarlo.
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Prima di imbarcarsi sul volo per San Paolo, Battisti si è fermato al bar dell’aeroporto e secondo quanto testimoniato dai giornalisti presenti, vestito con una maglietta rossa sotto una giacca nera, era di buon umore, ha sorriso varie volte, letto il giornale e bevuto diversi bicchieri di birra. Poi, con gesto ironico, ha fatto un brindisi in direzione dei fotografi.
Mentre l’Italia preme per la sua estradizione, il giudice José Marcos Lunardelli, del Tribunale regionale federale della terza Regione, ha infatti concesso a sorpresa la libertà all’ex terrorista in cambio del suo impegno a presentarsi mensilmente in tribunale per dimostrare la sua residenza e a non lasciare la città in cui vive, San Paolo, senza l’autorizzazione del tribunale. Accolta dunque richiesta di habeas corpus, i suoi difensori, Igor Sant’Anna Tamasauskas e Otavio Mazieiro, hanno poi divulgato una nota alla stampa informando che stavano prendendo "tutte le misure necessarie" affinché il loro assistito fosse liberato "già stanotte".
Nel motivare la concessione dell’habeas corpus, il magistrato ha sottolineato che non esistono prove di traffico di valuta né di riciclaggio, reati per i quali Battisti era stato incarcerato, e che il suo arresto ha rappresentato una "limitazione illegale della libertà di locomozione".
L’ex terrorista dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo) è stato arrestato mercoledì nella città al confine con la Bolivia con l’accusa di esportazione di valuta (aveva con sè una somma eccedente i limiti brasiliani, 6mila dollari e 1.300 euro) e riciclaggio di denaro.
Poche ore prima, la difesa di Battisti aveva chiesto alla Corte Suprema di impedire una possibile decisione del governo brasiliano di estradarlo in Italia. La richiesta di estradizione non è stata ancora confermata ufficialmente dal governo brasiliano, ma le autorità italiane sono determinate a riportarlo in Italia e ad assicurarlo alla giustizia dopo 36 anni di latitanza tra Francia, Messico e Brasile.
Il caso adesso si è clamorosamente riaperto ma una fonte di Palazzo Planalto, che ha chiesto di non essere identificata, sostiene che il presidente brasiliano, Michel Temer, stia valutando l’estradizione di Battisti. La fonte ha rivelato che "il presidente sta aspettando la documentazione da parte del ministero della Giustizia e del ministero degli Esteri per prendere una decisione".
Temer sarebbe favorevole all’estradizione, ma attende anche il parere legale dell’ufficio giuridico della presidenza per annunciare la sua posizione: il governo non vuole incappare in scivoloni giuridici perché, anche tra coloro che sostengono l’estradizione, c’è chi ritiene che la questione possa poi essere impugnata dinanzi alla Corte Suprema Federale. Anche se non c’è alcuna scadenza, Temer è stato consigliato di annunciare la sua decisione il più presto possibile.
Dopo l’arresto a Corrumba, Battisti aveva detto di non temere l’estradizione perché si sente protetto dal decreto firmato dalla Corte Suprema che nel 2010 gli concesse lo status di rifugiato politico.
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DANIELE MASTROGIACOMO, REPUBBLICA.IT 5/10 -
RIO DE JANIERO - Il governo Temer ha deciso: Cesare Battisti sarà estradato in Italia. Mancano ancora alcuni dettagli importanti ma il piano per trasferire l’ex militante dei Pac nel nostro paese sarebbe già stato messo a punto. Il nostro connazionale verrebbe imbarcato su un aereo della Polizia federale direttamente a Corumbà, la cittadina al confine con la Bolivia dove è stato fermato e poi arrestato, e da qui raggiungerebbe l’Italia. Tutto dipende dall’esito della domanda di scarcerazione che la difesa di Battisti ha inoltrato al Tribunale Superiore Federale sostenendo che non ci sono i presupposti per il mantenimento in carcere del loro assistito perché i reati contestati non sono così gravi da prevederlo. Il caso è nella mani del giudice Luiz Fux, consigliere del TSF, che ha ereditato il fascicolo. Se anche il magistarto darà il suo assenso Battisti lascerà il Brasile nei prossimi giorni.
Secondo quanto scrive il quotidiano O Globo, che per primo svelò la presenza di una nuova richiesta di estradizione da parte dell’Italia, il piano sarebbe stato concordato in queste ore con la nostra ambasciata di Brasilia. A sostegno della nuova richiesta di estradizione mancano però alcuni documenti importanti. Il Brasile vuole avere la garanzia che Battisti sconti la pena massima prevista dalla sua legislazione: 30 anni e non i due ergastoli. L’Italia dovrà quindi allegare alla domanda un impegno in questo senso. Il requisito è contemplato nel trattato di estradizione tra i due paesi.
Il giudice che ha confermato l’arresto di Battisti, nell’udienza di convalida, è stato molto duro con l’ex militante dei Pac. "Ci sono forti indizi", ha motivato nel suo provvedimento il giudice Odilon de Oliveira, "sul fatto che l’imputato volesse espatriare in Bolivia. Era in possesso di una somma elevata di contanti in valuta estera, maggiore di quella consentita dalla legge brasiliana ed aveva molte valigie al suo seguito. Tutti elementi che confermano la sua chiara intenzione di lasciare il territorio brasiliano". Battisti aveva dichiarato alla polizia stradale che lo aveva fermato a bordo di un taxi con altri due amici di voler andare a pesca e di voler fare degli acquisti. Una volta arrivato alla frontiera era stato però fermato e perquisito e gli erano stati trovati i contanti. Avrebbe dovuto dichiararli. Ma sebbene si tratti di un reato minore, il giudice ha ritenuto che il suo "background, molto grave, impone la dichiarazione di libertà vigilata, in primo luogo per comodità di effettiva applicazione del diritto penale". Detto in altre parole: la posizione giudiziaria di Battisti impone il suo arresto perché sul suo capo non solo pende una condanna a due ergastoli passati in giudicato ma anche una richiesta di estradizione su cui il TSF si deve pronunciare. "L’imputato", si legge ancora nel provvedimento, "è stato ammesso allo status di rifugiato con tutti i diritti ma anche gli obblighi previsti. Con il suo atteggiamento ha trasgredito, almeno in teoria, a tutti i regolamenti pervisti dal rifugiato, offendendo in questo modo l’ordine pubblico".
Adesso si tratta di prolungare i termini della custodia. Cesare Battisti non potrà restare a lungo in carcere. La difesa ha già presentato il suo ricorso presso la Corte Suprema. "La Polizia Federale", si legge nel documento, "ha riportato elementi esagerati e palesamente falsi". Tra questi viene segnalato il sequestro di "un perno di plastica con dei residui di polvere biancastra" che Battisti nega di aver avuto con sé. Il perno è un tubicino, tipo provetta, che gli spacciatori usano per riempirlo di coca e consegnarlo agli acquirenti. "L’episodio", rileva la difesa, "dimostra il trattamento differenziato usato nei confronti del nostro cliente. Esiste il chiaro sospetto che l’inserimento di questo oggetto tra quelli rinvenuti addosso a Battisti sia esagerato e falso, con il solo scopo di mantenere l’imputato in custodia generando enorme attenzione nazionale e internazionale e creare le condizioni per la sua espulsione verso l’Italia".
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ROCCO COTRONEO, CORRIERE.IT
Risolvere il problema Cesare Battisti una volta per tutte con un blitz: accompagnarlo su un aereo diretto in Italia. Secondo il quotidiano di Rio de Janeiro «O Globo» questa sarebbe la soluzione al vaglio del governo di Michel Temer dopo il tentativo di fuga in Bolivia dei giorni scorsi e la sua detenzione a Corumbá, la città di confine.
L’operazione sarebbe agevolata dal fatto che un giudice federale ha trasformato il fermo per contrabbando di valuta in una prigione preventiva, nella cui motivazione si citano esplicitamente i trascorsi di Battisti, la rottura del «patto» tra l’ex terrorista e il Brasile – che gli ha concesso la permanenza nel Paese – e l’insistenza italiana per ottenere la sua consegna.
Espellere Battisti sarebbe un’operazione assai più rapida rispetto a riprendere l’iter di estradizione. Secondo alcuni giuristi basterebbe una dichiarazione italiana che si impegni a non sottometterlo, una volta in patria, alla pena dell’ergastolo, che non esiste nella legislazione brasiliana. È’ una questione rimbalzata varie volte nella lunga vicenda e punto forte della difesa di Battisti, perché in Brasile la pena massima è di 30 anni e la prigione perpetua incostituzionale. Già in passato l’Italia aveva mandato alle autorità brasiliane assicurazioni di questo tenore. Da noi, di fatto, l’ergastolo esiste ormai solo sulla carta.
La decisione finale è comunque nelle mani del presidente Michel Temer, l’unico che può annullare il decreto di Lula che nel 2010 contraddisse il via libera all’estradizione dato dal Supremo tribunale federale e concesse a Battisti il permesso di soggiorno permanente in Brasile.
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IL POST 4/10 –
L’ex terrorista Cesare Battisti è stato arrestato dalla polizia federale brasiliana nella città di Corumbà, al confine con la Bolivia. Il giornale brasiliano O Globo scrive che secondo le autorità stava cercando di scappare dal Paese dopo che il 25 settembre il governo italiano aveva chiesto al Brasile di rivedere la decisione del 2010 dell’ex presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva di rifiutare l’estradizione richiesta dall’Italia. Scrive sempre O Globo che il nuovo governo di Michel Temer sarebbe invece propenso a concedere l’estradizione, un gesto diplomatico per rinsaldare i rapporti con l’Italia.
Le vicende processuali di Cesare Battisti sono lunghe e complicate. In breve: nel 1988 Battisti venne condannato all’ergastolo in contumacia per atti di terrorismo commessi tra il 1978 e il 1979, quando faceva parte del gruppo di estrema sinistra “Proletari armati per il comunismo”. Nel frattempo nel 1981 Battisti era evaso dal carcere dopo essere stato arrestato nel 1979, ed era fuggito all’estero: prima in Francia, poi in Messico, poi di nuovo in Francia, che all’epoca applicava la cosiddetta “dottrina Mitterrand”, una politica per cui dava ospitalità agli ex terroristi italiani purché abbandonassero la lotta armata e la violenza.
La “dottrina Mitterrand” venne però abolita dal presidente Nicholas Sarkozy e nel 2004 la Francia annunciò la sua estradizione in Italia; Battisti scappò allora in Brasile dopo aver presentato ricorso al Consiglio di stato francese, alla Corte di Cassazione italiana e alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che furono tutti respinti. In Brasile venne arrestato nel marzo del 2007 e nel 2009 gli venne accordato lo status di rifugiato politico: il ministro della giustizia brasiliano, Tarso Genro, aveva stabilito che in Italia l’incolumità di Cesare Battisti sarebbe stata in pericolo per via delle sue idee politiche. Questo nonostante il parere favorevole all’estradizione del CONARE, il Comitato nazionale per i rifugiati, che si era opposto al riconoscimento dello status di prigioniero politico.
Nel febbraio 2009 la Camera dei deputati italiana votò all’unanimità una mozione del governo che chiedeva al Brasile la revoca di status di rifugiato politico a Battisti. A novembre il Supremo Tribunal Federal, la più alta istituzione giurisdizionale del Brasile, stabilì illegittimo lo status di rifugiato politico concesso a Battisti, lasciando però al presidente Lula la decisione finale. Il 30 dicembre del 2010 Lula, nell’ultimo atto ufficiale della sua presidenza, negò l’estradizione.
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Biografia di Cesare Battisti
• Sermoneta (Latina) 18 dicembre 1954. Ex terrorista, assassino. Poi scrittore. «A chiunque mi parlasse di militanza, indicavo la banca più vicina: i soldi sono lì, se sei un uomo vai a prenderli».
• Famiglia «religiosamente comunista» (Bianconi), liceo classico Alessandro Manzoni di Latina, fa una rapina e finisce nel carcere minorile di Udine. Qui conosce Arrigo Cavallina (Verona, 17 ottobre 1945), insegnante di cultura generale e di educazione fisica alle professionali. Interrogato Cavallina parlò di Battisti come di «un ragazzo di malavita, ma di grande carica umana, con molta voglia di leggere, di sapere, un po’ bulletto, fascinoso sulle ragazze» (Brunella Giovara). Lo fa entrare nei Pac (Proletari armati per il comunismo), che in quel momento sono sparpagliati tra Milano, Verona e Padova e si finanziano con le rapine a supermercati e uffici postali.
• I delitti nei quali Battisti è coinvolto sono quattro: il maresciallo Antonio Santoro, addetto al carcere speciale di Udine, moglie e tre figli, ucciso alle 7.40 del 6 giugno 1978: stava camminando per strada e un uomo sceso da una Simca bianca gli ha sparato alle spalle; il macellaio Lino Sabbadin, rapinato e ucciso a Caltana di Santa Maria di Sala (Venezia) la sera del 16 dicembre 1978 (ha reagito sparando e prima di essere freddato ha ammazzato uno dei banditi); il gioielliere Pier Luigi Torregiani, assassinato in via Mercantini a Milano alle ore 14 del 16 febbraio 1979 mentre stava tirando su la saracinesca del negozio (nella sparatoria uno dei suoi figli è rimasto paralizzato: i Pac lo accusavano di aver ucciso un bandito-proletario in una precedente rapina); Andrea Compagna, agente della Digos, ucciso il 19 aprile 1979 alla Barona (Milano). Arrestato nel 79, Battisti scelse di non difendersi. Le cronache raccontano delle minacce che lanciava al giudice Corrado Carnevali: «Stai sicuro, veniamo a prendere anche te». Aula sgombrata un’infinità di volte, lui che non la smette di gridare «siete solo dei buffoni di merda». Fu l’unico processo (in primo grado) al quale prese parte.
• Il 4 ottobre 1981, infatti, i Comunisti organizzati per la liberazione proletaria lo fecero evadere con un’operazione in grande stile. Battisti fuggì in Francia. Poi in Messico, sei anni a comporre articoli per giornali, riviste culturali, la scrittura che pian piano prendeva il posto della rivoluzione. Finché, nel 90, tornò in Francia. Due anni ed usciva il primo romanzo, Travestito da uomo, editore Gallimard. Da allora, 13 “polar” (poliziesco+noir) e la popolarità: sui giornali, in tv, nei salotti letterari.
• Nel frattempo viene condannato in via definitiva a due ergastoli. Armando Spataro, “toga rossa” che fu pm dell’inchiesta: «Battisti è stato condannato all’ergastolo per ben quattro omicidi: in due di essi (il maresciallo Santoro a Udine e l’agente di Ps Campagna a Milano) egli sparò materialmente in testa o alle spalle delle vittime; per un terzo, il macellaio Sabbadin a Mestre, partecipò facendo da copertura armata al killer Diego Giacomini; per il quarto (il gioielliere Torregiani a Milano nella stessa giornata) fu condannato come co-ideatore e organizzatore» (Mario Pirani).
• Nel 1991 Parigi rifiutò l’estradizione di Battisti in Italia. A proteggerlo la “dottrina Mitterrand”, con la quale, dal 1981, la Francia dava asilo ai terroristi in fuga, e il fatto che da noi non fosse prevista la ripetizione del processo per i condannati in contumacia «Come spiega Jean Musitelli, che fu consigliere del Presidente socialista all’Eliseo, in un volume curato da Marc Lazar (Il libro degli anni di piombo, Rizzoli), nel respingere il ricorso di Battisti contro la sentenza della Corte d’Appello di Parigi favorevole all’estradizione il Consiglio di Stato ha motivato il no proprio con la dottrina Mitterrand, non applicabile “agli individui riconosciuti colpevoli dei delitti di sangue”. In altre parole: Battisti e i suoi difensori (principi del foro di Parigi pagati da Fred Vargas, non gli avvocati militanti che l’avevano difeso in Italia) erano così immersi nella loro favola da credere alla versione mitizzata della dottrina Mitterrand. Purtroppo ci ha creduto per anni anche l’Italia che ha sempre considerato quella dottrina una barriera alle estradizioni ed era invece la leva con la quale farsi valere». (Cesare Martinetti) [La Stampa 9/8/2011]
• Per tredici anni non accadde nulla. Poi, il 10 febbraio 2004, l’arresto, in un’affollata sala di Parigi dove proiettavano Buongiorno notte, il film di Bellocchio sul caso Moro. La sinistra francese, in prima fila politici e intellettuali, insorse allora in difesa di Battisti. Bertrand Delanoë, sindaco di Parigi, lo dichiarò simbolicamente «sotto la protezione della città». François Hollande, segretario dei socialisti, andò a trovarlo in carcere e all’uscita disse: «Va liberato, subito!». Lo scrittore Philippe Sollers attribuì la richiesta d’estradizione allo «spirito di vendetta» di Berlusconi nei confronti di un «rivoluzionario», disse che all’epoca in Italia c’era «un terrorismo di Stato molto importante, una vera guerra civile e sociale», quindi citò Victor Hugo: «Quando vedo una mosca o una farfalla impigliata in una tela di ragno la libero ed è una piccola amnistia oscura, che fa arrabbiare solo i ragni». Il giornale comunista L’Humanité scrisse che «Battisti è stato condannato nel 1987 da un giudice speciale di un tribunale militare riservato ai processi contro i militanti dell’estrema sinistra» (un’incredibile castroneria). Libération sostenne che Battisti era «vittima della vendetta delle camicie nere». Daniel Pennac evocò la Comune di Parigi e la rapida amnistia (9 anni) dei condannati. Dimenticando, però, che prima gli amnistiati avevano soggiornato nel bagno penale della Nuova Caledonia. Finì che il 3 marzo 2004 la Chambre d’Instruction parigina scarcerò Battisti, il quale il 14 agosto di quell’anno sparì. Perciò quando a ottobre i francesi concessero l’estradizione, Battisti non era più reperibile. È stato arrestato in Brasile il 18 marzo del 2007: la polizia francese lo ha catturato pedinando una donna che gli stava portando novemila euro. Era allo stremo. In carcere lo ha visitato Bernard Henri-Lévy che ha poi pubblicato un articolo molto comprensivo sul Corriere della Sera (15 maggio 2007). Un altro intervento in sua difesa, che ricalca i ragionamenti degli intellettuali francesi, da Erri De Luca.
• L’allora ministro della Giustizia, Clemente Mastella, ha chiesto l’estradizione. Per avere più possibilità di ottenerla, ha sostenuto che in Italia, anche la condanna all’ergastolo, nessuno resta in carcere tutta la vita. Nel trattato tra i due paesi risalente al 1989 è infatti specificato che l’estradizione non viene concessa «se vi è fondato motivo di ritenere che la persona richiesta verrà sottoposta a pene o trattamenti che comunque configurano violazione dei diritti fondamentali». In Brasile la pena dell’ergastolo non esiste.
• Nel 2009 Tarso Genro, l’allora ministro della Giustizia brasiliano, nega all’Italia l’estradizione del terrorista per il «fondato timore di persecuzione del Battisti per le sue idee politiche» (Gian Micalessin) [il Giornale, 14/7/2013]. Secondo la stampa brasiliana, Carla Bruni sarebbe intervenuta tramite il marito, l’allora presidente della Repubblica Francese Nicolas Sarkozy, sul governo brasiliano per determinare la decisione del Ministro della Giustizia Genro; la notizia è stata pubblicamente smentita dalla stessa Bruni anella puntata del 25 gennaio 2009 di Che tempo che fa.
• Il 9 giugno 2011, il Supremo Tribunal Federal (lo stesso organo che a fine 2009 aveva considerato illegittimo lo status di rifugiato politico concessogli dal governo brasiliano) ha confermato la decisione dell’allora presidente del Brasile Lula di non estradare Cesare Battisti ed ha votato a favore della sua liberazione.
• Da allora vive libero nel paese sudamericano.
• «Come disse Nelson Mandela uno non conosce mai abbastanza un Paese se prima non conosce le sue prigioni. Io non sapevo niente del Brasile prima. Né l’avevo mai amato particolarmente. Ma attraverso i galeotti e le loro storie, ho viaggiato gratuitamente in Brasile, chiuso in una cella di 9 metri quadrati». (Carlo Nicolato) [Libero, 7/3/2012]
• Nel 2012 pubblica la sua ultima fatica letteraria, Faccia al muro.
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La Gazzetta dello Sport Anno V, numero 1408 5 gennaio 2011
Ieri, in parecchie città italiane, si sono svolte piccole manifestazioni di protesta contro la decisione del presidente brasiliano Lula di non riconsegnarci l’ex terrorista dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo), condannato da noi in via definitiva a due ergastoli per quattro omicidi. Berlusconi ha anche incontrato e consolato Alberto Torregiani, figlio del gioielliere Pierluigi Torregiani, ammazzato dai terroristi il 16 febbraio 1979. Alberto era un ragazzo di 15 anni, fu colpito e gira da allora su una sedia a rotelle. Berlusconi gli ha detto che «Battisti ha rivestito di ideologia politica una sua realtà di criminale vero». Il presidente del consiglio ha annunciato un ricorso all’Unione europea, il cui portavoce ha già dichiarato che la questione riguarda solo i rapporti fra Italia e Brasile. Sono anche rinunciati ricorsi al Tribunale Supremo Federale brasiliano (che sentenzierebbe il prossimo febbraio) oppure al Tribunale Onu dell’Aja, che non direbbe la sua, però, prima di due anni.
Come andarono i fatti?
Glieli faccio raccontare dal giudice Armando Spataro, una “toga rossa”: «Battisti è stato condannato a due ergastoli per ben quattro omicidi. In due di essi (il maresciallo Santoro a Udine e l’agente di Ps Campagna a Milano) egli sparò materialmente in testa o alle spalle delle vittime; al terzo delitto – quello del maresciallo Sabbadin a Mestre – partecipò facendo da copertura armata al killer Diego Giacomini; del delitto Torregiani fu co-ideatore e organizzatore». Scappato in Francia, poi in Messico, poi di nuovo in Francia, il nostro uomo ebbe successo come scrittore di romanzi giallo-neri. Lo proteggeva la famosa dottrina Mitterrand (libertà ai ricercati politici stranieri purché depongano le armi), che ha permesso a tanti terroristi italiani di trovare asilo politico in Francia. Intanto, in Italia, si celebravano, a partire dal 1981 e fino al 1993, nove processi che hanno coinvolto 70 giudici. Battisti non c’era perché latitante. Partecipò a una sola udienza. Lo si sentì gridare al giudice Corrado Carnevali: «Stai sicuro, veniamo a prendere anche te».
Come è finito in Brasile?
Sarkozy ha abbandonato la dottrina Mitterrand e concesso l’estradizione. Ma i tribunali francesi hanno talmente allungato la procedura, che Battisti è riuscito a scappare di nuovo. Stavolta in Brasile. Nel frattempo, intellettuali italiani e francesi si sono mobilitati perché venisse lasciato in pace. Sono partiti appelli, firmati da grossi nomi, in cui si sosteneva che le condanne erano il frutto di processi ingiusti, in cui l’imputato non aveva potuto difendersi, e che le sentenze erano state emanate da tribunali speciali. Si descriveva una vita infelice e tormentata, si faceva il ritratto di un perseguitato. Questo materiale ha prodotto un clima favorevole alla tutela del ricercato. I politici brasiliani hanno creduto agli appelli.
Come mai una decisione simile non è stata presa dai giudici brasiliani?
Il Supremo Tribunale Federale brasiliano, il 19 novembre del 2009, concesse l’estradizione, affidando però la decisione definitiva al ministro della Giustizia e al presidente di quel Paese. Il ministro della Giustizia di allora, Tarso Enro, rilasciò subito questa dichiarazione: «“L’Italia è chiusa ancora negli anni di piombo. La differenza è che qui in Brasile siamo più avanzati su questo argomento». La decisione di Lula dell’altro giorno è coerente con questa presa di posizione iniziale. Al presidente brasiliano è stato fornito un parere dell’Avvocatura dello Stato in cui sta scritto che «è perfettamente legittimo che Vostra Eccellenza valuti che ci sono ragioni per non concedere l’estradizione». Il cavillo che ha reso possibile la decisione riguarda le «condizioni personali» del ricercato: benché l’Italia «sia indiscutibilmente uno Stato democratico di Diritto, le cui decisioni devono considerarsi espressione della volontà dei cittadini […] la mobilitazione pubblica è notoria e attuale […] […] in Italia le opinioni si sono polarizzate e concretizzate in varie interviste, prese di posizione e manifestazioni […] questi fatti costituiscono un presupposto sufficiente a configurare l’ipotesi di un aggravamento della situazione di Cesare Battisti, nel caso venga estradato». Questo ragionamento si impernia su alcuni passaggi del trattato che regola l’estradizione tra Italia e Brasile.
Battisti è in carcere adesso?
Sì, a Papuda, venti chilometri da Brasilia. I suoi avvocati hanno già chiesto che sia rimesso in libertà.
Vicenda chiusa?
Ci sono i ricorsi… Battisti ha detto che se lo dovessero riconsegnare all’Italia si ammazzerebbe.
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La Gazzetta dello Sport
Anno III, numero 718
31 gennaio 2009
Cesare Battisti ha scritto «ai giornalisti» per ribadire la sua innocenza: «Sono un perseguitato politico. I responsabili degli omicidi per cui sono stato condannato sono quattro miei ex compagni del Pac. Il figlio del gioielliere Torregiani sta in carrozzella non perché gli ho sparato io, ma perché gli ha sparato per sbaglio il padre».
Ma perché dei terroristi andrebbero a sparare a un gioielliere?
Il gioielliere Luigi Torregiani era andato a cena con altri amici nella pizzeria Transatlantico di Milano. Entrarono dei banditi, ci fu una sparatoria, uno dei rapinatori e un cliente vennero ammazzati. I giornali scrissero che il gioielliere aveva sparato. Vero o no che fosse (i suoi familiari negano), i Proletari Armati per il Comunismo lo condannarono a morte. Si presentarono alle due del pomeriggio del 16 febbraio 1979 in via Mercantini e, mentre Torregiani stava tirando su la saracinesca, lo presero a pistolettate. Il gioielliere rispose al fuoco, ma restò ucciso. C’era lì anche il figlio di 15 anni. Una pallottola lo rese paralitico a vita. A questo figlio, di nome Alberto (un figlio adottivo, come ha raccontato lui stesso nella autobiografia Ero in guerra, ma non lo sapevo), Cesare Battisti ha scritto adesso un paio di lettere, molto struggenti, molto toccanti. Nel tono. Ma che non spostano la questione, naturalmente. Ha due ergastoli da scontare ed è implicato in quattro omicidi.
Ma non potrebbe essere vera la storia che è innocente?
Il giudice Armando Spataro - una ”toga rossa”, tanto per chiarire – ha riassunto con chiarezza la situazione: «Battisti è stato condannato a due ergastoli per ben quattro omicidi. In due di essi (il maresciallo Santoro a Udine e l’agente di Ps Campagna a Milano) egli sparò materialmente in testa o alle spalle delle vittime; al terzo delitto – quello del maresciallo Sabbadin a Mestre – partecipò facendo da copertura armata al killer Diego Giacomini; del delitto Torregiani fu co-ideatore e organizzatore». Battisti dice di essere stato condannato in contumacia. facile rispondere che non è venuto in Italia a difendersi per sua scelta. Anzi, l’unica volta che s’è trovato in aula, ha teorizzato la non-difesa. Al giudice Corrado Carnevali gridava: «Stai sicuro, veniamo a prendere anche te». Oppure: «Siete solo dei buffoni di merda». Non era andato in galera da politico, ma da semplice rapinatore. E un detenuto più vecchio di lui – un politico vero che si chiamava Arrigo Cavallina – lo svezzò al marxismo-leninismo. Da letterato qual è, Battisti ha raccontato questo: «A chiunque mi parlasse di militanza, indicavo la banca più vicina: i soldi sono lì, vai a prenderli se sei un uomo».
Come ha fatto a restare libero tutti questi anni?
È evaso dal carcere di Frosinone il 4 ottobre 1981, è passato in Francia, poi in Messico dove è rimasto sei anni. Dal Messico è tornato in Francia ed è stato protetto dalla cosiddetta dottrina Mitterrand. Mitterrand è stato un presidente francese che ha teorizzato la protezione indiscriminata di tutti i condannati politici, qualunque cosa avessero fatto e purché deponessero le armi. Battisti è così diventato un celebre scrittore di ”polar”, cioè di polizieschi-noir. Una bella vita da intellettuale, interrotta dal tramonto in quel Paese della dottrina Mitterrand e dalla insistente richiesta di estradizione da parte italiana. I francesi hanno concesso l’estradizione, ma allungando la faccenda in modo tale che nel frattempo Battisti era sparito di nuovo. Intanto tutta l’intellighenzia francese – con argomenti che mostravano una stupefacente ignoranza dei fatti – prendeva le sue parti e certamente lei ricorda un’imbarazzante dichiarazione d’amore per le Brigate rosse da parte di Fanny Ardant. Tanto per dire il clima.
Carla Bruni?
Carla Bruni dice che con Battisti non c’entra, ma intanto ha persuaso il marito a non consegnarci la Petrella – un’altra assassina – e ha fortemente contribuito a creare il clima che ha reso possibile la decisione del ministro brasiliano di considerare Battisti ”rifugiato politico”.
Beh, politico era politico.
Sì, ma non l’ha processato un tribunale speciale e la condanna è stata comminata in base ai normali articoli del codice. Ieri, in un’intervista, il ministro Tarso Genro ci ha fatto anche la lezione: «L’Italia è chiusa ancora negli anni di piombo. La differenza è che qui in Brasile siamo più avanzati su questo argomento, tanto che stiamo discutendo sulla nostra legge di amnistia». Frattini, il nostro ministro degli Esteri, gli ha risposto: «Demagogia, comizi. Sappiamo noi che cosa sono stati gli anni di piombo e saremo noi a decidere come chiudere quella stagione che ancora non conosce il pentimento, ma solo l’arroganza e la sfida di assassini che trovano ancora complici compiacenti».
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== Battisti: giornali, "Governo ha piano per l’estradizione" =
(AGI) - Brasilia, 6 ott. - Il Governo brasiliano ha un piano pronto per l’estradizione di Cesare Battisti, il terrorista condannato in Italia a quattro ergastoli e latitante da 36 anni. Lo riferisce il quotidiano brasiliano O Globo. Attualmente Battisti e’ in arresto dopo aver tentato, mercoledi’, di lasciare il Paese e scappare in Bolivia con un’ingente somma di denaro (6.000 dollari e 3.000 euro) che non aveva denunciato. Temeva di essere estradato in Italia dopo il cambio di politica nel Paese che ha visto l’elezione alla presidenza di Michel Temer, dopo l’impeachment di Dilma Rousseff, erede di quel Inacio Lula da Silva che nel 2010, garanti’ a Battisti di restare in Brasile e - contro il parere dei giudici - decise di non estradarlo in Italia. Il 25 settembre scorso il governo italiano aveva presentato una nuova richiesta di estradizione che Temer insieme ai ministri della Giustizia e degli Esteri, sono pronti ad accogliere. Sembra che l’ultimo ostacolo sia la dichiarazione per l’impegno a comminare a Battisti le stesse pene che riceverebbe in Brasile. (AGI) Bm1/Nic 061627 OTT 17 NNNN