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 2017  ottobre 06 Venerdì calendario

La Corte Costituzionale spagnola chiude il «Parlament» catalano

MADRID Invece di parlarsi, Madrid e Barcellona continuano a prendersi istituzionalmente a schiaffoni. L’altalena indipendentista oscilla sull’orlo del burrone sempre più veloce senza che nessuno dei due litiganti si mostri disponibile a smettere di spingere. La sensazione è che, per un motivo o per l’altro, ad entrambi i contendenti l’idea dello scontro risolutivo in fondo non dispiaccia. Di certo governo centrale e Generalitat catalana non stanno facendo nulla per evitarlo. C’è molta adrenalina in circolazione. I balconi di Madrid si sono riempiti di bandiere come quelli di Barcellona: qui il drappo spagnolo, là quello catalano. Sembrano tutti pronti al duello finale.
Tre le mosse principali di ieri. In mattinata quelle reti infinite di associazioni culturali, sportive, folcloristiche, assistenziali hanno messo a punto l’ennesima mobilitazione di massa. I leader principali sono stati inquisiti per sedizione, che in Spagna è reato penale e prevede sino a 15 anni di carcere. Assieme a loro il comandante della polizia regionale, i Mossos d’Esquadra. Ma invece di scoraggiarsi rilanciano. La risposta arriverà domenica con una protesta massiccia del popolo giallo-rosso.
La seconda mossa è arrivata da Madrid. Scacco all’annunciata sessione plenaria del «Parlament» di Catalogna convocata per lunedì. All’ordine del giorno c’è la relazione della Generalitat sulla conta delle schede referendarie del primo ottobre. Non ci vuole un indovino per temere che si potrebbe trasformare nell’annuncio della vittoria dei sì e quindi aprire la porta sia alla proclamazione immediata della «Dui», la dichiarazione unilaterale di indipendenza, sia alla decisione di aggiornarsi per deliberarla entro 48 ore. Così la Corte Costituzionale ha deciso di vietare l’assemblea. Sono bastate poche ore e si è arrivati alla terza mossa della giornata, la terza spinta verso l’abisso. La presidenta della Camera dei deputati catalani, Carme Forcadell, ha fatto spallucce alla sentenza di sospensione. «La sessione plenaria avverrà come da calendario – ha annunciato —. L’interferenza della Corte è una chiara violazione del diritto alla libertà di espressione». Forcadell è già indagata per una disobbedienza simile. «Non permetterò – ha dichiarato – che la censura entri nel “Parlament”. Difenderemo la sovranità dell’organo legislativo».
Il premier Mariano Rajoy mostra altrettanta spavalderia. «Le autorità catalane – ha detto – devono prontamente rientrare nella legalità, annunciando una chiara ed inequivocabile rinuncia alla dichiarazione indipendentista unilaterale. E devono farlo prima possibile, solo così potranno evitare mali ancora peggiori».
Tra tanta baldanza c’è anche chi si cautela. Le due principali banche catalane pensano di muovere le loro sedi fuori dalla regione. Il problema, come ha scritto Federico Fubini su questo giornale, è il rischio di un «corralito». Con la Catalogna fuori dalla Ue, scatterebbe la corsa ad accumulare euro e le banche potrebbero veder presto prosciugate le scorte ed essere costrette a chiudere i bancomat. Così Caixabank, la terza banca per capitalizzazione dell’intera Spagna, ha ammesso che è in fase di valutazione la possibilità di spostare la sede, mentre il Banco Sabadell, quinta banca spagnola, avrebbe già deciso di registrare la sede legale ad Alicante, più a sud e fuori dalla Catalogna. «Attività e quartier generale operativo resterebbero comunque a Barcellona».