il Fatto Quotidiano, 5 ottobre 2017
Filippo Nigro e Suburra, la serie: «Siamo tutti corruttibili, ma a Roma è più facile»
“Mafiosi, preti, mignotte, politici corrotti: la Suburra è sempre esistita. Allora è come se non fosse cambiato nulla. Siamo nella città eterna, la cui bellezza ti leva il fiato. Ed è proprio questo il contrasto che affascina tutto il mondo”. Filippo Nigro veste i panni del consigliere comunale Amedeo Cinaglia. È un politico “come non se ne vedono più”, che prende l’autobus per tornare a casa. È uno che ci crede ancora. Almeno fino a quando incontra Samurai (Francesco Acquaroli), l’erede della “Banda” che muove i fili della città. Suburra è tornata, anzi torna domani su Netflix sotto forma di serie – e di prequel – del romanzo di De Cataldo e Bonini e del film di Sollima. I tre pischelli Aureliano-Numero 8 (Alessandro Borghi), Spadino (Giacomo Ferrara) e Lele (Eduardo Valdarnini) hanno venti giorni – prima che le dimissioni del sindaco diventino effettive – per spartirsi Roma. Criminalità (il clan Adami e gli “zingari” Anacleti), la mafia siciliana, i palazzinari, il Vaticano, il Campidoglio: tutto si intreccia intorno ad alcuni terreni – edificabili – di Ostia.
Nigro, sono passati tanti anni ma Suburra, la serie sembra la fotografia della Roma 2017. Cosa è cambiato realmente?
La serie è una sublimazione ed è un racconto diverso dalla realtà, ma gli spunti ci sono. Da romani fa rabbia pensare a questa città. Reagivo sempre male quando qualcuno che non vive qui denigrava Roma e i romani. Adesso è più difficile rispondere alle battutacce, perché tante cose si stanno complicando. Parlo della tolleranza, della pazienza, dell’apertura che hanno sempre contraddistinto i cittadini: sentimenti che non ci sono più. Basta guardare quanto è accaduto nelle ultime settimane, c’è una cattiveria pericolosa.
Perché è successo?
Accade in tutta Italia e in tutta Europa. L’intolleranza sfocia nell’indifferenza nei confronti delle altre persone, già tra di noi, figuriamoci verso gli stranieri non desiderati. È interessante analizzare il fenomeno: posso arrivare a comprendere certi atteggiamenti, ma quando tutto si svolge con violenza…
In Suburra assistiamo all’intreccio tra criminalità, potere e Vaticano. Roma simbolo del mondo?
Qui c’è tutto insieme: un centro religioso mondiale, le istituzioni e i poteri delle mafie, tutto in pochi chilometri quadrati. Roma è un caso molto particolare. In questa confusione può diventare facile contaminare certi ambienti. Il mio personaggio non è un parlamentare, uno di quelli che va in tv e ha l’auto blu: è un consigliere comunale, un cittadino come noi. Ha 45 anni e nel 2008 ha ancora una base ideologica, si capisce che viene dalla sinistra. Ma ha molte debolezze: non viene riconosciuto dal suo partito, dalla sua ex moglie potente… E allora sarà un criminale, Samurai, a valorizzarlo, ad apprezzarlo. Il salto mortale è ancora più interessante.
Siamo tutti corruttibili?
Ognuno di noi ha una linea d’ombra, quindi forse sì. C’è un passaggio intermedio difficile da raccontare: tu accetti la discesa, ma lo fai con la presunzione della tua zona culturale. ‘Questa cosa la controllo io, anche se non rispetto le regole, ma serve a fare del bene’. Credo accada a molti politici.
Un altro personaggio tormentato, il suo. Le piacciono così tanto?
Forse un po’ sì: mi piace l’impulso dato da un percorso mentale, da una linea che non è mai troppo precisa. Credo che siano interessanti i personaggi non definibili in una categoria di buono o cattivo, di pazzo o di sano.
Gomorra e Suburra: esportiamo prodotti di alto livello, ma continuiamo a dare credito a pregiudizi?
Roma è già dipinta già così. Quando c’era Berlusconi eravamo connotati da questo personaggio, tutti i mali derivavano da lui. Adesso la situazione è più generale, non abbiamo più questo alibi. È un momento transitorio, ne sono certo, che coinvolge non solo noi. Vuol dire che all’estero vedranno anche quanto è bella Roma e coglieranno questo contrasto atroce.
Il decreto Franceschini che obbliga le reti a trasmettere in prima serata prodotti italiani. Che ne pensa?
La Francia, che non mi sembra un paese così autoritario, ha sempre avuto questa attenzione, su tutto. Quindi mi sembra una cosa sacrosanta. Uno può dire ‘certo che siete contenti voi che fate questo lavoro’. Ma francamente non vedo controindicazioni.
Lo streaming è il futuro? Il cinema è destinato a morire?
Non per essere paraculo, ma non ho la palla di vetro. Tutte le fasi storiche transitorie, noi che le viviamo non le vediamo. Forse tra 30 anni sui libri si studierà che nel 2020 il cinema è morto, o magari no. Mi sembra impossibile che il cinema sparisca, forse diventerà territorio di sperimentazione. E poi c’è un rischio per le piattaforme streaming: il troppo. L’unica cosa che non è mai sparita è il teatro. E non sparirà mai. Sono reduce da 5 ore di maratona al Teatro Argentina (Ritratto di una nazione, ndr): le persone rimanevano in sala fino all’ultimo. È incredibile.