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 2017  ottobre 05 Giovedì calendario

«Il mio Andrea, motore di allegria. Quell’uomo non se ne pentirà». Intervista a Stefano Mauri

Single, generoso e intraprendente. È il titolare dell’ottavo numero telefonico composto dai giudici del Tribunale minorile di Napoli. L’ottavo non è un numero qualunque in casi come questo. Proprio ne «L’ottavo giorno», film franco-belga di vent’anni fa, il protagonista (Daniel Auteuil) si convince che il Creatore completò la sua settimana di lavoro facendo Georges (il co protagonista Down interpretato da Pascal Duquenne): «E vide che era buono».
Deve pensarla così anche questo misterioso neo papà che ha aperto casa e braccia alla neonata respinta otto volte: dai suoi genitori naturali e da sette coppie adottive. Da lui, invece, è arrivato subito un sì. Senza condizioni, come era stata la sua domanda di adozione e com’è di solito l’amore paterno. Coraggioso, certo.
Però forse non sa bene quel che l’aspetta.
«Un’esplosione quotidiana di affetto e di allegria – prevede con sicurezza, da Milano, l’editore Stefano Mauri —. Quella bambina lo conquisterà giorno per giorno, lo ripagherà abbondantemente di tutto l’impegno che gli richiede. E che non sarà poco».
Parla per esperienza, il presidente del gruppo editoriale Mauri Spagnol (Gems), perché da 24 anni è il fortunato papà di un bel ragazzo di nome Andrea, con quel cromosoma in più che, magari, un futuro Premio Nobel prima o poi scoprirà corrispondere alla gioia di vivere.
«Con lui è facile divertirsi. Pochi sanno godersi l’esistenza come Andrea, e la sua felicità è contagiosa. Capita che, alle feste, io sia invitato soltanto se prometto di portare anche lui. Ogni tanto penso che dovrei affittarlo per animare le serate» scherza Stefano Mauri.
Che altro dovrà attendersi il papà di Napoli da quella bambina tanto speciale?
«Il buon umore è garantito, ma in cambio dovrà darle tanto tempo e tanta disponibilità. I bambini Down hanno bisogno di essere stimolati più degli altri. Gli ci vorrà molta pazienza, ma ne varrà la pena».
Ci saranno momenti difficili.
«Sicuro. Si scontrerà con le scuole, con le istituzioni. Ma quel padre è per tutti un esempio di civiltà in tempi in cui una società avanzata come quella islandese si vanta di aver debellato la Sindrome di Down. Debellato! Come fosse una malattia o una tara ereditaria. È una condizione cromosomica: non si può debellare. Si possono eliminare i bambini imperfetti, quello sì: gettandoli dalla rupe Tarpea».
Se sette coppie si sono arrese di fronte all’impegno di un figlio Down, come può farcela un papà da solo?
«Sono molto contento di sapere che le maglie dell’adozione si siano allargate ai single. E per la bambina, meglio un papà solo dell’orfanatrofio. Per aver avuto questo slancio, forse è un uomo che fa già volontariato, che lavora nell’assistenza».
Che cosa gli direbbe?
«Di fare del suo meglio, e vedrà che imparerà molto da sua figlia».
Andrea è diventato grande: che cosa fa?
«Per qualche mese ha lavorato come barman in un paio di locali milanesi. Adesso scrive su Facebook di essere un editore, in realtà spunta i libri da rendere. È un’occupazione part time, non vuole lavorare e guadagnare di più: è un godereccio, un motore di allegria».