Libero, 3 ottobre 2017
Miracolo Ghali: ce l’ha fatta senza talent
La musica è cambiata. Prima c’erano i dischi, poi sono arrivati i talent. Poi: Internet. Che ha sparigliato tutte le carte e ha fatto all in, lasciando che fosse davvero il popolo sovrano a decidere. Altro che Movimento 5 stelle. E così, senza bisogno di tv e radio, c’è chi ha cominciato a emergere, diventando main stream grazie allo streaming.
Lui si chiama Ghali e fa il (t)rapper. Se non sapete chi è, mettetevi in pari. Di origine tunisine, cresciuto a Baggio, alla periferia di Milano, il giovanotto nemmeno troppo avvenente sta correndo dritto verso il traguardo del successo. Senza aver mai fatto un talent show e nemmeno aver dietro chissà quale colosso discografico.
Il nostro ha cominciato la sua scalata nel 2011 quando il collega Gue Pequeno ne intravide le potenzialità e se lo prese, facendogli un contratto con la sua etichetta Tanta roba. Poi, arrivò Fedez, talent scout dalla prima ora anche al di là delle telecamere, a dargli visibilità portandolo con sé durante i suoi live. Ma la popolarità vera, Ghali al secolo Ghali Amdounise l’è presa da solo. Grazie a YouTube. E dal 2014 ha iniziato a sfornare singoli che, piano piano, hanno conquistato sempre di più il pubblico che bazzica il canale. Fino a qui. Fin quando, cioè, è stato Fiorello in persona a parodiarlo (l’altro ieri in occasione di una serata di beneficienza) sul palco del teatro degli Arcimboldi di Milano, con una versione super trap di Fatti mandare dalla mamma di Gianni Morandi. Per l’occasione diventato Ghali Morandi, con tanto di autotune. Ebbene, l’imitazione, filmata da Claudio Cecchetto e prontamente postata su Twitter, è diventata subito virale. Quindi ripresa dal diretto interessato con un semplice retweet, ma senza commento. Il (t)rapper, dunque, classe 1993, è arrivato al grande pubblico. Senza vivere sui media tradizionali, come dicevamo, preferendogli di gran lunga piattaforme come Spotify e Youtube, su cui la sua Ninna nanna, successone dell’anno passato, ha superato 66 milioni di visualizzazioni. «A me interessa arrivare a chi ascolta musica e fare in modo di fargliela avere senza difficoltà, quindi sfrutto tutte le piattaforme», ha spiegato l’artista a Rockol qualche tempo fa.
Nessun grande ufficio stampa a sponsorizzarne l’arte, quindi. Nessuna casa discografica a dover investire i pochi soldi rimasti su di lui. Niente, se non le sue rime crude, quelle di un rapper nascente in un mondo nel quale la musica dimostra un declino inarrestabile, fatto di roba tutta uguale. Banale. Ghali parla del suo «rap» come «raptus»: «Sono degli schizzi, delle immagini. Non deve per forza essere tutto connesso. È per questo che lo chiamo raptus: sono pensieri buttati giù». Pensieri sui giorni nostri, la società, le donne. Pensieri di un ragazzo che porta l’integrazione in musica, lasciando sperare che un mondo migliore possa davvero esistere».