Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  ottobre 04 Mercoledì calendario

Emilia avanti, la via per l’autonomia è più rapida e senza costi elettorali

ROMA Sulla richiesta di maggiore autonomia regionale, Stefano Bonaccini batte Roberto Maroni e Luca Zaia tagliando per primo il traguardo e senza spendere un euro.
Partita soltanto due mesi fa, con il voto di ieri dell’assemblea regionale, l’Emilia Romagna è già pronta a chiedere al governo nazionale un appuntamento per avviare il percorso costituzionale che porti ad ottenere maggiore autonomia. Un risultato simile a quello che potrebbero raggiungere fra tre domeniche Lombardia e Veneto se i referendum consultivi e non vincolanti che si svolgeranno, otterranno sia la maggioranza abbastanza scontata dei sì che un’affluenza superiore al 50% degli aventi diritto, ma a costo zero rispetto alle cifre mirabolanti che circolano sulle spese organizzative nelle due regioni al voto: una cifra intorno ai 40 milioni di euro.
La via emiliano romagnola all’autonomia è incominciata ad agosto dopo che erano stati ufficializzati i referendum delle due regioni confinanti. Al governatore Bonaccini è stato più volte chiesto se la sua decisione di intraprendere la strada della richiesta di maggiore autonomia al governo e nello stesso tempo, di scegliere una via che lo distinguesse dai suoi colleghi di Lombardia e Veneto sia derivata proprio dal fatto che Maroni e Zaia hanno ufficializzato i referendum, ma lui su questo non ha mai risposto.
IL PESO DEI POTERI
Certo, le manovre delle tre grandi regioni settentrionali, seppur per le ultime due il progetto era da tempo in lavorazione, sono partite concretamente dopo il referendum del 4 dicembre scorso che ha affossato il testo delle riforme istituzionali che avrebbe molto ridimensionato il potere delle Regioni. Così, dopo che per mesi la campagna del Pd e le opposizioni in Lombardia e Veneto, pur essendo d’accordo in linea di principio sulla richiesta di maggiore autonomia, hanno gridato alla spreco arrivando a denunciare costi rispettivamente di 46 e 20 milioni di euro, è sceso in campo Bonaccini che dopo aver studiato la procedura e sentito alcuni costituzionalisti, il 28 agosto ha fatto approvare alla sua giunta un documento di indirizzo per l’avvio del percorso necessario al riconoscimento di una maggiore autonomia per l’Emilia-Romagna.
Un documento che seguendo esattamente il dettato del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, ha individuato quattro aree strategiche dove chiedere maggiore autonomia ed esattamente 1) lavoro e formazione, 2) imprese, ricerca e sviluppo, 3) sanità e welfare, 4) ambiente e territorio.
Tutto con fondi certi derivanti dal buon bilancio regionale. Il testo approvato dalla giunta è stato trasmesso all’assemblea legislativa che dopo l’esame in commissione e in aula, ieri è stato votato. A favore Pd, Sinistra italiana e Mdp, contrari LegaNord e Fratelli d’Italia mentre Forza Italia e Altra Emilia Romagna si sono astenuti. Infine i 5 stelle non hanno partecipato al voto. Bagarre in aula a causa della la LegaNord in difficoltà per il superamento dei suoi amministratori di punta da parte del governatore Bonaccini.
Così, mentre il segretario nazionale Matteo Salvini, ha smentito qualsiasi intento di puntare alla secessione come in Catalogna, i suo rappresentanti all’assemblea emiliano romagnola, hanno alzato bandiere di Emilia e Romagna separate, a inneggiare una divisione a metà della Regione e hanno aperto sui banchi una della Catalogna, facendo sospendere i lavori. Alla ripresa, il documento è passato (con emendamenti) e adesso il governatore, spiega al Messaggero, di aver ottenuto «il mandato a chiedere un incontro con il governo per aprire un percorso che porti, se possibile, ad un intesa» sulla maggiore autonomia per la regione sui temi indicati dalla stessa. Lo stesso mandato che potrebbero ricevere Maroni e Zaia alla fine della consultazione del 22. Con più tempo e molti milioni di euro di spese.