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 2017  ottobre 03 Martedì calendario

Tito Stagno: «Con quella palla di 60 centimetri ho dato il via alla mia carriera»


Era la sera del 4 ottobre. Sentii improvvisamente il suono frenetico, come di una campanella, delle telescriventi che si erano messe in azione. Prendo la notizia e leggo: “L’Unione Sovietica ha lanciato in orbita il primo satellite artificiale. È lo Sputnik 1”. Era una grande notizia! Era l’inizio dell’era spaziale, e anche di un capitolo nuovo e straordinario della mia carriera di giornalista televisivo». Tito Stagno, oggi 87 anni, viene sempre ricordato come l’«uomo della Luna».
Una popolarità legata all’evento del primo sbarco lunare, il 20 luglio 1969, di cui fu telecronista per la Rai, in quella storica trasmissione di 36 ore dedicata al primo atterraggio di un uomo su un corpo celeste che non fosse la Terra. Ma tutto iniziò quella sera, il 4 ottobre 1957, sessant’anni fa: «Mi trovavo in radio, negli studi di via del Babuino – ricorda – All’epoca non eravamo in molti. Era il terzo anno di vita della Rai, e quindi della Tv in Italia. Ci dividevamo in turni, tra radio e Tv. Ero in radio, ma poi dovetti subito realizzare un servizio su quel grande evento. Fu il mio primo servizio... spaziale. Naturalmente utilizzando quelle poche immagini che ci arrivarono, tramite pellicole, prevalentemente animazioni e i festeggiamenti nelle piazze a Mosca».
Tito Stagno ci ospita nella sua casa di Roma. Con lui, l’inseparabile moglie, Edda Lavezzini, e stanze circondate da librerie. Piccoli grattacieli di libri posti sul pavimento con i suoi autori preferiti, tra romanzi e saggistica. E poi tante foto che fanno rivivere momenti epocali degli Anni Sessanta: le sue interviste con re Hussein di Giordania, papa Roncalli, i presidenti Saragat e Segni, con Padre Pio da Pietrelcina e con calciatori e allenatori famosi come Gigi Riva, e naturalmente con i tre astronauti dell’Apollo 11, Armstrong, Aldrin e Collins e Werner von Braun, l’ingegnere missilistico tedesco «regista» delle imprese spaziali americane dell’epoca.
Tito, quindi lo Sputnik fu l’inizio di tutto. Ma quali furono le reazioni alla grande notizia?
«Può sembrare paradossale. Ma incredibilmente la Pravda diede la notizia con un articoletto. Invece in Occidente, specie negli Stati Uniti, ma anche da noi, ci furono intere pagine di giornali, servizi speciali in radio e Tv. Tutte le riviste patinate mettevano in prima pagina foto o disegni di quella sfera, un pallone di 60 centimetri con lunghe antenne. Tutto questo perché la notizia colse di sorpresa persino gli stessi organi di informazioni sovietici: non se lo aspettavano».
E invece gli Stati Uniti come la presero?
«Ah, fu un dramma. Lo Sputnik pareva lo spettro di chissà quali minacce. Ricordo i servizi dei nostri corrispondenti, e c’era già Ruggero Orlando a raccontarci le reazioni politiche e della gente. Non fu colta invece l’importanza straordinaria dell’evento: per la prima volta un oggetto costruito dall’uomo era nello spazio, in orbita, e inviava segnali alle stazioni di Terra! Si apriva un’era che, dallo spazio, avrebbe cambiato il mondo. Poi, un mese dopo, gli americani subirono anche lo smacco del secondo Sputnik, con a bordo la cagnetta Laika. Ma questo servirà un po’ anche a svegliare Washington che si sentiva insuperabile dal lato tecnologico e militare. E infatti da lì a pochi mesi verrà fondata la Nasa, che darà a Werner von Braun l’incarico di progettare i razzi e i satelliti americani».
Alla Tv italiana come si vivevano queste imprese?
«Con grande entusiasmo. Io mi appassionai subito alle imprese spaziali. Quello dello Sputnik fu anche l’inizio per sviluppare i razzi sempre più potenti che avrebbero poi inviato in orbita i primi astronauti. I servizi su Gagarin li ricordo bene, così come la difficoltà di ottenere immagini. Ricordo l’atterraggio di German Titov, il secondo cosmonauta in orbita, invece con immagini bellissime dell’atterraggio col paracadute in mezzo ad un campo di grano. E poi, la passeggiata spaziale di Leonov! Sembravano immagini di fantascienza. Il primo volo orbitale di John Glenn, il progetto Mercury e le incredibili missioni Gemini. La gara spaziale era iniziata».
Cosa dici ai complottisti che sono convinti che gli sbarchi lunari non siano avvenuti?
«Che i sovietici inviarono una sonda, il Luna 15, attorno alla Luna nel luglio 1969 con il solo scopo di fotografare l’Apollo 11. L’astronauta Frank Borman, che comandò l’Apollo 8 nel 1968, era un po’ un ambasciatore astronauta in Russia. Fece quindi sapere che Mosca avrebbe inviato quella sonda lunare senza interferire in alcun modo con l’attività dell’Apollo. Infatti la sonda scattò le foto dall’orbita lunare all’Apollo, e fu subito inviata a schiantarsi sulla Luna. Credo che i sovietici sarebbero stati ben felici di poter affermare che invece l’Apollo non c’era… Ma era proprio là, pronto per farci dire: “Ha toccato il suolo lunare!».