Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  ottobre 03 Martedì calendario

Monarch, un nuovo crac nei cieli. Fallita la compagnia londinese, dopo le crisi di Alitalia e Air Berlin e le difficoltà di Ryanair

Delitto perfetto: la compagnia aerea britannica Monarch, in crisi da tempo, è stata fermata l’altra notte e messa in amministrazione controllata. Il blitz legale è avvenuto mentre nessun aereo era in volo. Bloccata la vendita dei biglietti, l’intera flotta Monarch adesso è ferma a terra. Sono rimaste fregate 110.000 persone, sorprese a metà dei loro itinerari andata/ritorno, e in modo un po’ meno grave altre 860.000 che hanno visto cancellare i voli prenotati. La Caa (autorità dell’aviazione civile del Regno Unito, equivalente all’italiana Enac) e il governo di Londra si sono mobilitati per riportare a casa in qualche modo i passeggeri rimasti col cerino in mano.
La Monarch Airlines faceva sia voli charter sia di linea, fra Gran Bretagna, Europa e Mediterraneo. Non era una «low cost», benché questa etichetta le sia stata appiccicata (volava da 50 anni, ben prima che il modello a basso costo venisse inventato). Basata a Luton (Londra) era arrivata a trasportare fino a 6 milioni di persone all’anno, ma ormai era in perdita cronica.
Purtroppo il tracollo della Monarch coinvolge anche l’Italia, i suoi aeroporti e molti passeggeri di nazionalità italiana. La Caa britannica si è incaricata di «riproteggere» (come si dice) su voli di altre compagnie aeree i nostri connazionali, d’intesa con l’Enac. In Italia la Monarch Airlines operava negli scali di Roma Fiumicino, Napoli, Verona e Venezia, dove però non ci sono stati ulteriori inconvenienti, al di là della scomparsa dei decolli e degli atterraggi degli aerei di questa compagnia.
Ma che cosa sta succedendo nel settore aeronautico europeo? Oltre alla Monarch sono andate a rotoli Alitalia e Air Berlin, e in anni recenti anche la Spanair (di Barcellona), la Malev (ungherese) e la BmiBaby (britannica). E addirittura la Ryanair, la mitica Ryanair dei record battuti un anno dopo l’altro, di recente ha preso delle scoppole clamorose. C’è un denominatore comune fra queste crisi?
Antonio Bordoni, docente di gestione delle compagnie aeree alla Luiss e autore di «Ryanair nel Bel Paese», dice di no: «Limitiamoci a paragonare tre compagnie. La Ryanair non è davvero in crisi, ha dei problemi che supererà. L’Alitalia è crollata per colpa di una gestione scellerata, pur essendo insediata, come compagnia di bandiera, in un mercato nazionale ricchissimo, in cui Ryanair è arrivata e ha trovato 32 milioni di clienti. La Monarch invece è stata condannata da un’organizzazione ibrida che non funziona più: faceva voli charter che richiedono una struttura a basso costo, e in più faceva voli di linea gestiti con criteri del tutto diversi. Il bilancio a fine anno era un macello. Altri in passato hanno provato a gestire entrambi i modelli di business, ma tutti hanno fallito: Alitalia, Lufthansa e altre compagnie si sono dotate di operatori charter, ma poi hanno dovuto chiuderli».
Anche se ogni compagnia fa storia a sé, il mercato del trasporto aereo presenta effettivamente certe difficoltà comuni a tutti gli operatori: è iper-competitivo, offre un rendimento medio sul lungo termine molto basso (l’1% appena, mettendo assieme storie di successo e fallimenti, compagnie private rampanti e vecchi rottami pubblici) e richiede grandi investimenti ripetuti nel tempo, perché in questo settore o si cresce o si declina, presidiare senza sforzo una quota di mercato dopo averla acquisita è impossibile.