3 ottobre 2017
APPUNTI PER GAZZETTA - IL SEGUITO DI LAS VEGASREPUBBLICA.ITLAS VEGAS - "Un folle pieno di problemi, un individuo molto malato"
APPUNTI PER GAZZETTA - IL SEGUITO DI LAS VEGAS
REPUBBLICA.IT
LAS VEGAS - "Un folle pieno di problemi, un individuo molto malato". Così il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha definito Stephen Paddock, l’autore della strage al concerto country dove hanno perso le vita 59 persone e più di 500 sono rimaste ferite. Un giudizio netto, dato in risposta alle polemiche e alle proteste riesplose, dopo l’ennesimo massacro, sulla facilità con cui negli Usa è possibile acquistare e detenere armi da fuoco. "Della legge sul porto d’armi - ha chiosato Trump - parleremo in futuro".
• LA LEGGE SUL PORTO D’ARMI
Parole che hanno scatenato la reazione dei democratici e di buona parte dell’opinione pubblica americana. "Il nostro dolore non è abbastanza. Dobbiamo mettere la politica da parte e scendere in campo contro la Nra (National rifle association, la lobby americana delle armi, ndr) e lavorare insieme per provare a impedire che questo succeda di nuovo", ha scritto su Twitter l’ex segretario di Stato, Hillary Clinton, poche ore dopo la sparatoria.
Ma prima che parlasse Trump, mettendo le mani avanti, era stata la Casa Bianca, tramite la portavoce Sarah Sanders, a cercare di frenare sul nascere le polemiche: "Sarebbe prematuro discutere di politica quando ancora non conosciamo appieno tutti i fatti né cosa sia avvenuto". I repubblicani, al momento, hanno dunque respinto gli appelli dei democratici che chiedono di rivedere la legge sulle armi. Oggi il deputato dem Chuck Schumer ha rilanciato chiedendo al Congresso di approvare "leggi capaci di vietare le armi, specialmente le più pericolose, perché non finiscano in mani sbagliate".
Las Vegas, Zucconi: ’’Usa, l’ipocrisia dei politici con la pistola"
STEPHEN PADDOCK
Un pensionato di 64 anni, americano, bianco, sconosciuto alla polizia: un insospettabile uomo qualunque. Eppure Stephen Paddock ha ucciso oltre 50 persone al concerto di Las Vegas. "Era un investitore multimilionario che aveva fatto una fortuna nel settore immobiliare", afferma il fratello Eric. Il perché è ancora sconosciuto.
Lo stato islamico avrebbe rivendicato l’attacco, ma l’Fbi smentisce categoricamente l’ipotesi terroristica: "Non c’è, al momento, nessun collegamento con un gruppi internazionali". Lo sceriffo di Las Vegas, Joseph Lombardo, lo ha piuttosto descritto come "lupo solitario", che viveva a Mesquite, una cittadina di circa 18mila abitanti, a circa 120 km a nord est di Las Vegas, Nevada, al confine con l’Arizona.
Secondo il fratello Eric, rintracciato da numerose testate giornalistiche, l’uomo era un tranquillo e benestante pensionato. Dal 2013 era proprietario di una casa monofamiliare pagata 370 mila dollari in un complesso residenziale per over 55 a Mesquite, meno di cento chilometri a nord di Las Vegas, e qui abitava dal giugno del 2016.
In precedenza aveva vissuto anche in Texas, California e Florida. Frequenti le sue puntate a Las Vegas dove trascorreva giorni negli alberghi per giocare al casinò. Amava anche volare, aveva un brevetto da pilota e c’è chi dice che fosse proprietario di due piccoli aerei. Aveva anche richiesto una licenza di caccia in Alaska. Possedeva sì delle armi, ma tutte legalmente acquistate e registrate, e, sempre secondo il fratello Eric, "non era assolutamente un fissato" né aveva alcuna affiliazione politica o religiosa.
Una foto del 1960 e una del 1977 di Benjamin Hoskins Paddock
CondividiSe qualcosa di criminale emerge, nell’apparente normalità famiglia Paddock, è piuttosto dalla figura del padre, Benjamin, col nome iscritto nella lista dei grandi ricercati dall’Fbi, tra la fine degli anni 60 e l’inizio degli anni 70: un criminale fuggito da una prigione federale, descritto dal Bureau come "psicopatico, in possesso di armi da fuoco usate durante le rapine" e con tendenze suicide. Un tipo "molto pericoloso". Las Vegas, la finestra sfondata al 32esimo piano dell’hotel da cui ha sparato il killer Condividi E invece, fino a ieri, il figlio maggiore appariva "una persona normalissima". "Era un uomo qualunque, qualcosa deve essere successo, deve aver perso la testa, siamo scioccati", così dice ora il fratello minore Eric. Paddock era all’hotel Mandalay Bay da giovedì, con la stanza prenotata a nome della compagna, Mary Lou Danley, 62 anni, cittadina australiana di origini asiatiche che viveva con l’assalitore: dopo poche ore è stata rintracciata dalla polizia ma è risultata estranea alla strage. "Non pensiamo sia coinvolta - ha fatto sapere la polizia - al momento della strage era fuori dal Paese".
L’uomo qualunque però aveva con sé 23 armi tra fucili automatici e pistole, ha ucciso decine di persone sparando a caso sulla folla e poi, terminata la carneficina, sentendosi braccato, ha scelto di suicidarsi prima di essere raggiunto dalla polizia.
CORRIERE.IT
La strage di Las Vegas non sposta le priorità: «Parleremo di legge sulle armi col passare del tempo». Donald Trump rallenta all’indomani della tragedia del Mandalay Bay. Il killer, per il presidente Usa, «era un uomo malato, un uomo pazzo. Molti problemi immagino». Nessun terrorismo interno. Nessuna fuga in avanti politica.
L’arsenale del killer
Ma sono proprio le armi il tema del giorno dopo: nella casa di Stephen Paddock gli investigatori hanno trovato 19 armi da fuoco, tra pistole e fucili, mentre sono 23 quelle che aveva nella sua stanza di hotel. Un vero arsenale che ha riacceso un argomento già caldo per la politica americana .
Le pressioni politiche
I democratici sono tornati a rinnovare le loro richieste al Congresso, controllato dai repubblicani, per una legge che rafforzi la sicurezza dopo la strage di Las Vegas. Il leader della Camera, Chuck Schumer, ha detto che il Congresso deve approvare «leggi capaci di evitare le armi, specialmente le più pericolose, e che finiscano nelle mani sbagliate». La leader del Senato, Nancy Pelosi, ha chiesto allo speaker della Camera Paul Ryan una commissione ad hoc per lavorare a una nuova normativa e di ritirare il progetto di legge per facilitare l’uso dei silenziatori.
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L’affondo del New York Times
Deciso intervento anche del New York Time, che titola un editoriale di martedì “477 giorni. 521 stragi di massa. Nessuna azione da parte del Congresso’’. All’interno il quotidiano si limita a pubblicare il calendario del 2016 e del 2017 indicando in nero «il giorno del mese in cui almeno una strage di massa è stata compiuta negli Stati Uniti». Per strage di massa si intende una sparatoria in cui almeno quattro persone sono state ferite o uccise in un singolo evento. Al 1 ottobre 2017 sono associate alcune parole: «un aggressore ha aperto il fuoco su un festival di musica country a Las Vegas. Almeno 59 persone sono state uccise e 527 ferite. Dalla strage di Orlando nel 2016, almeno 585 persone sono state uccise e 2.156 sono state ferite in stragi di massa».
L’affondo del comico e conduttore
Altro duro affondo contro le armi è arrivato anche dal popolare comico e conduttore tv Jimmy Kimmel. Aprendo la sua trasmissione lunedì sera, Kimmel ha definito come inadeguati gli inviti a pregare per le vittime della strage di Las Vegas da parte del presidente Donald Trump, dello speaker della Camera Paul Ryan e del leader della maggioranza repubblicana al Senato Mitch McConnell: «dovrebbero pregare Dio di perdonarli per consentire alla lobby delle armi di governare questo Paese», ha accusato. Poi se l’è presa con i parlamentari che «non vogliono fare nulla su questo perché la Nra (la potente lobby delle armi, ndr) li tiene per le p.... con i soldi».
Bannon: «Impossibile che Trump cambi idea»
Ma la sparatoria più sanguinosa della storia americana, come detto, non sposta le priorità. D’altronde una svolta sinistra sulle armi da parte di Trump è ritenuta «impossibile» anche da chi lo conosce bemne, dall’ex chief strategist della Casa Bianca, Steve Bannon, ora dirigente del sito di ultradestra Breitbart. Anzi, per Bannon «sarebbe la fine di tutto» perché la sua base elettorale reagirebbe malissimo.
OLIMPIO SULLE ARMI
Ora c’è la conferma: il killer di Las Vegas aveva modificato un paio delle sue armi, forse con il bump-stock, dispositivo che permette di sparare in automatico centinaia di proiettili nell’arco di un minuto. Questo spiega le lunghe raffiche udite al momento dell’attentato contro gli spettatori dello spettacolo.
La polizia, secondo i primi elementi investigativi, ha rivelato che Stephen Paddock aveva 19 tra pistole e fucili nella stanza dell’albergo usata come postazione di tiro. Due erano dotati di treppiede, un paio di «ottica» da cecchino, anche se c’era poco da prendere la mira: nel piazzale, a circa 500 metri di distanza, erano assiepate 20 mila persone. Forse voleva usare armi di precisione per contrastare gli agenti. In una successiva perquisizione nella sua casa di Mesquite gli agenti hanno trovato altre 23 armi da fuoco. Inoltre aveva accumulato migliaia di proiettili (sempre nell’hotel) e si era portato dietro del fertilizzante che probabilmente voleva trasformare in esplosivo. Indiscrezioni hanno aggiunto che l’attentatore ha impiegato una decina di borsoni per trasferire il suo arsenale.
Il bump-stock è al centro da tempo di molte polemiche da parte di chi invoca maggiori restrizioni. In realtà è legale e lo si può acquistare anche online con prezzi accessibili: dai 100 ai 300 dollari a seconda del modello. Un altro aspetto è quello dei caricatori. Gli investigatori non hanno per ora fornito dettagli, però non sarebbe una sorpresa se l’assassino avesse utilizzato quelli “lunghi”, che garantiscono un maggior numero di proiettili, o a “tamburo” (contengono 75 o pù pallottole) e possono essere impiegati in coppia
LASTAMPA.IT
paolo mastrolilli inviato a new yorkLa «Strip» di Las Vegas è diventata un campo di battaglia domenica sera, con almeno 58 caduti e oltre 500 feriti. Ma perché? Cosa ha spinto Stephen Paddock, un pensionato di 64 anni, a compiere la strage più sanguinosa nella storia Usa nel cuore della capitale mondiale della trasgressione? Domenica era l’ultima giornata del «Route 91 Harvest Festival», kermesse di musica country, e Jason Aldean era appena salito sul palco all’aperto per chiudere il concerto. Alle dieci e otto minuti i 22.000 spettatori hanno sentito alcune esplosioni: «Ho capito subito - ha raccontato la testimone Tenaja Floyd - che non si trattava di fuochi d’artificio». Erano proiettili, piovevano da una finestra al 32° piano del Mandalay Bay Resort, l’albergo sul lato opposto della «Strip». Nove secondi di spari a raffica, poi trentasette secondi di pausa, e poi ancora scariche di colpi. Almeno 58 persone sono morte, e oltre 500 sono rimaste ferite. Prima dello show, secondo un’altra testimone, una donna aveva minacciato gli spettatori: «Morirete tutti». Sapeva qualcosa?
La polizia ha individuato in fretta la stanza da dove venivano gli spari, ma quando ha forzato la porta tutto era già finito. Dentro ha trovato Paddock, che si era suicidato, e diciannove fucili da guerra.
Il killer era un pensionato benestante, secondo il fratello miliardario, che viveva in una bella casa di Mesquite, poco a Nord di Las Vegas, con la fidanzata di 62 anni Marilou Danley. Aveva preso una stanza al Mandalay giovedì 28, ma nessuno aveva notato nulla di strano. Giorno dopo giorno però aveva portato dentro il suo arsenale, e un martello per rompere la finestra da cui sparare. Dunque un piano premeditato nei dettagli, che esclude un’esplosione improvvisa di rabbia, e accresce il mistero sulle motivazioni.
L’Isis, che a giugno con un video aveva sollecitato i militanti a colpire Las Vegas, ha rivendicato l’attentato: «Paddock era un soldato convertito di recente all’Islam». L’Fbi però ha smentito: non ha trovato tracce nell’albergo, e nulla di inusuale nella casa. Ha parlato con Marilou, che era nelle Filippine e ha detto di non sapere nulla. Eric, il fratello di Paddock che vive in Florida, ha descritto così la sua sorpresa: «È come se ci fosse caduto un meteorite in testa. Stephen non aveva alcuna affiliazione politica o religiosa, che io sappia. Possedeva armi, ma non era un maniaco. Al massimo aveva beccato un paio di multe».
Il presidente Trump, in assenza di dettagli, si è limitato a fare un appello all’unità: «Questo è un atto di pura malvagità». Quando gli investigatori scopriranno il motivo, però, i toni cambieranno. Se Paddock ha agito davvero ispirandosi all’Isis non sarebbe una notizia positiva per l’amministrazione, ma almeno giustificherebbe la durezza con cui il capo della Casa Bianca vuole combatterla, anche se il bando degli immigrati islamici non avrebbe evitato la strage. Se era affiliato a qualche gruppo terroristico interno, l’attacco acuirebbe la spaccatura politica e razziale, che Trump è accusato di fomentare. Se era un «sociopatico», come ha detto lo sceriffo di Las Vegas Joe Lombardo, o uno «psicopatico», come suo padre che rapinava banche, si scateneranno due polemiche.
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La prima sulla scarsa attenzione per la cura delle malattie mentali, che è la versione preferita dai conservatori per spiegare queste tragedie; la seconda sulla diffusione delle armi, che invece è un tema centrale per i democratici, ma molto imbarazzante per Trump. Negli Usa infatti ci sono più fucili che abitanti. La loro diffusione è garantita dal Secondo emendamento della costituzione, un paragrafo ormai anacronistico, che era stato inserito dai padri fondatori per consentire ai cittadini di riprendere le armi se gli inglesi fossero tornati ad invadere l’ex colonia.
La lobby dei produttori Nra è però brava ad usare la tradizione culturale americana per difendere i suoi interessi: Obama non era riuscito a piegarla dopo la strage nella scuola di Sandy Hook, e Trump nemmeno ci proverà adesso, perché altrimenti perderebbe i voti della sua base. Secondo le prime informazioni raccolte dagli investigatori, Paddock aveva comprato legalmente le sue armi. Se fosse così, dunque, la polizia non avrebbe potuto fargli neppure una multa, mentre andava a compiere il suo massacro.