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 2017  ottobre 03 Martedì calendario

Debito pubblico. Tassi negativi ma resta il rischio politico

I BoT in circolazione a rendimenti negativi sono 115 miliardi, un terzo sul totale nell’Eurozona, dati Tradeweb. Il tasso sottozero delle deposit facilities Bce aiuta l’Italia ultraindebitata. Ma le agenzie di rating in agguato guardano anche a crescita, rischio politico e spread. I tassi negativi sono un’anomalia che il mese scorso ancora valeva 7.400 miliardi di dollari di titoli di Stato in circolazione su scala globale. I debitori sono i principali beneficiari di questo mondo alla rovescia, e l’Italia è tra i primi Stati indebitati ad esserlo. In un rapporto pubblicato ieri sull’andamento della crescita europea, il capo economista di S&P’s Jean-Michel Six addirittura azzarda l’ipotesi che, se messa alle strette da un supereuro, la Bce potrebbe tagliare ulteriormente il tasso delle deposit facilities dall’attuale -0,40% «perché il tasso della remunezione overnight delle riserve in eccesso delle banche è uno strumento di intervento sul tasso di cambio».
Per le banche, per il mondo del credito, per il flusso dei prestiti all’economia – che influisce sulla capacità degli Stati di rimborsare il debito pubblico – i tassi sotto zero hanno infinite implicazioni, come emerso nella conferenza internazionale su “Tassi d’interesse, crescita e regolamentazione” organizzata in questi giorni dall’Università di Economia Ca’Foscari di Venezia, Abi e Bei. In un settore eterogeneo come quello bancario, i tassi negativi sono stati affrontati in maniera variegata dagli istituti più diversi, di rilevanza sistemica, con vocazione domestica, con business incentrato sulla clientela privata o sulle commissioni, con raccolta dominata dai depositi o dall’emissione di bond.
La riduzione dei margini causata dai tassi negativi (non sono scesi sotto lo zero i depositi alla clientela), ha aumentato la propensione al rischio controparte di alcune banche per rimpolpare i profitti, ma in altre meno capitalizzate è diminuita la capacità di erogazione dei prestiti. In alcuni Paesi i tassi dei mutui ipotecari sono scesi (Italia), in altri sono saliti (Svizzera). In alcuni mercati immobiliari, come quello svedese, danese e tedesco, i prezzi delle case sono saliti molto e così il rischio di una bolla speculativa immobiliare. Sebbene i tassi negativi delle banche centrali siano considerati strumenti di politica monetaria “espansiva” perchè vengono in aiuto alla crescita e abbassano il costo di rifinanziamento del debito per gli Stati ultraindebitati, è auspicato da tutti ora il ritorno a una qualche sorta di normalità e dunque di tassi in rialzo nell’Eurozona. Anche in questo caso, però, lo scenario si presenta in chiaroscuro. A trarre beneficio da rendimenti al rialzo sono i risparmiatori e i grandi portafogli (fondi pensione e compagnie di assicurazione restano investitori molto prudenti anche in tempi di tassi negativi) e per le banche margini e redditività crescono. Tuttavia, il rialzo dei tassi può essere nocivo in vari modi: aumenta la volatilità per il rischio dello scoppio delle bolle (dove i prezzi possono essere saliti troppo, dai titoli di Stato periferici ai Paesi emergenti e high yield bond, si teme un crollo); salgono i default delle imprese più deboli; calano i depositi per via della liquidità che si sposta su asset più appetibili.
Al Tesoro italiano, un rialzo modesto dei tassi dovuto alla crescita e accompagnato dall’inflazione non è temuto, come emerge nelle proiezioni della nota di aggiornamento al Def, dove persino lo scenario peggiore porta al calo del debito/Pil nei prossimi anni. La vita media del debito pubblico e la durata finanziaria sono tali da proteggere i conti pubblici dal rialzo dei tassi, e la maggiore spesa è vista salire poco e lentamente nel tempo. Quando il rialzo dei tassi è accompagnato da crescita robusta e inflazione, l’impatto negativo sul debito è contenuto. Altra cosa è lo spread: un peggioramento del premio a rischio sovrano dell’Italia sulla Germania, provocato da stallo politico, ingovernabilità o politiche populiste ed estremiste anti-euro, con conseguente rallentamento della crescita, può tradursi nel deterioramento dell’affidabilità creditizia del Paese.
Tre grandi agenzie di rating hanno fissato in ottobre l’ultimo appuntamento 2017 con l’Italia: resta da vedere se decideranno di modificare le valutazioni prima delle elezioni. Moody’s ha peggiorato in negativo l’outlook da poco, meno di un anno fa; Fitch ha declassato l’Italia lo scorso aprile e da allora la vede stabile. L’unica ferma da lungo tempo è S&P’s, che mantiene la BBB- e le prospettive stabili sull’Italia dal dicembre 2014, confermate lo scorso maggio: ma potrà migliorare l’outlook grazie alla crescita e ai progressi sui Npl, quando resta aperto il rischio delle urne?
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