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 2017  ottobre 03 Martedì calendario

Telecomando tv sigillato, niente vetro per figli e nipoti. Cambia il «carcere duro»

ROMA I figli e i nipoti dei detenuti al «carcere duro» potranno partecipare ai colloqui con il padre o il nonno standogli accanto per tutta l’ora dell’incontro, mentre gli altri partecipanti (al massimo tre) rimarranno dall’altra parte del vetro divisorio; una concessione introdotta per «bilanciare interessi di pari rilevanza, tra tutela del diritto del detenuto a mantenere rapporti affettivi e quello di garantire la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica», che rappresenta la principale novità del nuovo regolamento sul regime del «41 bis». Da quando fu introdotto venticinque anni fa per i capi delle organizzazioni criminali, all’indomani delle stragi di mafia del 1992, è la prima volta che il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria interviene in maniera organica per uniformare i trattamenti tra un carcere e l’altro, entrando nei minimi dettagli di ciò che boss e gregari possono e non possono fare.
«Era tempo di dare un assetto definitivo a questa importante leva nel contrasto alla criminalità organizzata, inquadrandola in modo più chiaro nella cornice dello stato di diritto, perché lo Stato è tenuto a rispettare le regole anche quando è chiamato a contrastare i suoi peggiori nemici», commenta il ministro della Giustizia Andrea Orlando. E il direttore dell’Ufficio detenuti e trattamenti del dap Roberto Piscitello, che ha redatto la circolare sottoscritta anche dal capo del Dipartimento Santi Consolo, spiega: «Era necessario rendere omogenea l’applicazione del 41 bis, evitando sia atteggiamenti troppo permissivi che restrizioni troppo afflittive; il regime di detenzione speciale serve a impedire l’ideazione, la pianificazione e la commissione di nuovi reati, ma non può e non deve trasformarsi in una pena aggiuntiva rispetto a quella stabilita dai giudici nei processi».
Le nuove regole arrivano insieme alle riflessioni sollecitate dal Dap alla Procura nazionale antimafia e alle Procure distrettuali sul numero record raggiunto dai ristretti al «carcere duro»: siamo a quota 729, la capienza massima dei 12 istituti che possono accoglierli. Attualmente ce ne sono una decina in «lista d’attesa», destinati alla meno severa «alta sorveglianza» finché non si libereranno i posti necessari (ne erano stati previsti 90 in più, che però mancano per responsabilità della ditta che doveva costruirli nella prigione di Cagliari). Chi invece è già inserito in quel circuito, da Totò Riina in giù, dovrà attenersi ai 37 articoli varati ieri, completi di prescrizioni apparentemente poco significative, ma utili a dirimere questioni che, in passato, hanno creato problemi e tensioni.
Il telecomando del televisore della cella in cui si possono vedere solo le reti nazionali, «dovrà essere sigillato e piombato al fine di evitarne la manomissione, e frequentemente controllato» dalla polizia penitenziaria; questo perché qualcuno è riuscito a collegarsi con una tv locale campana dove scorrevano messaggi inviati dal pubblico, possibile canale di comunicazione con l’esterno. Lo stesso pericolo può nascondersi nelle cronache dei giornali locali, vietati per impedire che i boss si informino «sulle vicende connesse al clan criminale ovvero per verificare l’avvenuta esecuzione dei propri ordine veicolati all’esterno».
I libri non possono essere acquistati perché andrebbero controllati riga per riga dal personale, e si potranno leggere solo quelli della biblioteca del carcere; via libera alle fotografie da tenere in cella, fino a trenta e «di dimensione non superiore a 20x30 centimetri»; il barbiere è previsto una volta al mese con precise prescrizioni e perquisizioni ogni volta che entra e esce. Aumentato il numero dei colori che può tenere con sé chi disegna o dipinge; le ciabatte ai piedi sono consentite solo in cella o per andare alle docce, ma sono vietate quelle con la suola alta che «si presta a manomissioni o occultamenti di vario genere». Si possono comprare vestiti, purché «di modico valore, in quanto il vestiario lussuoso potrebbe manifestare una condizione di superiorità su altri detenuti». Come l’acquisto di cibo in più rispetto a quello passato dall’amministrazione, consentito «sempre che non si tratti di beni di carattere voluttuario e/o tali da manifestare una posizione di potere e supremazia del detenuto».