Corriere della Sera, 3 ottobre 2017
Nord Corea, il miracolo sul ghiaccio
PECHINO Un piccolo miracolo sul ghiaccio nella crisi coreana, a dispetto delle minacce di guerra totale che rimbalzano tra Pyongyang e Washington. La spiraglio sottile di una possibile distensione è stato aperto da una coppia di pattinatori artistici della Nord Corea, che si sono qualificati per i Giochi olimpici invernali.
Le Olimpiadi 2018 si svolgeranno a Pyeongchang in Corea del Sud, a poche decine di chilometri dal 38° Parallelo. E ci si chiede che cosa farà Kim Jong-un. Rispetterà la Tregua olimpica o con un test missilistico metterà in fuga migliaia di atleti venuti da tutto il mondo? Si può gareggiare con l’incubo di un’esplosione nucleare dall’altra parte della frontiera più militarizzata del pianeta? Il governo francese ha già detto che se a febbraio la situazione fosse pericolosa non invierebbe la sua squadra; incerti anche austriaci e tedeschi.
Le autorità sudcoreane da mesi ripetono inviti a Pyongyang perché mandi una rappresentativa ai Giochi. Nessuna risposta. E neanche un atleta nordcoreano si era ancora qualificato per le gare. Ma ora la coppia di campioni di pattinaggio di figura della Repubblica democratica popolare di Corea (questo il nome ufficiale del Nord) ha conquistato la qualificazione. Lei si chiama Ryom Tae-ok, 18 anni, lui Kim Ju-sik, 25.
Ryom e Kim si sono meritati il biglietto per le Olimpiadi al termine di un torneo in Germania. Se a febbraio il Maresciallo Kim deciderà di farli partire per i Giochi nella nemica Sud Corea, la Tregua olimpica dovrebbe essere assicurata. La coppia si è preparata alla gara decisiva in Canada, seguendo anche i consigli di un allenatore e una coreografa canadesi Tra gli accorgimenti fondamentali per il pattinaggio artistico su ghiaccio c’è la scelta della colonna sonora che deve ispirare le figure e trasmettere emozione. I ragazzi nordcoreani di solito si esibiscono al ritmo dello «Schiaccianoci» di Tchaikovsky e «A Day in the life» dei Beatles. Ma per la finale decisiva in Baviera hanno preferito accettare la proposta della coreografa di Montreal: «Je ne suis qu’une chanson», melodia struggente di Ginette Reno.
Dopo la qualificazione Kim, in una rara dichiarazione pubblica, ha ammesso: «Mi sentivo nervoso, ma la gente ci ha incitato e sentivo anche la fiducia dei compagni allenatori che mi spingeva».
Nel palazzetto del ghiaccio di Oberstdorf in Baviera la squadra nordcoreana era seduta al fianco di quella americana e non è stato colto alcun segno di ostilità, ma nemmeno di fraternizzazione. Si è detta commossa invece la coreografa canadese Julie Marcotte: «Avevo delle idee preconcette sulla Nord Corea, ma questa coppia di giovani mi ha provato il contrario, stando con loro ho imparato a farmi un’opinione in base a quello che vedo, non a quello che sento dire».
A Seul il presidente Moon Jae-in si è detto entusiasta del successo e ha ripetuto la sua richiesta al Cio, il Comitato Olimpico internazionale, di facilitare in ogni modo la partecipazione nordcoreana. La giuria in Baviera non ha comunque aiutato Ryom e Kim, che a detta di tutti gli esperti si sono conquistati con merito la posizione.
Pyeongchang è 180 chilometri a est di Seul, a circa 70 chilometri dalla Zona demilitarizzata che spacca la penisola. Quando la sconosciuta località sudcoreana si candidò per ospitare le Olimpiadi 2018 molti delegati del Cio credettero per un momento che si trattasse di Pyongyang, la capitale della Nord Corea. Trent’anni fa, quando a Seul toccarono i Giochi estivi, Kim Il-sung, fondatore del regime nordcoreano e nonno di Kim Jong-un, ordinò il boicottaggio.