Focus, 23 settembre 2017
Uccisi dalle proprie invenzioni Sventura, eccesso di audacia, sottovalutazione del pericolo: non sempre la vita degli inventori è coronata dal successo. Sono molti i casi di scienziati, ingegneri o architetti rimasti vittime delle loro curiose invenzioni. Soprattutto tra il ’700 e il ’900 quando, di pari passo con le rivoluzioni tecnologiche, si è assistito a un boom di sperimentazioni in molti campi del sapere. E se oggi il nome di alcuni di questi sfortunati inventori è stato dimenticato, quello di altri campeggia in luoghi pubblici senza che noi ce ne rendiamo conto. Come quello di Lilienthal, il re dei deltaplani, cui è dedicato l’aeroporto Tegel a Berlino. O quello di Abakovsky, l’uomo che provò a inventare, con quasi un secolo di anticipo, i treni ad alta velocità, il cui nome oggi appare nella necropoli del Cremlino vicino a quello di Gagarin. VISIONARI. Se l’alto numero di incidenti del passato è da imputare alle scarse precauzioni prese dagli aspiranti inventori, è vero anche che il modo di sperimentare è molto cambiato. Oggi un’invenzione è in genere il frutto di un lavoro di équipe, cui si dedicano centri di ricerca, imprese e università; allora era perlopiù un processo individuale che avveniva in piccole botteghe e in scantinati bui. E all’inventiva si associava un po’ di follia. Ecco gli inventori più geniali (e sfortunati) vittime delle loro stesse creazioni e idee. Giuliana Rotondi La rotativa killer Americano di New York, William Bullock (18131867), rimasto orfano e cresciuto con il fratello, iniziò la carriera creando una macchina per tagliare le tegole. Animato da spirito creativo, nella vita fece diversi lavori, finendo poi per diventare redattore in un giornale di Filadelfia. Fu lì che iniziò a interessarsi alla stampa. Ai tempi, c’era la rotativa ideata vent’anni prima da Richard March Hoe, alimentata a fogli singoli: innovativa, ma lenta. Incastrato. Bullock, nel 1865, ebbe l’intuito di alimentarla a bobina, rendendo molto più rapido il processo: la macchina arrivò a stampare fino a 12mila fogli l’ora, e in seguito, fatte alcune migliorie, addirittura 30mila. Ma un giorno qualcosa andò storto: il 3 aprile di due anni dopo, infatti, mentre stava facendo alcune modifiche a una nuova rotativa installata per il Philadelphia Public Ledger, finì incastrato con la gamba nella macchina. L’incidente ebbe conseguenze drammatiche: l’arto andò in cancrena e dopo nove giorni Bullock morì sotto i ferri, mentre cercavano di amputarglielo. Il treno troppo veloce Potremmo considerarlo il “nonno dei treni ad alta velocità”. Lettone di origine, impiegato alla Ceka, la polizia politica sovietica, Valerian Abakovsky (18951921) ideò l’Aerowagon, un treno che viaggiava su rotaie ma era dotato di un’elica e di un motore da aereo. Secondo le intenzioni avrebbe dovuto permettere di viaggiare a una velocità maggiore (circa 140 km/h) rispetto ai treni normali. L’obiettivo era riservarlo ai funzionari sovietici che avevano l’esigenza di spostarsi rapidamente nei vasti territori dell’Unione Sovietica. Ritorno fatale. Il 24 luglio del 1921, Abakovsky testò il suo treno-aereo da Mosca a Tuia, su un percorso di circa 190 km. Con lui c’erano vari esponenti della dirigenza comunista tra cui Fèdor Sergeev, amico di Stalin e capo del comitato rivoluzionario ucraino. Il viaggio di andata fu un successo, ma nel ritorno il mezzo deragliò. Morirono 7 dei 22 passeggeri, incluso l’inventore. Tutti furono sepolti nella necropoli del Cremlino, con i personaggi più significativi della rivoluzione. SPINTO A ELICA. L’ala che non si aprì Era un sarto con la passione del volo. Originario dell’attuale Repubblica Ceca, Franz Reichelt (1879-1912) a fine Ottocento si trasferì a Parigi. Qui progettò una tuta-paracadute da indossare per buttarsi da altezze non eccessive (3-4 metri). Per testarla, mise a punto dei manichini con ampie ali pieghevoli che lasciò planare dai palazzi; poi sostituì le ali con tute indossabili. Oggi salto io. Ottenne poi il permesso di condurre un test dal primo livello della Torre Eiffel (57 m di altezza). Era il 4 febbraio del 1912. Ma quando arrivò, annunciò che a buttarsi sarebbe stato lui stesso invece dei manichini. Le cose però non andarono come sperato: Reichelt indossò la tuta e si lanciò, ma il bizzarro paracadute non si aprì bene e lui si schiantò al suolo. Il suo tragico volo è visibile su YouTube. L’uomo del Titanic Progettò il Titanic e affondò con esso nella drammatica notte tra il 14 e 15 aprile 1912. Irlandese di origine, architetto e costruttore navale, Thomas Andrews (1873-1912) fin da piccolo si guadagnò il soprannome di “ammiraglio” per la sua passione per le navi. Crescendo, il suo hobby divenne una professione e nel 1908 diventò amministratore delegato e capo del reparto di architettura della società incaricata di costruire il famoso transatlantico. Eroico. Secondo le ricostruzioni, dopo lo scontro del Titanic con l’iceberg, Andrews mantenne sempre i nerv
Sventura, eccesso di audacia, sottovalutazione del pericolo: non sempre la vita degli inventori è coronata dal successo. Sono molti i casi di scienziati, ingegneri o architetti rimasti vittime delle loro curiose invenzioni. Soprattutto tra il ’700 e il ’900 quando, di pari passo con le rivoluzioni tecnologiche, si è assistito a un boom di sperimentazioni in molti campi del sapere. E se oggi il nome di alcuni di questi sfortunati inventori è stato dimenticato, quello di altri campeggia in luoghi pubblici senza che noi ce ne rendiamo conto. Come quello di Lilienthal, il re dei deltaplani, cui è dedicato l’aeroporto Tegel a Berlino. O quello di Abakovsky, l’uomo che provò a inventare, con quasi un secolo di anticipo, i treni ad alta velocità, il cui nome oggi appare nella necropoli del Cremlino vicino a quello di Gagarin.
VISIONARI. Se l’alto numero di incidenti del passato è da imputare alle scarse precauzioni prese dagli aspiranti inventori, è vero anche che il modo di sperimentare è molto cambiato. Oggi un’invenzione è in genere il frutto di un lavoro di équipe, cui si dedicano centri di ricerca, imprese e università; allora era perlopiù un processo individuale che avveniva in piccole botteghe e in scantinati bui. E all’inventiva si associava un po’ di follia. Ecco gli inventori più geniali (e sfortunati) vittime delle loro stesse creazioni e idee.
La rotativa killer
Americano di New York, William Bullock (18131867), rimasto orfano e cresciuto con il fratello, iniziò la carriera creando una macchina per tagliare le tegole. Animato da spirito creativo, nella vita fece diversi lavori, finendo poi per diventare redattore in un giornale di Filadelfia. Fu lì che iniziò a interessarsi alla stampa. Ai tempi, c’era la rotativa ideata vent’anni prima da Richard March Hoe, alimentata a fogli singoli: innovativa, ma lenta. Incastrato. Bullock, nel 1865, ebbe l’intuito di alimentarla a bobina, rendendo molto più rapido il processo: la macchina arrivò a stampare fino a 12mila fogli l’ora, e in seguito, fatte alcune migliorie, addirittura 30mila. Ma un giorno qualcosa andò storto: il 3 aprile di due anni dopo, infatti, mentre stava facendo alcune modifiche a una nuova rotativa installata per il Philadelphia Public Ledger, finì incastrato con la gamba nella macchina. L’incidente ebbe conseguenze drammatiche: l’arto andò in cancrena e dopo nove giorni Bullock morì sotto i ferri, mentre cercavano di amputarglielo.
Il treno troppo veloce
Potremmo considerarlo il “nonno dei treni ad alta velocità”. Lettone di origine, impiegato alla Ceka, la polizia politica sovietica, Valerian Abakovsky (18951921) ideò l’Aerowagon, un treno che viaggiava su rotaie ma era dotato di un’elica e di un motore da aereo. Secondo le intenzioni avrebbe dovuto permettere di viaggiare a una velocità maggiore (circa 140 km/h) rispetto ai treni normali. L’obiettivo era riservarlo ai funzionari sovietici che avevano l’esigenza di spostarsi rapidamente nei vasti territori dell’Unione Sovietica.
Ritorno fatale. Il 24 luglio del 1921, Abakovsky testò il suo treno-aereo da Mosca a Tuia, su un percorso di circa 190 km. Con lui c’erano vari esponenti della dirigenza comunista tra cui Fèdor Sergeev, amico di Stalin e capo del comitato rivoluzionario ucraino. Il viaggio di andata fu un successo, ma nel ritorno il mezzo deragliò. Morirono 7 dei 22 passeggeri, incluso l’inventore. Tutti furono sepolti nella necropoli del Cremlino, con i personaggi più significativi della rivoluzione.
L’ala che non si aprì
Era un sarto con la passione del volo. Originario dell’attuale Repubblica Ceca, Franz Reichelt (1879-1912) a fine Ottocento si trasferì a Parigi. Qui progettò una tuta-paracadute da indossare per buttarsi da altezze non eccessive (3-4 metri). Per testarla, mise a punto dei manichini con ampie ali pieghevoli che lasciò planare dai palazzi; poi sostituì le ali con tute indossabili.
Oggi salto io. Ottenne poi il permesso di condurre un test dal primo livello della Torre Eiffel (57 m di altezza). Era il 4 febbraio del 1912. Ma quando arrivò, annunciò che a buttarsi sarebbe stato lui stesso invece dei manichini. Le cose però non andarono come sperato: Reichelt indossò la tuta e si lanciò, ma il bizzarro paracadute non si aprì bene e lui si schiantò al suolo. Il suo tragico volo è visibile su YouTube.
L’uomo del Titanic
Progettò il Titanic e affondò con esso nella drammatica notte tra il 14 e 15 aprile 1912. Irlandese di origine, architetto e costruttore navale, Thomas Andrews (1873-1912) fin da piccolo si guadagnò il soprannome di “ammiraglio” per la sua passione per le navi. Crescendo, il suo hobby divenne una professione e nel 1908 diventò amministratore delegato e capo del reparto di architettura della società incaricata di costruire il famoso transatlantico.
Eroico. Secondo le ricostruzioni, dopo lo scontro del Titanic con l’iceberg, Andrews mantenne sempre i nervi saldi, e si adoperò per aiutare più persone possibile a salvarsi, invitandole a indossare i giubbotti di salvataggio e a recarsi alle lance. Sembra che a vederlo per l’ultima volta sia stato John Stewart, un cameriere, nella sala fumatori di prima classe. Forse Andrews lasciò la nave all’ultimo momento, ma non si salvò. Fu Stewart a raccontare che, durante tutto il viaggio, l’architetto aveva annotato su alcuni fogli le migliorie da apportare alla nave, consegnandoli prima di morire a un assistente che si salvò dal disastro. Il corpo di Andrews invece non fu mai ritrovato: oggi il suo nome è il primo nel memoriale di Belfast, in Irlanda, dedicato al Titanic.
L’eterna giovinezza
Al fianco di Lenin e di altri rivoluzionari, Aleksandr Bogdanov (1873-1928) contribuì alla nascita del bolscevismo. Ma poi prese le distanze dal futuro leader, si trasferì a Capri, poi a Bologna, infine tornò in Russia grazie un’amnistia concessa dallo zar Nicola li.
Trasfusioni. Allo scoppio della Prima guerra mondiale fece il medico, poi scrisse popolari romanzi di fantascienza e si occupò di scienza e tecnologia. Nel 1924, sviluppò però una personale teoria secondo la quale era possibile ringiovanire con le trasfusioni di sangue. L’obiettivo era raggiungere “l’eterna giovinezza”, mettendo in circolo nuovo sangue che, a dir suo, migliorava la vista e riduceva la calvizie. Ma nel 1928 ricevette il sangue di un giovane malato di malaria e morì.
L’auto volante
Il sogno di Henry Smolinski (1933-1973) era costruire un’automobile volante. Ingegnere aeronautico americano, lavorò in aziende per lo sviluppo di aerei e razzi; poi, negli anni 70, fondò la Advanced Vehicle Engineers (Ave) e mise a punto il prototipo di una “auto con le ali”. Come base prese una Ford Pinto: le attaccò due grosse ali e diede vita all’Ave Mizar, a metà tra auto e aereo. Doppio uso. La curiosa automobile, almeno sulla carta, aveva un grande vantaggio: poteva viaggiare sia in cielo sia sulla terra. Le ali infatti potevano essere smontate e la vettura diventava una city car. Ma non arrivò a essere messa in commercio. Nell’agosto del 1973, durante un test, poco dopo il decollo, la struttura che reggeva l’ala destra si ruppe e la macchina precipitò al suolo: Smolinski e il socio morirono.
Sempre a fondo
Avvocato di professione e ingegnere marino per passione, Horace Hunley (1823-1863) è famoso perché durante la Guerra di Secessione americana sviluppò per i sudisti uno dei primi sottomarini. Lungo 12 metri, VHunley – dal nome dell’inventore – fin dai primi test ebbe vita travagliata. Affondò in una prova nel maggio del 1863, con 5 persone a bordo, e ancora in ottobre, causando la morte di altre 8 persone, incluso lo stesso Hunley. In entrambi i casi il sottomarino fu però riportato a galla.
Funziona! Hunley ebbe il proprio momento di gloria, postumo, l’anno successivo: nel febbraio del 1864 il suo sommergibile colpì la nave nordista L/ss Housatonic, ma affondò di nuovo mentre rientrava alla base. E questa volta non fu ripescato. Fino al 1995, quando fu ritrovato e portato in un museo.
L’aliante instabile
Sulla sua lapide è scritto “I sacrifici vanno fatti”. E pare che furono proprio queste le ultime parole di Otto Lilienthal (1848-1896). Ingegnere tedesco, pioniere dell’aviazione, da piccolo si appassionò al volo degli uccelli. E, da adulto, applicò la meccanica dei volatili alle macchine “più pesanti dell’aria”. Fu lui, oltre a George Cayley qualche decennio prima, ad aprire la strada che porterà i fratelli Wright alle prime macchine volanti a motore.
Troppo vento. A partire dal 1891 fece oltre 2.000 lanci dai tetti delle case e dalle colline, sviluppando i primi alianti e deltaplani. Ma il 9 agosto 1896, in un lancio dalle colline a ovest di Berlino, il suo aliante puntò verso il basso senza che fosse possibile controllarlo. Lilienthal cadde da 15 metri e morì il giorno dopo. A lui è intitolato l’aeroporto Tegel di Berlino.