TheGoodLife, 1 settembre 2017
Alcolici. I signori dell’aperitivo
Che cos’hanno in comune il figlio di un contadino piemontese della fine dell’Ottocento e un gruppo globale che nel 2016 ha realizzato un fatturato di 1,7 miliardi di euro? Il nome: Campari. Nel 1860 Gaspare Campari, apprendista erborista, inventò una bevanda rossa e amara, poco alcolica, la cui ricetta è rimasta segreta come quella della Coca-Cola. Per vendere più facilmente il suo bitter, Gaspare decise di trasferirsi da Novara a Milano, al Coperto dei Figini, un porticato che allora occupava il lato destro di piazza del Duomo, poi demolito nel 1867 per far spazio alla Galleria Vittorio Emanuele II, dove i Campari, gente tutta casa e bottega, traslocarono abitazione, ristorante e bottiglieria. Il successo fu immediato, ma fu il figlio di Gaspare, Davide, a trasformare la piccola impresa familiare in un’azienda specializzata nella produzione di alcolici. Nel 1904 avviò il primo stabilimento, a Sesto San Giovanni, e nel 1915 aprì, ancora in Galleria, il “Camparino“, il bar che avrebbe inaugurato il rito milanese dell’aperitivo. Fu sempre Davide a ideare, nel 1932, l’aperitivo monodose in bottiglietta (disegnata da Fortunato Depero).
Oggi non c’è più nessun discendente dei Campari al timone di questa azienda, che ha raggiunto negli anni dimensioni globali: l’azionista di maggioranza è la famiglia Garavoglia. Quotato alla Borsa di Milano dal 2001, il gruppo Campari è cresciuto grazie a una serrata strategia di acquisizioni. Il portafoglio dei marchi controllati vale oltre 3 miliardi di euro ed è stato diviso in tre settori di priorità: glo bale, regionale e locale. Nel 1995 il gruppo ha acquisito Crodino e Cynar. Poi Cinzano (1999), la vodka Skyy (2001), Aperol (2003), il bourbon Wild Turkey (2009) e il rum Appleton Estate (2012). Più recentemente, nel marzo 2016, Grand Marnier (per 680 milioni di euro) e quest’anno il gin britannico Bulldog (costo dell’operazione: oltre 54 milioni di euro). Non è sindrome da shopping compulsivo. L’obiettivo è chiaro: sostenere la crescita con le acquisizioni. «La strategia di Compari è legata al desiderio di raggiungere i principali mercati del mondo o di rafforzarci dove siamo già presenti» spiega Andrea Neri, managing director dei marchi del gruppo. «La nostra peculiarità è riportare alla ribalta marchi iconici, che non hanno ricevuto l’attenzione e la cura che meritavano e sono diventati un po’ démodé» aggiunge Bob Kunze-Concewitz, Ceo del gruppo. Aperol, da questo punto di vista, è una case history esemplare. Fino all’inizio degli Anni 2000 il grosso del fatturato di Aperol si faceva in tre città, dove lo Spritz (di cui l’Aperol è diventato in grediente principale) era di casa: Venezia, Padova e Treviso. Oggi è questo marchio a trainare il gruppo: rappresenta il 12% delle vendite totali. Si tratta di un successo costruito a tavolino, nato dall’idea di trasformare l’Aperol Spritz nel cocktail più consumato in Europa, e poi negli Stati Uniti, attraverso campagne basate su iniziative come gli Aperol Spritz Corner o l’Aperol Tour (un van Volkswagen Westfalia attrezzato come bar) o, ancora, l’Anfibio Tour (un mezzo anfibio che sbarca portando Dj set sulle spiagge).
Il brand Campari, per contro, è stato invece posizionato nella fascia premium, per evitare di cannibalizzare Aperol. Anche qui, un risultato perseguito con un’abile strategia di marketing: per accompagnare la svolta verso un segmento di mercato più alto, il gruppo Campari si è affidato a fotografi di fama per realizzare un suo calendario illustrato con le immagini di bellezze femminili come Kate Hudson, Èva Green, Urna Thurman e Penèlope Cruz. Nel 2017, seguendo una tendenza affermata nella moda (vedi la collaborazione di Prada con Wes Anderson), ha prodotto un film diretto da Paolo Sorrentino: un corto (13 minuti) i cui costi sono rimasti top secret.
Strategia mixologica
Le acquisizioni sono state controbilanciate dalla scelta di liberarsi di attività non più prioritarie, come i vini fermi, abbandonati definitivamente lo scorso giugno con la vendita di Chàteau de Sancerre (20 milioni di euro), diversificando invece il settore spiriti. Con gli oltre 50 marchi controllati, il gruppo Campari sta cercando di imporsi in questo mercato estremamente competitivo, sostenuto dal grande interesse verso la mixologia.
L’acquisizione del gin Bulldog rappresenta invece una sfida a un settore dove Campari deve affrontare rivali agguerriti, Bacardi (Bombay Sapphire) e Diageo (Gordon’s Gin e Tanqueray) in testa. Intanto, con la vodka Skyy, il bourbon Wild Turkey, lo scotch Glen Grant o il rum giamaicano Appleton Estate, il gruppo italiano è oggi presente in 190 Paesi e sta avendo un grande successo negli Stati Uniti, dove realizza circa un quarto delle vendite. Come sottolinea Kunze-Concewitz: «Il mercato globale dipende soprattutto dagli Stati Uniti, dove si realizza circa la metà delle vendite di alcolici». Bilanci alla mano, questa strategia ha significato un Ebitda di 77,8 milioni di euro nel primo trimestre 2017 (+27,8%).
I marchi dei bitter
Con i marchi Aperol, Cinzano e Campari il gruppo controlla tre marchi leader nel mercato dei bitter. A lungo sconosciute fuori dai confini italiani, queste bevande riscuotono oggi un grande successo nel mondo. Grazie a campagne mirate all’estero, le vendite di Aperol (59° alcolico più venduto al mondo secondo la rivista The Spirits Business) hanno fatto registrare una crescita del 42,8% negli Stati Uniti nel 2016, ma anche risultati eccellenti in Canada, Brasile e Africa. E sono raddoppiate in Francia, Spagna e Grecia. Con una crescita globale del 18% nel 2016, Aperol ha rappresentato il 12% delle vendite totali del gruppo.
Vodka, un mercato competitivo
Con l’acquisizione di Skyy, all’inizio degli Anni 2000, Campari Group si è inserito nel difficile mercato delle vodke. Oltre a Skyy (11% delle vendite), fa parte del portafoglio un marchio più esclusivo, Jean-Marc XO, acquistato nel 2007. Prodotta nella regione di Cognac, questa vodka distillata nove volte è stata premiata a più riprese in occasione di concorsi internazionali, soprattutto negli Stati Uniti, dove fa parte dei marchi del lusso di maggiore successo. Il motore delle vendite, però, resta Skyy, che fa registrare cifre in costante aumento sui principali mercati, Stati Uniti in testa.
Whisky, un mercato potenziale
Con due brand emblematici, Wild Turkey e Glen Grant, il gruppo Campari ha acquisito due marchi trainanti nei settori bourbon e scotch. Nonostante i risultati di Wild Turkey non siano all’altezza di quelli degli aperitivi (solo +1,4% nel 2016), il bourbon è tra i marchi del gruppo a priorità globale (che in totale fanno quasi il 50% delle vendite), soprattutto negli Stati Uniti, in Australia e in Giappone. Il single malt scozzese Glen Grant, con una produzione di circa 5 milioni di bottiglie ranno, è leader in Francia, ma il catalogo dei whisky comprende anche, accanto a un blend scozzese (Old Smuggler) e a un altro bourbon (Russell’s Reserve), alcune specialità originali, come due whisky brasiliani e uno uruguaiano, ma anche un whiskey irlandese (Irish Mist Whiskey), commercializzato solo in alcuni Stati americani, e uno canadese (Forty Creek Whisky).
I rum giamaicani
Con l’acquisizione di Appleton Estate, nel 2012, Campari ha messo le mani sulla più antica distilleria della Giamaica, dove si producono rum premium. Il mercato dei rum è in espansione, soprattutto in Europa, e i rum scuri Appleton Estate si sono aggiunti al Coruba, ai rum bianchi Wray & Nephew e a Sangster’s, una crema di rum. Nel 2016 i rum giamaicani hanno rappresentato il 5% delle vendite del gruppo.
La difficile sfida del gin
Con l’acquisizione di Bulldog (54 milioni di euro), Campari ha aggiunto un marchio storico al portafoglio, che comprendeva finora soltanto un altro London dry gin, Bankes. Il mercato dei gin è in grande espansione da qualche anno, grazie alla passione per la mixologia, di cui questo superalcolico è tra gli ingredienti base. Lo dimostra la Top five dei gin più venduti al mondo nel 2016, tutti in crescita: Gordon’s Gin (gruppo Diageo, +4,5%), Bombay Sapphire (gruppo Bacardi, +12,9%), Tanqueray (Diageo, +15,4%), Beefeater (gruppo Pernod Ricard, +2,9%) e Seagram’s (Pernod Ricard, +5,20%).
Tequila, un mercato sostenuto dagli Usa
Con i suoi due marchi di tequila, Cabo Wabo ed Espolón, Campari vive un momento di grande successo (+38,6%) sostenuto dai risultati di nuovi mercati (Australia, Canada, Italia e Regno Unito), ma soprattutto dalle vendite negli Stati Uniti (+41,9% nel 2016).