Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  settembre 01 Venerdì calendario

Baia di Napoli. All’ombra dei giganti

Greci e Romani consideravano il Vesuvio una montagna sacra. Per i napoletani di oggi è una presenza scontata: commentano le sue sporadiche fumate e indovinano che tempo farà dal pennacchio di nubi che si addensano sul gigante che domina la baia. La città sembra a volte dimenticare che il Vesuvio è un vulcano attivo. Certo, i più anziani ricordano l’ultima eruzione, quella del 1944. Ma le sue pendici rese fertili dai sedimenti vulcanici sono da sempre un’attrattiva più forte del timore reverenziale che quel gigante dovrebbe ispirare. Da qualche anno, poi, non è nemmeno lui a rappresentare il vero pericolo. Sono soprattutto i Campi Flegrei, l’altra faccia del sistema vulcanico partenopeo, a ricordare ai napoletani che vivono su una terra instabile, le cui profondità sono vive e possono in qualsiasi momento sconvolgere le loro esistenze. E qui si parla di un supervulcano, cioè di qualcosa di immenso e articolato, un lago di magma capace di scatenare eruzioni devastanti. 1 Campi Flegrei si trovano a nord-ovest di Napoli, a meno di 15 km in linea d’aria dal Vesuvio, sul Golfo di Pozzuoli. È un’immensa caldera, una depressione lasciata da antichissime eruzioni che comprende numerosi crateri e piccoli edifici vulcanici. Le fumarole che odorane di zolfo spuntano ovunque e sono sempre attive. Come nella grande Solfatara, dal Settecento meta turistica. Malgrado il loro aspetto relativamente calmo, il Vesuvio e i Campi Flegrei rappresentano una minaccia di prima grandezza. «Sono i vulcani più pericolosi al mondo» dice Francesca Bianco, direttrice dell’Osservatorio vesuviano dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). È da qui che si sorvegliano Vesuvio e Campi Flegrei (ma anche Ischia e Stromboli) ed è qui che si fa ricerca avanzata. «Il Vesuvio e i Campi Flegrei sono particolarmente pericolosi per due motivi. In primo luogo potrebbero provocare eruzioni esplosive estremamente devastanti. Questo tipo di fenomeni genera nubi ardenti, cariche di ceneri, gas tossici ad altissima temperatura e frammenti di roccia, dalle quali è impossibile trovare scampo. Inoltre i due vulcani si trovano in zone molto densamente popolate».
Sotto stretta sorveglianza
Il Vesuvio e i Campi Flegrei non si fanno sentire da un po’. Le loro ultime eruzioni risalgono rispettivamente al 1944 e al 1538. Da allora altri vulcani sono saliti alla ribalta mondiale. 11 Kilauea, alle Hawaii, è in eruzione pressoché continua dal gennaio 1983. Nel giugno del 1991 fu invece il Pinatubo, nelle Filippine, a terrorizzare il mondo risvegliandosi dopo 500 anni di sonno. In seguito a quell’evento la temperatura media del pianeta si è abbassata di 0,6 °C per due anni consecutivi, a causa delle ceneri immesse in atmosfera. Nell’aprile del 2010 l’eruzione di un vulcano islandese dal nome impronunciabile (Eyjafjallajòkull) ha bloccato per oltre una settimana il traffico aereo di gran parte d’Europa, costringendo a cancellare 100 000 voli. Dal 2012, infine, è il supervulcano dei Campi Flegrei a far parlare di sé: è passato dal livello di allerta verde (“nessuna allerta“) al giallo (“attenzione”). Gli altri due livelli sono arancione (“preallerta“) e rosso (“allerta“), che fa scattare l’ordine di evacuazione. L’Osservatorio monitora numerosi parametri: gravitazione, dilatazione, sollevamento del suolo, intensità delle microscosse sismiche, temperatura, composizione chimica dei gas e del terreno...
I risultati di questo check-up continuo sono pubblicati sul sito dell’Ingv in bollettini settimanali e mensili corredati di dati e grafici che permettono di stabilire il grado di pericolosità. Il passaggio al “codice giallo“per i Campi Flegrei ha suscitato qualche inquietudine. «Il monitoraggio continuo, unitamente alla ricerca scientifica, ci permette di conoscere lo stato attuale dei nostri vulcani e di rilevare le variazioni che potrebbero preannunciare un’intensificazione della loro attività. Un giorno un’eruzione ci sarà. Ma è assolutamente impossibile prevederla» spiega Francesca Bianco. E di certo sarà impossibile impedirla.
Situazione esplosiva Il vero problema, però, non è tanto l’aspetto scientifico, quanto quello legato alla gestione di un’eventuale emergenza.
I Campi Flegrei e il Vesuvio sono infatti inseriti in un tessuto urbano ad altissima densità abitativa, ma disomogeneo. E i rischi sono diversi per i due vulcani. Nel caso del Vesuvio l’eruzione e le colate di lava avverrebbero da un solo punto, il cono, e sarebbero la conseguenza della risalita del magma verso la superficie. Attualmente il magma si trova a una profondità compresa fra gli 8 e i 10 km. «Se risale molto (e non troppo in fretta) il fenomeno verrà misurato, potremo anticipare l’eruzione e avremo il tempo di avviare il piano di evacuazione» spiega Bianco. Molto più difficile è invece prevedere da quale delle tante bocche dei Campi Flegrei avverrà la prossima eruzione. Le misurazioni effettuate da cinque anni a questa parte non tranquillizzano. L’Osservatorio vesuviano ha registrato un aumento dei tenori di monossido e biossido di carbonio nelle fumarole. Questo non significa che ci siano pericoli immediati, neppure a livello di tossicità, ma dimostra che la temperatura interna del supervulcano sta crescendo, e con essa la pressione del magma e dei gas. È questo a determinare il bradisismo caratteristico di Pozzuoli e dei Campi Flegrei. Qui il suolo si è sollevato di 45 cm nel corso degli ultimi 10 anni, segno di una risalita del magma. «Ma è molto meno che negli anni Settanta e Ottanta, quando si era sollevato di 3,5 metri e anche più in alcuni punti» precisa Bianco.
La Protezione civile ha definito da tempo i piani di evacuazione e i perimetri delle zone da sgombrare per prime in caso di allerta. «La Zona rossa del Vesuvio riguarda 800 000 persone, quella dei Campi Flegrei più di 300 000. Per fortuna i due vulcani non dovrebbero eruttare simultaneamente, perché sono di natura differente, ma l’evacuazione di così tanta gente nel giro di pochi giorni resta una sfida enorme» spiega Titti Postiglione, capo dell’Ufficio gestione emergenze. E questa donna sa di cosa parla! Abituata alle situazioni di crisi, è la più giovane responsabile di un centro di emergenza in Europa, ed è stata lei a coordinare i volontari e gli aiuti dopo i sismi dello scorso anno in Centro Italia. «Il piano prevede di evacuare il più rapidamente possibile la Zona rossa, ma anche di mettere in sicurezza le infrastrutture necessarie all’evacuazione, le reti di trasporto e di comunicazione, gli ospedali e i beni culturali» precisa. La Protezione civile ha previsto la collaborazione di altre regioni per l’accoglienza delle popolazioni evacuate, visto che, come sottolinea Titti Postiglione, «il loro trasferimento potrebbe durare mesi».
Quello vulcanico è il primo fattore di rischio naturale in Italia. «Un’eruzione di grande portata avrebbe un impatto enorme, superiore anche a quello dei terremoti più violenti» aggiunge l’esperta. Come insegna il caso del vulcano islandese, un’eruzione di grande entità coinvolgerebbe indirettamente tutta Europa. Non ci resta che fare gli scongiuri.