la Repubblica, 1 ottobre 2017
La crisi delle banche ha bruciato 61 miliardi
MILANO Con l’ultimo tassello, la cessione delle tre Casse (Rimini, San Miniato e Cesena) al Crédit Agricole Cariparma, il triennio del terrore per le banche italiane dovrebbe essere archiviato (dando per scontato che la ripatrimonializzazione di Carige – appena partita – andrà in porto con gli interventi degli azionisti privati e degli obbligazionisti).
Dal 2015 alla scorsa settimana le crisi bancarie hanno bruciato oltre 61 miliardi di euro (cifra arrotondata per difetto). Questa montagna di denaro è pesata per un terzo sui contribuenti (considerando anche il valore delle garanzie prestate, che magari non diventeranno esborsi). Il resto l’hanno pagato azionisti e obbligazionisti subordinati, che hanno visto bruciati buona parte del valore originario dei lori titoli (quando non tutto). Ma anche il sistema ha avuto il suo conto salato da pagare: circa 10 miliardi che le altre banche hanno versato, a vario titolo, nel falò dei salvataggi. In alcuni casi come contributi allo Schema volontario del Fondo interbancario di tutela dei depositi, in altri come sottoscrizioni più o meno entusiaste al Fondo Atlante, che prima ha tentato il salvataggio delle due banche venete poi andate in liquidazione, poi ha sottoscritto i titoli delle cartolarizzazioni dei crediti deteriorati, gli Npl, che le banche disastrate hanno cancellato dai loro libri (condizione indispensabile per i salvataggi). Infine, sono state molto onerose in termini umani ed economici le riduzioni di personale, per quanto tutte volontarie.
Nel numero in edicola domani, Affari& Finanza analizza le crisi delle quattro banche andate in risoluzione a fine 2015, passando per il disastro delle due Venete e la ricapitalizzazione precauzionale del Montepaschi, fino all’ultima cessione delle tre Casse. Cercando di capire come evolverà il modello di business del sistema bancario: aver messo in sicurezza gli istituti di credito non basta infatti a ridare redditività ad un mondo incalzato dai cambiamenti tecnologici, le regole sempre più stringenti della Bce e un contesto di tassi bassi di interesse che non aiuta i conti economici delle banche. L’obiettivo deve essere la remunerazione del capitale, che attualmente costa intorno al 10% contro una redditività media che anche quest’anno non arriverà al 3%. Per questo la sfida è trovare un nuovo modo di fare banca, che cavalchi le sfide del fintech e torni a fare soldi. Per poi ripartire con un’altra tornata di aggregazioni.