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 2017  settembre 30 Sabato calendario

Lara Comi: «Sei mesi e otto denunce per fermare il mio stalker»

«Posso stare tranquilla fino a Natale – dice Lara Comi —. Ma ho dovuto sporgere otto denunce e aspettare sei mesi perché il giudice decidesse per il provvedimento restrittivo». Lo stalker dell’europarlamentare di Forza Italia è stato fermato a Lecco una settimana fa. «La bella notizia è che lunedì è stato convalidato l’arresto e Giovanni Bernardini resterà in carcere fino al processo», prosegue. Che sarà fra due, tre mesi. Fino a Natale.
Ci sono voluti 6 mesi e 8 denunce per fermare lo stalker. «L’inferno è cominciato nove mesi fa. Telefonate, messaggi, appostamenti. Tutti i giorni, a tutte le ore. Si è avvicinato tre volte, è andato anche a casa dei miei genitori. La polizia lo fermava, lo portava in questura e poi lo rilasciava. Io l’ho detto tante volte al pm, quante denunce devo fare? quanto devo ancora aspettare?».
Tre mesi fa il giudice ha emesso finalmente il provvedimento restrittivo. Cinquecento metri, il limite della distanza. «Mai come questa volta spero il contrario di quello che mi auguro sempre, spero che la giustizia sia lenta, perché quando comincerà il processo le porte dell’inferno potrebbero riaprirsi. Potrebbe patteggiare, il suo avvocato potrebbe chiedere gli arresti domiciliari».
Lara Comi parla di questi mesi di angoscia con pacatezza. Ma non nasconde di avere avuto molta paura. E ha paura che non sia ancora finita. C’è la possibilità che Bernardini venga condannato per reato di stalking, e che debba scontare dai cinque ai sei anni di pena. Ma anche che fra tre mesi sia di nuovo fuori, pronto a ricominciare con le sue ossessioni persecutorie. 
Per mesi Lara Comi si è dovuta guardare intorno con angoscia, uscendo di casa, ha temuto di incrociare lo sguardo di Bernardini dall’altro lato del marciapiede; «quando andavo in tv pensavo “ecco, ora mi starà guardando”, e infatti dopo mi mandava messaggi. Alle sue telefonate non rispondevo ma ogni volta che il telefono squillava mi saliva il cuore in gola».
La legge sul reato di stalking è un’ottima legge, dice Lara Comi: «È una grande conquista. Ma è poi il giudice che decide nel caso concreto. Decide se e quando emettere il provvedimento restrittivo. I giudici hanno molta discrezionalità e hanno sensibilità diverse. Nel mio caso ci sono voluti sei mesi e otto denunce ma ci sono casi in cui le vittime di stalking aspettano anche di più, e il pericolo, il rischio di violenza, di gesti sconsiderati aumenta».
Lara Comi ha la scorta, dice, ma «ce l’ho da prima dello stalking. Me l’hanno assegnata perché ricevo continuamente minacce di morte a causa del mio lavoro. In questo caso la scorta non serviva, però comunque l’avevo. E chi una scorta non ce l’ha? Come si difende? Bernardini non mi ha minacciato di morte, non ha detto “ti ammazzo”, ma la sua è un’ossessione pericolosa. Perché è imprevedibile il comportamento di queste persone. E non sai come fermarli se non c’è chi ti dà una mano concretamente. Ecco perché adesso ringrazio la Procura e nello stesso tempo penso che bisogna essere più severi, e più veloci».
Anche dopo il provvedimento restrittivo, la paura è rimasta. «Per metà settimana io vivo a Bruxelles – spiega Comi – e fuori dall’Italia non si dà seguito a provvedimenti restrittivi per stalking. Sono promotrice di una battaglia politica in Europa per coordinare i database delle polizie europee, anche per questo tipo di reato».