Il Messaggero, 30 settembre 2017
Feste e pigiama-party per occupare i seggi: è la resistenza catalana
BARCELLONA «Si voterà, dalle 9 del mattino alle otto di sera. 5,3 milioni di catalani potranno esercitare il voto in 2.315 collegi e 6.249 seggi elettorali, nonostante qualcuno cercherà di chiudere i collegi». Il vicepresidente catalano Oriol Junqueras, con i ministri Romeva e Turull, scelgono il Centro internazionale stampa, allestito nella sede di Mediapro sulla Diagonal l’holding di un fedelissimo della causa, Jaime Roures, proprietaria dei diritti tv della Champions per confermare, «con normalità istituzionale», che il diritto a decidere di una parte della Catalogna prevarrà sulla «repressione dello Stato». Il colpo di teatro, per il quale valeva la pena pagare i 10 euro per l’ingresso alla conferenza stampa, è alla fine, quando è portata sul palco l’urna vietata da giudici e tribunali, spagnoli e catalani.
IL CORPO DEL REATOEccolo qui, il corpo del reato: un contenitore di pvc bianco, per nulla trasparente, con il coperchio e il marchio in nero della Generalitat. Sembra un bidoncino per la raccolta differenziata di Ikea, ma è made in Cina. Con le finanze sotto sequestro, non si può pretendere di più. «Domenica si voterà. Né il governo della Catalogna, né cittadini stanno facendo nulla di male. Mettere il futuro nelle mani di una società non è un crimine, è un’opportunità, anche per la Spagna», insiste Junqueras.. E se la polizia sequestrerà le urne? «Se sequestrano un’urna, 200 o 300, ci sarà sempre la maniera di votare». Con che censo e con quali garanzie di riconto dei voti, se la giunta elettorale si è dimessa in blocco per l’azione della Procura? «Con quella data dall’evidenza. Ci saranno garanti, ma non diamo piste, per i rischi di ritorsione». Il nodo principale riguarda la dichiarazione unilaterale di indipendenza. Si parla di 48 ore dopo la chiusra dei seggi. «Il nostro governo è responsabile del mandato del Parlamento catalano per il diritto all’autodeterminazione e, se vincerà il sì, assumerà i suo doveri con il massimo dell’efficacia. E, poi, 48 ore sono un tempo sufficiente per aprire un dialogo, volendo. Lo Stato spagnolo lo ha sempre negato. Agli spagnoli, invece, va tutto il nostro rispetto e il nostro amore». «I responsabili di questa situazione che sta provocando tanto danno incorrono in un gravissimo atto di disobbedienza costituzionale», tuona da Madrid il portavoce del governo di Rajoy, Iñigo Mendez de Vigo. «E ne risponderanno davanti ai tribunali in maniera personale e patrimoniale». Muro contro muro fino alle ultime conseguenze. Dalla Generalitat non solo raccolgono la sfida, ma rilanciano. Il govern annuncia una denuncia nei confronti del Procuratore generale dello Stato e della procura superiore di Catalogna, per abuso di potere e usurpazione di funzioni.
LA REPLICAIl president Puigdemont replica in diretta: «Non si potrà arrestare tutti, perché se anche io finirò in cella, altri dieci, cento o mille prenderanno il mio posto». I toni sono epici, perché il popolo indipendentista ha deciso fino a domani la resistenza passiva e la disobbedienza pacifica.
L’APPELLOLa Cup, il partito anticapitalista che sostiene Puigdemont, fa appello a occupare i collegi elettorali e a formare «muri umani» per impedire alle forze di polizia di apporre i sigilli, ordinati dalla magistratura. L’associazione di genitori Escola Oberta ha fatto correre l’indicazione di mantenere le scuole agibili oltre la chiusura del venerdì. Pigiama party e film di marziani per i bambini, usati come scudi umani, serate danzanti e tende in cortile per gli adulti. «Hanno organizzato musica, picnic, spettacoli per divertirsi, non per usare i bambini nella protesta», dice Nuns Valmont, direttrice della scuola elementare del Raval, nel cuore delle Ramblas, dove nel pomeriggio arrivano i primi «comitati di difesa del referendum».
LE INIZIATIVEEscola Oberta invita pure a recarsi domattina alle 7 ai seggi, per formare code gigantesche. «Ma, nessuna violenza – è la consegna che è quello che vuole Madrid». Il maggiore dei Mossos d’Esquadra, Luis Trapero, gioca d’anticipo, e ordina ai suoi di sgomberare gli istituti scolastici alle 6 del mattino. Solo se sarà necessario, chiederanno il supporto della polizia nazionale e della guardia civile, che hanno mobilitato almeno migliaia di agenti di rinforzo. E, mentre davanti alla delegazione del governo di Barcellona, in calle Mallorca, arriva la trattorata, duemila trattori mobilitati in tutta la Catalogna, davanti le sedi delle prefetture provinciali, al grido di «Vutarem!», la tensione cresce. E quando, alle sei del pomeriggio, i primi agenti della polizia catalana sbarcano alla scuola del Raval per chiudere i cancelli. I genitori rimasti fuori protestano, mentre i bambini continuano a giocare a terra nel patio, con gli agenti in mezzo, che impediscono l’accesso. «Questi sono metodi franchisti e vergognosi per una democrazia come la nostra», urlano di rabbia. Ma il comando dato dal maggiore Trapero è di non impiegare in nessun caso las porras, i manganelli, davanti alla disobbedienza passiva.