Corriere della Sera, 29 settembre 2017
Il suv di «Batman» Fiorito e le spese folli delle opposizioni. Il Lazio, la Regione più pazza del mondo
Il conto si preannuncia salato ma non è più in grado di rovinare la digestione ai commensali. Quella stagione politica apparecchiata con gli sprechi e gli eccessi senza freni (non solo gastronomici) è stata ormai metabolizzata. Le sedie della tavolata sono spesso diventate poltrone altrove. Eppure, a distanza di cinque anni da ostriche, tartufi, fagiani e vino, qualche bruciore di stomaco può ancora risvegliarsi a scorrere il dettaglio delle consumazioni. Dal 22 gennaio, davanti a un giudice, comincerà la divisione del conto «alla romana».
E molto romana, nella peggiore accezione politica possibile, era, secondo i pm Alberto Pioletti e Laura Condemi, l’interpretazione del ruolo di consiglieri regionali data da una cospicua fetta di eletti alla Pisana. Su decisione del gup Alessandra Boffi, sedici di loro, membri del pd, sono finiti ieri a processo nel solco delle contestazioni che rese celebri le gesta negative di Franco «Batman» Fiorito. Il pantagruelico capo gruppo del pdl, arrestato e poi condannato per un milione e mezzo di euro di peculato, vuotò il sacco, dal suo feudo di Anagni, sulle cattive abitudini rimborsate in nota spese a colleghi di partito e avversari politici. Rieti cominciò a indagare, poi passò il fascicolo a Roma. Un lavoro certosino condotto dai finanzieri su centinaia di scontrini e ricevute alla ricerca di una linea comune, per quanto sottile, su cosa sia catalogabile come attività politica (e dunque meritevole di legittimo finanziamento pubblico) e quanto uso privato, furberia e profitto. In termini da processo penale: abuso d’ufficio, truffa, corruzione portati avanti sul presupposto di insindacabilità delle proprie sagre e banchetti elettorali e la rassicurazione di controlli mai puntuali. Nel solo triennio 2010-2013 il pd regionale ebbe accesso a rimborsi per 5,8 milioni di euro con rendicontazioni che su 1,7 di questi sono risultate insostenibili.
La prassi più diffusa (all’unanimità) erano gli stipendi di portaborse e collaboratori. Figure, secondo i pm, «prive della natura altamente qualificata richiesta», chiamate nel ruolo senza altra selezione che quella relazionale e retribuite con fondi pubblici anziché con la apposita dotazione personale di ogni consigliere regionale. Diffusissimi anche i finanziamenti a società amiche per attività di consulenza quanto meno fumose. L’ex presidente del gruppo Esterino Montino, e oggi sindaco di Fiumicino, ha la posizione più complicata, dovendo rispondere, assieme al tesoriere Mario Perilli, di abuso d’ufficio, truffa e corruzione. Quest’ultima in relazione ai bonifici da 64mila euro totali al quotidiano online Paese Sera per «pubblicazione di materiale informativo su attività del gruppo inerente le tematiche di politica sanitaria». In realtà, secondo l’accusa, uno scambio di favori per l’assunzione come segretaria amministrativa della figlia di Perilli. Ma il tesoriere era attivo anche nella promozione del tartufo ovunque ci fosse la possibilità di piazzare uno stand. Altri consiglieri compravano olio extra vergine e regali di natale. Qualcuno si pagava le multe e i biglietti per le vacanze. Anche 25 fagiani appena abbattuti e messi in tavola sono diventati un titolo di rimborso.
Il consigliere che ha speso di più è Claudio Mancini con 188mila euro. Ma dovranno risponderne a processo, per la parte che viene loro contestata, anche Tonino D’Annibale, Maria Assunta Turco, Claudio Mancini, Massimo Vincenti, Enzo Foschi (poi capo segreteria di Marino), Mario Mei, Giuseppe Parroncini e Carlo Umberto Ponzo. E altri che nel frattempo hanno fatto carriera diventando chi senatore, come Bruno Astorre, Carlo Lucherini, Claudio Moscardelli (secondo in questa graduatoria con 181mila euro), Francesco Scalia (ex presidente della Provincia di Frosinone) e Daniela Valentini. E chi deputato, come Marco Di Stefano, al centro di altre inchieste a tema non politico. Il processo prossimo venturo dirà chi è colpevole e chi no. Sul tavolo ormai abbandonato restano solo le macchie di una stagione politica, a suo modo senza eguali.