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 2017  settembre 28 Giovedì calendario

Alle saudite è permesso guidare ma tutto il resto rimane proibito

La Rabbia è Esaudita. Dopo mille proteste e campagne di opinione, l’Arabia Saudita due giorni fa ha finalmente annunciato, con un decreto del Re Salman, che a partire dal 2018 le donne potranno guidare. Strombazzate di clacson e salti sul predellino hanno celebrato la conquista in un Paese, l’unico al mondo, dove al genere femminile era ancora proibito mettersi al volante. 
Insieme alle donne (e)saudite, si è lasciata prendere dall’entusiasmo buona parte dell’opinione pubblica mondiale, dalla presidenza Usa che ha parlato di un «grande passo nella giusta direzione» fino ai media nostrani che l’hanno definita una «rivoluzione d’immagine» e una «svolta storica». Evviva. 
L’enfasi è comprensibile ma non giustificata dalla realtà di un Paese in cui, in nome della dottrina wahabita, ossia di un’interpretazione fondamentalista del Corano, la donna è tuttora privata dei più elementari diritti umani e civili, e costretta a «non possedere altro che il suo velo e la sua tomba», come vuole un proverbio del luogo. 
Il principio che informa la vita di una donna saudita, ancora nel 2017, è infatti l’invisibilità. Una corrente prevalente di pensiero la vorrebbe chiusa tra le mura di casa, a fare la moglie e la madre, insieme per non mostrarsi e obbedire al suo ruolo. E, anche una volta fuori, la donna non si deve vedere: gira coperta da lunghi e scuri veli, quasi fosse in perenne lutto. E nei luoghi pubblici, dagli uffici ai fast food, resta rigorosamente separata dai maschi, grazie ad aree apposite e tende predisposte per l’occasione. 
Anche se si vede, la donna non può mai essere sola. Deve essere sempre seguita da un «guardiano» il marito, il padre, il fratello o il figlio che le dia il permesso per compiere azioni comuni come viaggiare, studiare, lavorare, e perfino curarsi, e l’accompagni fisicamente in alcune attività come fare shopping. In quest’ultimo caso la donna si farà portare nei negozi da un suo «assistente» maschio, che naturalmente controllerà il tipo di abbigliamento comprato e vigilerà che, prima dell’acquisto, lei non provi i vestiti (eh già, sarebbe troppo impudico per una donna svestirsi, pur se dietro un separé). 
Uno potrebbe controbattere: però negli ultimi tempi, grazie alla lungimiranza del Re e di suo figlio, l’erede al trono Mohammad bin Salman, sono state fatte concessioni importanti alle donne. E allora pensi al voto, che le ha viste per la prima volta protagoniste nelle elezioni municipali del 2015. Ma con la condizione di andare alle urne accompagnate dagli uomini e di votare in seggi da loro separati, e con risultati di partecipazione scarsissimi (meno del 10% di loro ha beneficiato di quel diritto). Pensi allo sport, e alla possibilità per quattro donne saudite di partecipare all’Olimpiade di Rio del 2016, ma con limitazioni estreme negli indumenti come l’obbligo di indossare un kit conforme alla sharia che copriva anche i capelli e con il peso insopportabile dei pregiudizi dei religiosi che le bollavano come «prostitute» e sospettavano che, per i troppi movimenti ginnici, potessero perdere la verginità (sic!). Pensi infine agli stadi e agli studi, ossia alla prima volta di donne saudite sugli spalti di uno stadio alcuni giorni fa, in occasione della festa nazionale dell’Arabia Saudita (ma era una concessione una tantum), e al diritto per alcune di loro di studiare e laurearsi (ma sempre in aule universitarie separate dai maschi e soprattutto con remote possibilità di far fruttare quella laurea nel lavoro: oggi ben 5 milioni e 800mila donne saudite sono disoccupate). Capisci così che le donne in Arabia potranno anche guidare un’auto ma sono ben lontane dalla possibilità di guidare il Paese, o almeno di gestire la propria vita. Anzi, d’ora in poi, su di loro si appunteranno i dileggi di chi riadatterà il motto «Donna al volante pericolo costante» in chiave araba. Nel senso che, come hanno sostenuto alcuni religiosi, guidare potrebbe «distruggere in loro le basi della famiglia e della moralità» o addirittura «danneggiare le ovaie». Stai a vedere i rischi di quando una si mette al volante...