Il Messaggero, 29 settembre 2017
Uccide il figlio ma niente ergastolo. La Cassazione: «Era solo adottato»
UDINE Dopo il caso dell’omicida friulano Francesco Mazzega, 36enne, reo confesso dell’uccisione della fidanzata Nadia Orlando, al quale sono stati concessi gli arresti domiciliari a soli due mesi dall’omicidio, un altro caso scuote l’opinione pubblica. È sempre legato a un delitto, sempre in ambito familiare e si è consumato anche in questo caso in Friuli, ma nel piccolo comune di Remanzacco, a pochi chilometri da Udine. A uccidere, in quel caso – siamo nel mese di novembre del 2013 – è un uomo di nazionalità moldava, Andrei Talpis, oggi 53 anni. A morire è suo figlio Ion, che di anni ne ha 19 anni e che si frappone tra il padre e la madre durante un litigio, per poi essere ferito mortalmente con un coltello. Talpis, un muratore, viene arrestato subito e da allora non è mai uscito dalla sua cella della casa circondariale di Udine.
IL CARCERE
A lui non sono mai stati concessi gli arresti domiciliari ma il caso è comunque uno di quelli che faranno giurisprudenza, di quelli che forse potrebbero far cambiare le leggi. Forse. Condannato all’ergastolo perché riconosciuto colpevole di aver ucciso il figlio, adesso per Talpis le porte del carcere potranno aprirsi, anche se tra 16 anni, con più probabilità tra 20-24 anni, quando questo muratore moldavo sarà ormai un vecchio. Per lui, infatti, niente ergastolo: Ion, il figlio che ha ucciso, è adottivo, non è consanguineo. E per questo la legge italiana non prevede l’ergastolo: non c’è vincolo di sangue; la pena definitiva sarà diversa. A sollevare la questione il suo legale, l’avvocato Roberto Mete. La richiesta del difensore di fiducia del muratore moldavo non solo è stata condivisa dalla Procura Generale della Cassazione, ma la stessa Procura ha chiesto alla Corte di accoglierla. Così l’ergastolo, che era stato inflitto a Talpis dal Giudice per l’udienza preliminare di Udine nel 2015, pena confermata dalla Corte d’assise d’appello di Trieste nel 2016 -, è stato annullato nei giorni scorsi. La Suprema Corte ha deciso senza rinvio e ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte d’assise d’appello di Venezia per la quantificazione della pena, prescrivendo che non deve comunque scendere sotto i 16 anni.
LA STORIA
Ion era stato adottato quando era piccolissimo e la famiglia viveva ancora in Moldavia. «Se sul piano civilistico l’adozione comporta la parificazione di status con i figli legittimi operata dalla legge – spiega l’avvocato Mete – per il Codice Penale la distinzione fra figlio naturale e figlio adottato permane. E questo basta a escludere l’aggravante speciale che, proprio in virtù dell’esistenza di una discendenza diretta tra la vittima e il suo carnefice, in caso di omicidio prevede la pena del carcere a vita». Il fatto che tra Ion e il papà assassino non ci fosse legame di sangue era emerso solo alcune settimane dopo il delitto, da accertamenti scientifici svolti nel corso delle indagini. Fino a quel momento Talpis non aveva parlato della circostanza nemmeno con il proprio difensore.