Il Sole 24 Ore, 28 settembre 2017
Droni: usi infiniti, poca autonomia
Sono molte le tecnologie che, dopo un passato militare, hanno sfondato nel mercato civile e creato grandi opportunità di business e posti di lavoro, ad esempio il Gps, i sensori Ccd che ora abbiamo perfino negli smartphone per fotografare o la stessa Internet.
Oggi è la volta dei droni, che stanno invadendo il mercato consumer con prezzi che vanno dai 30 ai mille euro, e quello professionale, con cifre ben più elevate. Un mercato potenziale (civile/commerciale, militare e consumer) che Goldman Sachs stima, nel periodo 2016-2020, in 100 miliardi dollari.
I droni sono comunque oggetti volanti senza pilota e radiocomandati, anche molto diversi fra loro per struttura, peso, caratteristiche, prestazioni e costi: dal giochino che si compra anche al grill autostradale a quelli militari, per sorveglianza o offensivi, oltre 600 chili e dimensioni di metri, come i Predator+ in dotazione alle nostre forze armate. Nel militare il fenomeno drone è già esploso da tempo: l’esercito americano aveva nel 2001 una manciata di questi apparecchi, oggi ne conta 11mila.
All’inizio il riversamento di tecnologia fu dal militare al civile ma, come spesso avviene, la produzione di massa e relativo crollo dei prezzi, ha portato a sviluppare le migliori tecnologie proprio sui droni civili. È qui infatti che oggi si vede l’innovazione.
La parte consumer del mercato vede molti contendenti al primato commerciale che per il momento è ampiamente della cinese Da-Jiang Innovations, DJI, importante anche nel settore software di controllo. Il suo modello per appassionati più venduto, il Mavic, sui mille euro, segna di fatto il confine con i modelli superiori di tipo professionale.
Dove il mercato è ora più aperto e promettente è comunque nel commerciale coi servizi al cliente.
Il drone commerciale o per uso civile, è bene chiarire, non è altro che una piattaforma che porta in volo qualche strumento con cui viene prestato il servizio: una camera fotografica 4K, una a infrarossi o multifrequenza, uno scanner per il terreno, un distributore di sostanze per irrorare i campi. Le grandi della Rete, ad esempio, come Facebook con il suo progetto Aquila o Google con il suo Titan, stanno sperimentando, con qualche incidente, l’uso di grandi droni alimentati da pannelli per portare internet in zone impervie e non servite.
«I campi di applicazione sono praticamente infiniti, perché la tecnologia oggi c’è, il vero limite è la mentalità di chi li può utilizzare. In Germania è normale che nei contratti di appalto ci venga richiesto l’utilizzo di droni per i rilievi di terreni o edifici, qui in Italia si sta cambiando, ma molto più lentamente» spiega Federico Conforto, ceo di Fto – Remotefly, che si occupa di droni dal 2009 ed è stata fra le primissime imprese ad avere la licenza Enac, 2014, e formare piloti professionisti di droni, a oggi più di un migliaio. Gli esempi che ci fa sulla convenienza dei droni, in tempo e denaro, sono tanti e convincenti: per mappare una coltura di mille ettari basta una settimana di drone, che ci riporta una fotografia incredibilmente esatta delle piante, del loro stato di sviluppo, del fabbisogno di acqua e di eventuali fitofarmaci con una precisione di 5 centimetri per pixel, neppure comparabile con un lavoro umano. Sempre in agricoltura, campo di elezione attuale per l’utilizzo di droni, la lotta ai parassiti del mais come la famigerata piralide, vero flagello al nord e centro Italia, si può fare con i droni spargendo dall’alto sulle colture, quando il mais va sui 2 metri di altezza, larve di insetto antagonista della piralide, che viene così eliminata da questi insoliti paracadutisti. Un umano non solo ci metterebbe un tempo enorme per spargere le larve, ma dovrebbe entrare in una specie di foresta di mais e probabilmente danneggiarla. Per modificare il percorso di una pista da sci sulle dolomiti, 50 ettari circa, a parte il disagio dovuto all’inclinazione del terreno, un operatore umano impiega almeno 10 giorni, tempo permettendo, mentre un drone può fare un rilievo completo in 1 giorno. L’ispezione anche di grandi aeree di pannelli solari, un problema da sempre, in volo radente e con telecamera ultra HD diventa un semplice lavoro di manutenzione routinaria. Presto e bene insomma, ma pare sia solo l’inizio.
Le applicazioni sono infatti infinite e c’è chi, come Gartner o la stessa Goldman Sachs, ammette che siamo solo agli inizi e stiamo «grattando la superficie» delle applicazioni possibili: gestione delle emergenze come terremoti e incendi, agricoltura, polizia, sorveglianza di coste e confini, edilizia, riprese per giornalismo, film making, settore immobiliare e via così.
I limiti esistono, eccome. Un drone civile può essere pilotato solo a vista, parliamo di 500 metri circa, e il pilota, ne ha piena responsabilità, anche per quelli comprati a 30 euro in autostrada. «Quello che però è oggi il vero limite – dice ancora Conforto in base alla sua esperienza giornaliera in Italia ed Ecuador dove l’impresa ha una succursale – è l’autonomia. Siamo un po’ nella situazione della auto elettriche, oggi come oggi dobbiamo ricaricare le batterie continuamente, ogni 30-40minuti, e questo è il vero limite».
L’argomento del momento è comunque la consegna via aria di pacchetti o addirittura della spesa. Amazon, il grande bazar globale, ha un suo progetto specifico “Air Prime” per consegnare il prodotto al cliente in mezz’ora, grazie all’uso di droni nell’ultimo miglio. La prima consegna, sperimentale, è stata in Europa, a Cambridge, nel Regno Unito, nel dicembre 2016 nel classico giardino in erba rasata al meglio di una casa inglese middle class.
A parte il sospetto che si tratti al momento di pubblicità, Amazon ci sta lavorando alla grande in Usa, prevedendo tra le altre cose degli edifici alti e a più piani, una specie di magazzino-alveare, situati in periferia delle grandi città americane, da cui un nugolo di droni continuamente parte per le consegne e torna per ricaricare le batterie.
Ci stanno provando anche altri a superare i tanti problemi tecnici e legislativi connessi: come evitare i fili elettrici, dove atterro in un condominio o una zona affollata, che succede se il drone incoccia in un albero o un filo della biancheria, chi paga eventualmente i danni e via così. Vedremo, per il momento i droni consegnano, per fortuna, medicinali in zone terremotate e alluvionate o impervie e così salvano centinaia di vite.
Presto li troveremo anche in casa, dato che ne esistono già grandi come un’ape, da usare per ispezione e sorveglianza degli edifici, ma pare ci stiano pensando anche gli agricoltori, per l’impollinazione, e i militari per i loro scopi.
Non poteva mancare infine l’impresa cinese, Ehang, che studia un drone con passeggero umano per la città. Insomma il risciò 2.0.