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 2017  settembre 28 Giovedì calendario

Pierfurby, equilibrista del potere sempre in scena da quarant’anni

Diceva di essere contro la Commissione d’inchiesta e adesso ci si ritrova presidente. Ecco dunque e di nuovo Pierfurby: un soprannome che vale una leggenda di scaltrezza, una bella praticaccia di regolamenti e un programma minimo, quale può essere quello di indagare sul rapporto malato tra banche e potere in Italia a pochi mesi dalle elezioni.
L’uomo giusto al posto giusto; e perfino, quasi, a sua insaputa, o almeno al di là di qualsiasi predestinazione. Nel senso che la scorsa primavera lo stesso Casini che ieri è stato eletto a presiedere l’indagine parlamentare aveva espresso forse anche saggiamente – la previsione che si sarebbe risolta in “un impasto di demagogia e pressapochismo”. Bene, non è più così: pura metafisica del potere in equilibrio.
A questo servono ancora i democristiani, o democristoidi che siano nel frattempo divenuti: usati e sicuri, residuali e rassicuranti nel mostrare la virtù dei loro limiti e viceversa. In ogni caso non c’è colpa, vergogna, mazzo d’asparagi surgelati o patata bollente che possano irritare o scottargli le mani. «E vabbè» sospirava Andreotti nel suo sublime scetticismo.
Pier Ferdinando Casini viene da quell’illustre temperie, sia pure in versione più ridente, piaciona, trafelata e secolarizzata: sigari avana, giubbottini, barche, cambi di costume e nudità adeguatamente paparazzate. In agosto si è pure letto che voleva diventare lui banchiere, alla Fondazione della Cassa di Risparmio di Bologna. C’erano però tempi e impicci da sbrogliare.
Così poco dopo è venuto fuori che durante le vacanze Pierfurby – il nomignolo proviene da Dagospia che a sua volta l’ha mutuato da un peluche hi-tech della saga di Guerre stellari – aveva sperimentato un volo in parafly, che sarebbe un paracadute ascensionale, velivolo mirabilmente adatto alla sua figura, alla sua carriera, alla sua vicenda anche umana, a tutto quanto insomma la metafora e l’ossimoro ispirano e suggeriscono.
È difficile riepilogare 40 anni e rotti di presenza sulla scena pubblica. Ma già la longevità e ancor più l’adattabilità del personaggio, specie al cospetto dell’odierna e degradata classe politica, spiegano come il personaggio sia ritenuto buono per qualche incarico e per qualche poltroncina; soprattutto quando occorre smussare, prendere e perdere tempo, inventarsi soluzioni che scontentino quante meno persone possibili.
Questa sua attitudine arrivò addirittura a farlo ballare per 24 ore come possibile successore di Napolitano. O almeno: lo voleva Alfano, altro democristoide ma più giovane e sprovveduto, al posto di Mattarella. Ma Casini, il cui marcato accento bolognese fa suonare i suoi toni sempre un po’ più enfatici ed accalorati del dovuto, lo dissuase: «Ma dài, Angelino, che non ce la facciamo, credimi, è meglio così, io sono contento perché per un giorno la storia mi ha fatto una caressa, ma vedi che la candidatura Mattarella avanza come un treno, spostiamoci in tempo!».
Con Renzi va bene, al referendum Pierfurby ha votato Sì con la motivazione: «Bisogna dare una mano a questo ragazzo». Con Berlusconi pure va bene, l’ha salutato di recente a Malta, a una riunione del Ppe: «Stai bene, vecchio mio!». Ai suoi tempi Bossi non lo sopportava e infatti lo chiamò, fantasticamente: «Carugnit de l’uratori». Ma pure i leghisti sono cambiati. La definizione più severa è del suo ex amico e democristiano (non democristoide), Marco Follini: «Esprime un rassicurante vuoto di pensiero che non dovrebbe accompagnarsi al pieno della sua prosopopea».
Nel dicembre del 2015 la separazione con Azzurra Caltagirone, si può immaginare con un certo sollievo per le finanze del suocero.
Dopo il Cicidì e l’Udicì, al momento Pier Ferdinando Casini guida un’entità piuttosto fantasmatica che ha nome: “Centristi per l’Europa”. Nel suo sito un’immane quantità di foto in cui è rarissimo non vederlo ridere o sorridere. Di recente lo si visto a bordo con una nuova fiamma colombiana, sosia di Mara Carfagna.