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 2017  settembre 27 Mercoledì calendario

Al Sisi presidia i porti. Ma il corridoio invisibile passa tra Egitto e Libia

La rotta che non c’è più la raccontano gli stessi migranti in un centro rifugiati di Alessandria. «Il viaggio arrivava a costare fino a 3000 dollari. I barconi partivano da qui diretti verso l’Italia. Mio fratello l’ha fatto due anni fa, nella nave c’erano 70 persone», dice Rashid. Stessa via seguita dai figli siriani di Abel, prima arrivati in Egitto con il padre attraverso il Sudan. «Ce l’hanno fatta – sorride lui -. Ora vivono in Europa». Ma lo scorso autunno una tragedia e una legge hanno cambiato tutto. La tragedia è datata 21 settembre 2016: centinaia di migranti morti, 550 secondo alcune fonti, a largo della città egiziana di Rosetta. La legge è arrivata un mese dopo, voluta e firmata dal presidente Al Sisi contro i trafficanti di uomini. A salutarla favorevolmente anche l’Oim, l’organizzazione internazionale per le migrazioni. Basta barconi dalle coste egiziane. Tutto finito, dunque? Non si direbbe. Il corridoio invisibile, denunciano esperti e attivisti, ora passa dalla Libia.
«Secondo i dati della polizia da gennaio sono state arrestate 318 persone accusate di immigrazione illegale, 192 erano registrati con noi», spiega Aseer Al-Madaien, la responsabile dell’Alto commissariato della Nazione Unite per i rifugiati (Unhcr) di Alessandria. «Il governo sta tentando di bloccare le rotte. E da queste coste c’è riuscito. Ma il problema è che nessuno di noi e delle organizzazioni con cui collaboriamo ha accesso a determinate zone del governatorato di Matruh». Quello che, per intenderci, confina con la Libia. È lungo quel territorio desertico e occidentale, un lembo di migliaia e migliaia di chilometri che arriva fino in Sudan, che passerebbero i migranti (e i trafficanti). Non solo quelli provenienti dal Corno d’Africa, ma anche gli stessi egiziani.
«Chiusa una rotta, se ne apre sempre un’altra», commentano dal Tadom Refugee Council, un’associazione che raggruppa le decine di comunità di profughi arrivati in Egitto. «Di sicuro c’è stata una stretta, che serve anche ad Al Sisi a legittimarsi con i governi europei come statista capace di controllare i confini, ma i migranti continuano a partire attraverso le coste libiche».
Impossibile avere dei numeri certi. Ma gli indizi non mancano. Una decina di giorni fa tra i 371 sbarcati a Trapani c’erano anche persone provenienti dall’Egitto. La comunità egiziana, poi, continua a essere la seconda tra i minori non accompagnati arrivati in Italia: a fine luglio ne erano registrati 2.054, l’11 per cento dei quasi 18.700 censiti nel territorio nazionale. Secondo la Reach Initiative, che ha intervistato i minorenni arrivati nelle coste italiane, 8 egiziani su 10 hanno abbandonato il Paese per mancanza di opportunità economiche.
I leader europei sono consapevoli dell’importanza strategica dell’Egitto, alleato di Haftar, come territorio di partenze e transito. E non sono rimasti a guardare. A fine agosto, poco prima del vertice di Parigi, il portavoce della cancelliera Merkel ha annunciato che Berlino ha raggiunto un accordo con il Cairo per «combattere il contrabbando di persone e l’immigrazione illegale». Un’intesa che passa per l’apertura di un centro di coordinamento nel Paese di Al Sisi.