il venerdì, 22 settembre 2017
Gianni Bugno: vincevo in volata, ora volo
Volare e volata hanno la stessa radice, aerea, rapidissima, e lo stesso tempo, la stessa necessità di risolutezza, di sintesi. Volata è una parola del ciclismo, è l’atto degli ultimi metri, il colpo di reni, è così che Gianni Bugno ha vinto due Campionati mondiali, due consecutivi nel 1991 e nel 1992, quando il Mondiale di ciclismo si correva in agosto e si moriva di caldo. Non come sarà a Bergen, il 24 settembre, il giorno della gara dei professionisti che eleggerà il successore di Peter Sagan, iridato due volte di seguito anche lui, e a tre in fila non ci è mai arrivato nessuno.
Non ci arrivò Bugno, nel 1993, proprio in Norvegia, a Oslo allora, in una giornata di pioggia e freddo impossibile. «Lo ricordo come uno dei giorni più brutti della mia carriera, un’umidità che ti spaccava le ossa, impossibile mettere in piedi una qualsivoglia tattica, si doveva stare in piedi e provare ad avere qualche idea, qua e là». La migliore la ebbe Lance Armstrong: partì all’attacco tutto solo e lo rividero all’arrivo, vestito con Arc en ciel. Invece, come si diceva, i suoi Mondiali Bugno li ha vinti in volata. Ristretta, nel 1991, a Stoccarda, in un gruppetto di quattro, con una presunzione pari alla sua immensa classe: certo di una vittoria ancora incertissima, alzò le braccia con eccessivo anticipo, consentendo all’olandese Rooks di arrivargli assai vicino, a centimetri. 1992, Benidorm, Spagna, altra volata, più affollata, Bugno parte ai 150 metri e Jalabert non riesce a tenerlo. Adorni, voce tecnica accanto ad Adriano De Zan, urla nel microfono: «Bugno, Bugno, Bugno». Doppia maglia iridata. Solo Ronsse, Van Steenbergen, Van Looy, e dopo di lui Bettini e Sagan sono riusciti nell’impresa difficilissima di concatenare due arcobaleni.
Qualche anno più tardi, quando era ancora un corridore professionista, Gianni Bugno ha poi iniziato a sfiorarli, gli arcobaleni, pilotando elicotteri. Era la sua passione, una passione spuntata un giorno per caso al Tour de France, durante un volo che lo stava riportando a valle, sui Pirenei. «Mi sono chiesto perché mi emozionasse così tanto e non mi sono dato una risposta, però ho iniziato un corso di volo, senza immaginare che poi quella, dopo la bicicletta, sarebbe diventata la mia vita». Pilotava elicotteri di soccorso, quelli del 118, con base a Torino, salvava ragazzi dispersi in montagna, interveniva in caso di disastri naturali o anche incidenti stradali, maneggiava in qualche modo vite e storie di tragedie comuni.
«In montagna, soprattutto, mi sono sentito a mio agio, per assonanza in qualche modo col mestiere di corridore. Ricordo un salvataggio sulle Alpi piemontesi, dei ragazzi rimasti bloccati da una tormenta. Arrivammo appena in tempo. Devi essere rapidissimo, non sbagliare nulla, ma è bellissimo sentirsi utili in quel modo. Il lavoro durava 15 giorni consecutivi al mese con disponibilità per 13 ore di seguito. Poteva capitarti di dover correre dovunque. Un’esperienza che mi ha davvero segnato profondamente».
Dal 2008 al 2014, poi, Bugno ha lavorato come pilota per le riprese Rai in elicottero durante il Giro d’Italia. «Com’è il ciclismo visto da lassù? Un grande gioco, un immenso divertimento, ma proprio come accade ai corridori, un pilota deve sapere che gli può capitare di operare in condizioni di difficoltà estrema, soprattutto in caso di maltempo. Ci vogliono professionalità, esperienza e un immenso sangue freddo. Si lavora su un mezzo piccolo, si chiama Scoiattolo, e quante mattinate passate alla finestra, a sperare nel bel tempo. Con la pioggia, esattamente come per i corridori, tutto è molto più difficile».
Un carattere forte e difficile. Bugno è quasi sempre chiuso a riccio, difficilissimo alle confidenze, timido e risoluto, pochissime parole, esattamente come quando correva. La rivalità con Claudio Chiappucci, il popolare, spavaldo Diablo che spesso ebbe come avversario, divise il mondo del tifo italiano nei primi anni Novanta. Corridori agli antipodi, Chiappucci generoso ai limiti del masochismo, Bugno calcolatore freddo e prudente. Se per Gianni Mura Chiappucci era “Bull“, Bugno era “Vedremo“: era il suo modo di rispondere alle domande dei cronisti sulla tattica del giorno dopo, specialmente al Tour, il suo più grande rimpianto. Ha vinto invece un Giro, quello del 1990, vestendo la maglia rosa dal primo all’ultimo giorno.
Oggi il Bugno pilota di elicotteri vola sul mare: «Mi occupo di piattaforme di estrazione del gas, accompagno tecnici e operai sull’Adriatico, il più delle volte partendo da Ravenna e Brindisi». Niente più ciclismo dall’alto, ma Bugnoècomunque tornato nel gruppo: oggi è presidente del Cpa, il sindacato mondiale dei corridori. Uno dei suoi maggiori successi è la coniazione dell’Extreme Weather Protocol, uno strumento a tutela dei corridori: in caso di condizioni ambientali estreme (troppo caldo, troppo freddo, rischi eccessivi) il gruppo può chiedere di fermare una corsa. «Un principio sacrosanto, la salute dei ragazzi, consentire loro di correre in condizioni dignitose è una cosa di primaria importanza, assai più di un risultato sportivo». Ma come andrà a Bergen? «Un Mondiale complicato, nella città più piovosa d’Europa nel periodo di massima piovosità. Verrà fuori una corsa strana, a eliminazione, e gli azzurri dovranno essere bravi a stare nelle fughe che verranno fuori. Non arriverà un gruppo folto, potrebbe anche darsi che vada all’arrivo un gruppetto partito a metà corsa. Davide Cassani è un maestro di tattica, sarà lui il nostro uomo in più».